Il Castello di Cocullo
3a Puntata, II Parte: Pietro di Celano e Marano di Antonio di Cocullo
Ecco, ma la stirpe dei Ruggeri era proprio scomparsa in seguito alla privazione dei loro feudi o si prolungò con discendenti fuggitivi e dispersi? Con la Bolla del 13 marzo 1596 (Vedi nota 1, in fondo al testo) il Vicario Generale dell’Ordine dei Predicatori Padre Isareio conferiva il riconoscimento dell’autorità ecclesiastica alla Confraternita del SS.mo Nome di Dio, istituita dai Cocullesi nella chiesa di San Nicola, grazie all’intercessione di un certo D. Matteo Ruggeri (Il manoscritto fu emanato cinque anni dopo la cessione della contea ai Peretti, marchigiani sia Camilla che il nipote cardinale. Eccone un brano:
“…Hoc animo et pia intentione ut veri filii, et paternae gloriae aemulatores vos dilectissimi, et deuotissimi Christifideles Terrae COCULLI Valuen’ Dioces’ pie considerantes et ad habendam augendamque gloriosissimi NOMINIS DEI reuerentiam Confraternitatem eiusdem sanctissimi Nominis Dei in Ecclesia S. NICOLAI dictae Terrae per mediam praedicationem R P F SIXTI a Colle Coruino Ordinis Praedicatorum instituistis et ordinastis eiusque altare: et Cappellam fondastis et errexistis: Cupientes autem institutionem ordinationem et fundationem huiusmodi a nobis recepi et approbari nostrisque patentibus litteris confirmari instantissime petuistis per interpositam personam MATTHAEI ROGERII de dicta Terra. Ut dictam vestram Confraternitatem recipientes, eam admittere approbare et confirmare dignaremur cum gratijs et fauoribus opportunis. Nos igitur vestris votis et pijs petitionibus inclinati dictam Confraternitatem sic ut praefertur institutam auctoritate apostolica nobis in hac parte concessa tenore praesentium recipimus approbamus, et confirmamus perpetuaeque firmitas robur adijcimus,…” Con la stessa disposizione spirituale e devoto fervore con cui (che) voi, da figli autentici e carissimi emuli dell’avita virtù nonché devotissimi Cristiani del paese di Cocullo, della Diocesi di Valva, desiderate devotamente di avere e di onorare la fede del NOME DI DIO avete costituito e organizzato la Confraternita dello stesso santissimo Nome di Dio nella chiesa di S. NICOLA di detto paese (in virtù della predicazione del Reverendo Padre Fra’ Sisto da Colle Corvino dell’Ordine dei Predicatori) e un suo altare ed avete (anche) fondato ed eretto una Cappella, desiderando poi che l’istituzione, e il regolamento e la fondazione di tal fatta sia da me autorizzata ed approvata, avete chiesto molto vivamente per mezzo del vostro paesano Matteo Ruggeri che fosse confermata con un mio documento di concessione affinché accogliendo(la), io la ritenga degna di riconoscer(la), approvar(la) e confermar(la) con i benefici e il decoro adeguati. Pertanto io, convinto dai vostri desideri e dalle devote richieste, per autorità apostolica concessami a questo riguardo, ammetto, approvo e confermo detta Confraternita così com’è istituita secondo le cose attuali (cioè così com’è) e aggiungo (le auguro) la forza di eterna saldezza…
Orbene, Icobella ebbe tre figli, tutti da Lionello. Mi sono noti, oltre a Ruggerotto, Pietro e Isabella (moglie di Guglielmo del Balzo): Pietro, umanista, dalla passione per la letteratura andò a finire a Venezia con Paolo Marso; Isabella discendeva dalla nobile famiglia del Balzo (del Balzo-Orsini dalla fine del ‘300, di origine normanna) dei conti di Provenza scesi in Italia nella seconda metà del 1200 con Carlo I d’Angiò; discendeva da Giacomo, da cui originava Francesco I il quale sposò Sveva Orsini (qui ricordiamo che Caldora ebbe quel feudo fino al 1420 e poi dal 1481 in dote dalla sposa), che fu nonno di Pirro (nome di battesimo Pietro), padre di Jacopo marito dal 1382 di Agnese d'Angiò figlia di Carlo Duca di Durazzo e sorella della Regina Margherita: da questo matrimonio nacque Isabella (1463ca-1533). Ora bisogna tener presente che colui era stato uno dei capi della congiura dei baroni, e per questo, arrestato, fu fatto uccidere a Napoli da Ferdinando I e i suoi feudi, confiscati, furono assegnati alla figlia Isabella.
