Gli enigmi della storia
Due schizzi ambedue rudimentali e approssimativi: l’uno sibillino, l’altro drammatico.
Tra le carte polverose dell’Archivio Comunale di Cocullo trovai, separati gli uni dagli altri, diversi scritti: la carta aveva lo stesso spessore, lo stesso tessuto e lo stesso formato dei fogli del “Libro de Conseglio” che il Sindaco Angelo Manni aveva fatto rilegare. Pensai che il rilegatore non avesse avuto l’accortezza di ricollocare al posto giusto i rispettivi disegni che magari gli erano stati consegnati alla rinfusa e che, se fossero stati rimessi al posto giusto, ci avrebbero svelato pagine interessanti della vicenda comunale ed invece ora restano monumenti muti.
Nella copertina di un mio libro di prossima pubblicazione sono rappresentati i confini di Cocullo con alcuni paesi limitrofi. E’ strano che centri come Sulmona, Raiano, Pratola, vicinissimi all’abbazia di S. Spirito (visibile in basso a destra), non sono rappresentati, mentre Cocullo, che è separato dalla montagna di Prezza, sembra essere l’epicentro della spiritualità celestiniana. La qualcosa mi ha indotto a scrivere in questo libro, magari marginalmente, che dopo il papato di S. Celestino V Cocullo fu il fulcro della conflittualità religiosa: il vescovo Silanis fu un po’ duro con gli Spirituali di Pietro del Morrone caparbiamente radicati nelle forme arcaiche delle Sacre Scritture.
Nella rubrica iconografica di detto libro Cocullo, in due diversi disegni, è indicato con una freccia e presentato in modo anomalo: dalla parte bassa, che sembra integra, la quale accompagna le case del paese su su arroccate alla collina, salvo l’esistenza di un campanile di forma diversa da quello attuale, curiosamente il paese al centro, invece di salire, sembra restare al livello raggiunto: potrebbe essere, l’immagine, conseguenza della conflittualità a cui ho accennato; però quella freccia mi dà l’idea di un fulmine evocante un terribile terremoto subito nei secoli dal paese (v. “Il borgo” ) o, più terribile, la guerra religiosa vanificatrice dell’incontro fra il consenso sincero ed ingenuo dei fedeli comuni (pastori e contadini) e il concetto della fede illustrata dai Padri della Chiesa e dai canonisti.
Però il campanile, gli edifici un po’ inclinati non fanno pensare soltanto al tremolio della mano del mastro Giambattista: c’è un altro schizzo illustrato dall’apprendista disegnatore con la seguente didascalia: “La Presente Pianta è stata rinovata sopra diun’altra lacera, che si dice formata dal fù Donatantonio di Biase/ Cocullo li 21. Decembre 1832./ Giambattista Chiocchio copiò”.
Rispetto all’originale che avrebbe copiato Giambattista Chiocchio ho notato una divergenza nel campanile: infatti in quello che poteva essere l’originale il campanile appare non cuspidato, ma a forma di berretta del prete “a tricorno”. In realtà lì invece potrebbero essere le macerie della cuspide arrestate nella caduta.