Pensieri in Libertà di un Ottuagenario

di Nino Chiocchio

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#55 - 31/08/2021

Panem et Circenses

Chiedo scusa a chi si annoia all’ascolto delle geremiadi, ma il maledetto vizio di soffrire di nostalgia mi riporta continuamente ai tempi (70/80 anni sembrano almeno due millenni!!!) di quando ci trovavamo su un pianeta e non su una palla sgonfia e ovalizzata da calciatori ubriachi, i quali tuttavia, grazie all’arbitraggio scandaloso della Dea Fortuna, sono riusciti ad eliminare la primavera e l’autunno. Ormai per il pericoloso sbilanciamento del pallone su cui viviamo l’umanità intera s’è sbandata, s’è traviata: causa-effeto? Non lo so. Meraviglia il fatto per cui pare che nessuno voglia rendersi conto del disastro; al massimo si parla della fine del mondo fisico, e questo, secondo me, non è avvenuto, a meno che non ci si voglia riferire alle caratteristiche dell’animo …E allora potrebbe arrivare veramente. Per colpa di chi? Decenni addietro si esaltò il “miracolo economico” perché finalmente l’economia cominciò a respirare dopo le rovine della guerra e sembrò (in gran parte era vero) che un contributo determinante l’avesse dato il progresso tecnico. Per cui si abbandonò l’altra fonte (indispensabile) di economia: quella del mondo georgico e bucolico. In verità la lacuna omissiva fu breve, come e perché durò poco il ”miracolo”: sarebbe stato opportuno, credo, stabilire subito un forte vincolo fra le due forme di economia, in modo che l’una progredisse in armonia con l’altra: per cui oggi non avremmo gli orsi e i cinghiali a casa, non vedremmo gli sfregi all’ambiente, non vedremmo alberi secchi e frane… non ci sarebbe disoccupazione e i proprietari delle discoteche si trasformerebbero in imprenditori di lavori utili a sé, alla formazione dei giovani disoccupati ed ai giovani che non trovano più alcuna soddisfazione in una scuola carente di contenuti umanistici nonché all’erario pubblico, con la contemporanea eliminazione degli incentivi al vagabondaggio. Adesso stimo opportuno chiarire che non intendo esaltare il mondo di Columella e Virgilio in tutto e per tutto: allora c’erano i “paria”, gli schiavi che lavoravano per i padroni ed i pastori che pascolavano gli ovini dei “locati”, cioè di molti futuri baroni; ma penso che questo problema lo avrebbero potuto risolvere i soldi spesi per i nocivi armamenti bellici o per rompere le scatole a Marte e a Selene.

E dove ci ha portato un progresso squilibrato? Nuove divinità: gli anti-valori, la noia dello studio e del lavoro, il piacere, il divertimento sfrenato… Il fenomeno è diffuso su tutto il pianeta; ma vediamo che è successo anche a casa nostra e a tutte le case più o meno rustiche dove si è fatto tesoro dell’esempio sceso dall’alto. La guerra qui si manifesta con un grosso e malcelato attrito fra generazioni, i valori sono letteralmente capovolti e sono diventati anti-valori, la mentalità e i gusti sono traviati da un andazzo libertario e spesso anarchico, per cui le autorità par che abbiano paura di dare ordini (quando servono) limitandosi all’esortazione, i galoppini che aspirano ad una carica elettiva hanno preso esempio da un classico insegnamento di tempi mitologici (io ho sempre sottolineato l’importanza del passato, ma per attingere i pregi). Duemila anni fa Lucullo (famoso per i “pranzi luculliani”) si assicurò la carriera politica regalando grano (panis); ma non fu il solo: anche altri galoppini si ficcarono nella cosa pubblica grazie alla distribuzione di cibarie; l’usanza è stata ripresa e aggiornata: dove si vede che il Passato esiste, ma per chi non ha scrupoli solo per applicarne i difetti; però oggi la massa il pane ce l’ha e le cibarie sono state sostituite con i voti di scambio, con le appropriazioni indebite, con le omissioni che rendono incerta l’estensione del demanio pubblico, con tante forme di favori. A tutti i livelli. E ci ritroviamo galoppini che quasi mai conoscono il mestiere ufficiale e le cui identità e capacità sono sconosciute. Ma questo groviglio già allora non era l’unico per imbrogliare la gente: se non serviva ad accontentare i galoppini, era stato adottato da molti imperatori per distrarre l’attenzione degli affamati. Infatti quelli solevano aumentare la loro visibilità nei confronti dei sudditi ed accaparrarsene il consenso organizzavano spettacoli quasi sempre truci: i gladiatori, scesi nell’arena del colosseo, prima di affrontare le belve o i loro colleghi, salutavano i cinici tiranni con il famoso “Ave Caesar, morituri te salutant” (Ave Cesare, ti salutano coloro che stanno per morire). Per quei poveracci non era un gioco, ma le pecore che assistevano si divertivano. Qualche imperatore, però sempre con lo stesso scopo, si limitò a far correre i cani o i cavalli agganciati ai carri, circenses: panem et circenses, purché li lasciate fare (Giovenale).

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