Il grugnito e la trombetta
Ai tempi miei negli ambienti scolastici si canticchiava una canzone il cui testo cominciava “Il professor di Chimica, Fagiolo…”. Il resto non lo ricordo, ma non è difficile arguirne il contenuto di sapore goliardico; il nostro si dilettava nel distrarsi visitando paesaggi e collezionando terrecotte. Una volta andò a visitare “Valle Caùlo” (Regesti Cassinesi) o “Valle Caùto” (secondo il catasto). Non so come l’impiegato abbia letto e tradotto il termine “caùlo”; io credo che la valle abbia preso il nome dal “caolino”, il quale in parole povere è quel pietrisco argilloso e umido, portato giù da una frana, che gli artigiani hanno lavorato nei secoli per creare oggetti di porcellana e terrecotte in rozze botteghe che in quella zona chiamarono “Pendiche” (pendici?).
Purtroppo il povero Fagiolo a un certo punto fu costretto a stringere i denti e le gambe: le esigenze dell’intestino sono prepotenti e, non sapendo come fare, giunto a valle, il professore si accovacciò dietro una siepe. Alla scarica finale rispose dall’altra parte un grugnito. Il cinghiale fuggì spaventato; a causa del rombo o a causa del fetore? Fagiolo poi cercò di sviscerare il problema scomodando padre Dante: «Ed elli avea del cul fatto trombetta.» (Inferno, XXI, v. 139)
Per la cronaca Barbariccia faceva parte di un gruppo di diavoli che respingevano con uncini i dannati fraudolenti che tentavano di uscire dalle Malebolge: il demonio in parola impartiva ordine ai collaboratori della sua squadra con rumori flatulenti; insomma, trovato il comodo sito, il professore aveva potuto finalmente dare sfogo all’ossessionante turbamento viscerale e dopo la scarica finale si sentì soddisfatto e… rimborsato allo stesso modo del demonio che aveva respinto il fraudolento sull’orlo della bolgia senza l’ausilio dell’uncino, ma con un semplice rombo; semplice?