'Al contadino non devi far sapere quanto sia buono il cacio con le pere'
E’ un adagio che sentii da bambino al paese. Inizialmente il proverbio mi lasciò un po’ scettico poiché io amavo più i dolciumi. Tuttavia la curiosità mi spinse a chiedere alla nonna paterna un pezzetto di formaggio che nonno produceva in abbondanza; la pera la aggiunse la nonna e io mandai giù con voracità quel cibo composto di frutta e formaggio. Da quel momento ne divenni un consumatore.
Veramente quel proverbio l’avevano inventato molto facilmente i contadini stessi, fossero transumanti o praticassero la pastorizia stanziale.
Nelle notti primaverili di luna piena mio nonno mi portava spesso con i pastori ed altri bambini agli stazzi. Per i giovani era un divertimento, oltre che per forgiarsi e respirare aria pura, perché dopo la mezzanotte andavano ad abbeverare gli equini cavalcandoli alle fonti vicine. Allora i più grandi avevano tutti in tasca qualche tozzo di formaggio e, poiché esisteva molta frutta in giro visto che la campagna era coltivata, ne mangiucchiavano. Una notte abbastanza chiara un giovane colse una pera, trasse un coltello a serramanico e si accinse a ripulire in qualche modo il frutto; questo però era bacato e il ragazzo tolse il pezzo in cui si era inoltrato un insetto. Il chiarore diffuso della notte non permise tuttavia al protagonista di vedere altri bruchi più piccoli e quindi furono sbranati altri eventuali ospiti. Il “bacocidio” fu archiviato e il giovanotto tornò soddisfatto allo stazzo.
Oggi i tempi sono radicalmente mutati, la campagna è stata abbandonata e si comprano frutti esotici essendo state avviate le ultime generazioni verso le città e le discoteche. I giovani non fanno più i pastori o i contadini ma vanno a consumare nei pubs cibi di dubbia provenienza. Sicché possiamo ipotizzare che un discendente del pastore con la pera e il baco può mangiare tranquillamente carne coltivata a Singapore. In breve sembra che il coltivatore delle tigri di Mompracem estragga le cellule dagli animali per lavorarle in macchinari di acciaio ben lubrificati con olio artificiale. Con buona pace degli animalisti di tutto il mondo i quali non mi risulta che abbiano gridato allo scandalo bestiale. Se poi quel “coltivatore” è stato per caso distratto o poco scrupoloso o sciagurato e si fosse procurato l’animale per commettere un “pollicidio” o un “pescicidio” e lavorare la sua “coltivazione” con minor disagio e maggior fretta, le urla degli animalisti sarebbero più strazianti per vilipendio di cadavere bestiale…
Le ultime generazioni dunque si nutriranno dei cibi prodotti dalla tecnologia, utilissima all’esercizio di alcune professioni entro limiti accettabili. Da diversi anni hanno cominciato a decurtare quelle ciarlatanerie che offrono certi portali. Quelli possono essere utili a professionisti saggi e dotati di intelligenza, non di intelligenza artificiale o puerile. Stiamo toccando un altro tasto: se l’uomo sbaglia e imbocca un vicolo cieco la sua intelligenza naturale lo induce a tornare indietro per ritrovare la via giusta: perciò la vera intelligenza, quella naturale, presuppone il raziocinio, la tastiera no; se si pretende di raggiungere il fine attraverso l’intelligenza degli automi (intelligenza artificiale) può scoppiare l’artificio. L’artificio nel gergo popolare è costituito dai fuochi pirotecnici con cui si chiude la festa.
In questi tempi si sente parlare troppo di intelligenza artificiale nel senso che essa dovrebbe sostituire l’intelligenza umana che da decenni lorsignori hanno svilito. Faccio un esempio banale partendo dall’energia elettromeccanica. A Sulmona, in piazza “XX Settembre”, era stata piazzata una giostra con gli aeroplanini biposto i quali si alzavano e si abbassavano a seconda che il guidatore tirasse o respingesse il volante. Al mio compagno di classe piaceva volare in alto e tirava sempre di più il volante, non sapendo che il giostraio aveva tarato l’altezza del congegno per cui i giri non superavano un limite. A un certo punto, quando il proprietario dell’aggeggio tolse il contatto, tutti gli aeroplanini si abbassarono lentamente sulla pista, mentre il nostro biposto rimase a girare in alto. Evidentemente quel signore aveva staccato la corrente e noi due aviatori precipitammo con l’aereo sulla pista. Gli eroi uscirono svelti dalle carlinghe fuggendo in fondo alla piazza, sapendo che gli eventuali danni non avrebbero potuto pagare due studentelli. Fra i tanti significati del termine artificio il dizionario Treccani recita: “Espediente trovato con arte per raggiungere un migliore effetto, per creare un’illusione, per far apparire più bella una cosa”.
Ora nella tecnologia si cerca sempre “il più bello”; e questo può essere anche uno stimolo al progresso, se non è pericoloso.
Sior Todaro, hai scocciato con l’esprimere il rammarico perché l’agricoltura fu derelitta. Smettila! Quindi, fanciulli, lasciate a Cesare quel ch’è di Cesare, cioè lasciate la tastiera a chi la sa o la deve usare, cioè ad adulti, che non siano distratti o maldestri, professionisti che magari devono fare per mestiere e voi pensate a studiare e non a ballare; altrimenti, mentre noi vecchi ingurgiteremo farmaci e pappette, sarete costretti a mangiare para invece di cacio e peretta per fare il clistere invece di pera.
Fino a quando lo scossone dello scoppio finale farà calare il sipario sullo spettacolo dei fuochi pirotecnici.