Maggio
E’ Maggio
A maggio non basta un fiore.
Ho visto una primula: è poco.
Vuol nel prato le prataiole:
è poco: vuole nel bosco il croco.
È poco: vuole le viole; le bocche
di leone vuole e le stelline dell’odore.
Non basta il melo, il pesco, il pero.
Se manca uno, non c’è nessuno.
È quando è in fiore il muro nero
è quando è in fiore lo stagno bruno,
è quando fa le rose il pruno,
è maggio quando tutto è in fiore.
(Giovanni Pascoli1855-1912)
Il poeta romagnolo così dipinse il mese della primavera quasi un secolo prima che nascessi io. Così lo vidi io in Abruzzo fino alla mia gioventù; poi l’asse terrestre cominciò a “fibrillare” per vari anni, fino a quando sbandò ed avvenne il “ribaltone” climatico.
Nella cornice cocullese avevo scorto, ai bordi dei sentieri campestri, tante varietà di fiori e lo spuntare delle prime acerbe bacche del frutto del rovo. Maggio inaugurava il mese del rigoglio delle piante e della fioritura che si stemperava nelle varie tonalità della Selva. Al mattino gli uomini fischiettando si avviavano con le pecore ai pascoli alti e rinnovavano gli stazzi. Le viuzze del paese si animavano con il cicaleccio delle donne che salivano o scendevano per accudire le bestie rimaste nelle stalle mentre i bambini cercavano di seguire le rotte degli uccellini garruli.
Maggio sin dall’Alto Medioevo, e forse anche prima, aveva ispirato diversi cantori popolari, i quali, quando si espressero in musica, sfociarono in varie composizioni che alitarono sulle villanelle. Il fenomeno fu più rilevante nell’Italia centrosettentrionale, dalle risaie romagnole in giù (noto il canto delle mondine [Vedi nota 1, in fondo al testo], canto che prestò lo spartito musicale ai partigiani durante la guerra civile 1943/’45).
L’Abruzzo esaltò il mese della primavera nelle “maggiolate”, soprattutto nella zona di Ortona a Mare e più tardi nell’Abruzzo centrale in vari modi e con varie definizioni. Guido Albanese, ufficiale dei bersaglieri nella guerra 1915/’18, compositore del poemetto dialettale “Lu Sant’Andonie”, canzone che è da considerare propedeutica alle famose maggiolate, nipote del celebre musicista Francesco Paolo Tosti, possiamo dire che fu l’animatore delle maggiolate abruzzesi (Ortona a Mare) ispirate alla canzone napoletana tradotta nello spirito popolare abruzzese. Guido Albanese compose sui versi di Cesare De Titta la canzone “L’acquabbèlle”, di cui riporto il testo:
Oh che ffresca funtanelle
l’Acquabbélle!
È na vene di cristalle,
surie e bballe:
tra guajune, tra fijole,
scrizz’e ccante ‘mbacc-i-a ssole.
Cant’alléègre gne na vocche
che tti scròcche
ris’e vvaçe vaç’e rrise
‘M paradise me ne vajje, Mariucce,
repensènne a ssa vuccucce.
Cant’afflitte gne nu core
pe l’amore.
Quante cose ti vo dire
nu suspire…
Mariucce, che scî ditte?
L’Acquabbèlle cant’afflitte.
Mo fa feste, mo si lagne.
Rid’e ppiagne…
Mariucce, t’e ppassate?
Sbruvegnate!
Mo ti fié na risatelle
tu sci comme l’Acquabbèlle.
Altra versione:
Oh che fresca funtanelle l'Acquabbèlle!
É na vena di cristalle, surie e bballe:
tra guajane, tra fijole,
scrizz'e ccante 'mbacc-i-a ssole.
Oh che fresca funtanelle l'Acquabbèlle!
Cant'allégre va 'll mare st'acqua chiare
l'uccelletti tra le fronne l'arresponne...
Che ie dice a sti cardille
Acquabbèlle dille dille.
Oh che fresca funtanelle l'Acquabbèlle!
Mo fo feste, mo si klagne, rid'e piagne...
Mariucce, t'è ppassate? Sbruvegnate!
Ti ci fié ma risatelle?
Ti sci comme l'Acquabbèlle!
Oh che fresca funtanelle l'Acquabbèlle!
Traduzione:
Oh che fresca fontanella l'Acquabella!
É una vena di cristallo, suoni e balli:
tra ragazzi e figliole
schizza e canta in faccia al sole.
Oh che fresca fontanella l'Acquabella!
Canta allegra e va al mare quest'acqua chiara,
gli uccelletti tra le fronde le rispondono...
Che gli dici a questi cardellini
Acquabella dicci, dicci.
Oh che fresca fontanella l'Acquabella!
ora la festa, ora si lagna, ride e piange...
Mariuccia, ti è passato?
Ti sei vergognata!
Ti ci fai una risatina?
Tu sei come l'Acquabella,
Oh che fresca fontanella l'Acquabella!
Non so quale sorgente abbia ispirato il Poeta. Anche nel mio paese c’era “L’acquabbèlle”: il rio Pezzana, l’antico Flaturno, che mormorava allegro dopo lo scioglimento delle nevi sulla montagna, il “pozzo dell’Arciprete”, dove giocavano rospi, rane, girini… Ora tutto è secco.
Nella foto è l'opera di Michele Cascella, Primavera a Ortona.
Note
[1] Lavoratrici stagionali impiegate per raccogliere e pulire il riso (mondine da mondare, cioè pulire).