Jacopo Piccolomini, padre del bandito-gentiluomo Alfonso, aveva sposato un’altra Isabella Orsini, nata dal conte di Pitigliano, dove era nato il precedente signore degli Orsini (Raimondo del Balzo Orsini). Come non pensare alla staffetta Raimondo-Caldora (2)-Jacopo Piccolomini? Questo per quanto riguarda la sorte della contea; ma non perdiamo di vista la sorte dei Ruggeri superstiti dopo la morte di Ruggerotto. Già lui era un superstite quando fu ucciso da un Piccolomini; gli altri rampolli di Lionello e Icobella, almeno Pietro e Isabella? Non è detto che un umanista non possa avere figli. Quelli eventuali di Pietro si dispersero e, se esistono, ne è stato tramandato solo il nome perché, ripeto, allora i cognomi erano di là da venire e solo le persone note erano chiamate con il nome di battesimo. Oggi molto diffuso, pure a L’Aquila e Cocullo, è il cognome “Gentile”: un aggettivo sostantivato che deriva da “gentilis”=della famiglia,cioè “gens”, cioè clan: sin dall’antichità in cui tante famiglie nobili si riconoscono: potrebbe essere il caso di Antonio (padre di Marano), cittadino aquilano proveniente da Cocullo; mentre Isabella ebbe tre figli maschi e una femmina. Vedremo appresso che a Cocullo, fino ai primi del ‘900, visse una famiglia illustre che aveva quel cognome (come altri clan con il cognome Ruggeri). Di più. Fino ad un passato molto recente qui risiedeva una famiglia aquilana di cognome Gentile soprannominata “Marano”. L’attributo deriva dallo spagnolo e ha tanti significati, fra cui il più probabile è da ricondurre alla parola ebreo e si riferisce agli ebrei costretti in Spagna a convertirsi al Cristianesimo per non cadere nelle maglie dell’inquisizione (ma molti fuggirono in Italia e in Francia, ove spesso furono liberi di incrementare il commercio): se noi, nel nostro caso, lo traduciamo con l’infedele che si è piegato per opportunismo e siccome all’attributo Marano si accompagna il cognome Gentile (“gentilis”) potremmo propendere per “Gentile sopraffatto”. In tal caso la conseguenza viene da sé. Per la cronaca aggiungo che i Gentile-Marano di Cocullo si trasferirono all’Aquila e che un paio di secoli prima (prima metà del ‘700) erano “Baroni” di Plestilia (città italica scomparsa e collocata da Plinio al confine dei Marsi, vicino a Milonia–Ortona dei Marsi) Mattia e Palmerino Gentile. Ogni promessa è debito. Decenni addietro mia sorella Giovanna e il dott. Pierluigi Franco ricostruirono gli alberi genealogici di due fra le migliori famiglie cocullesi più antiche, ambedue già titolate: Gentile (della linea Marano) e Squarcia. Mi dilungherò sulla prima (omettendo i discendenti battezzati con un nome che non mi aiuta nella ricerca) e accennerò alla seconda per stabilire le reciproche parentele, servendomi del lavoro dei due. Riassumo le discendenze più recenti della famiglia Gentile partendo da Gianpasquale (1788-831)- Il palazzo (dove abtarono sempre i componenti di essa) era ubicato al “Borgo della fontana” ai nn. da 32 a 38. Sposò Serafina Grassi, nata a San Sebastiano e figlia di un nobile bolognese, nel 1809, ed ebbe tre figli: l’arciprete Raffaele Maria (1813?), Antonio Agostino (1816-84) che sposò Annacleta Mancinelli e il dr. Giuseppe Maria (1819?), sposò Demetria Squarcia ed ebbe duje figli; A. Agostino ebbe due figli: G.Pasquale Panfilo (1859) che sposò Alberta Prosperini (n. Aq 21.1867-+ Cocullo 27.2.1915) e Domenico (1868 -908) che sposò Marianna Mannetti; G.Pasquale ebbe due figli: Giovanni (1883-?) e Antonia (n. Aq 1885-88); don Domenico ebbe sei figli: Giuseppe (1895), Demetria (1897-903) Raffaele (1900), Nicolina (3) (1900 che ebbe due figli: Antonio e Giuseppe), M. Teresa (1903) e Demetria (1905). Nell’albero riportato figurano due Demetria Squarcia: la moglie del dott. Giuseppe Maria e la figlia di don Domenico e di Marianna Mannetti, genitori di Nicolina. Rampolli dei due alberi avevano contratto molto spesso matrimoni con colleghi di famiglie gentilizie o con professionisti. Gli Squarcia discendevano da un lontanissimo (1400) “Giovanni (4), visconte di Cinigiano” (che aveva un nipote di nome Matteo nato alla fine del ‘400). Il visconte (vice-conte) era un titolo nobiliare che apparve con i Carolingi (Francia), inferiore a quello di conte e superiore a quello di barone. Cinigiano è un Comune del Grossetano di cui alla metà del 1200 aveva il possesso Bernardino, vassallo dei conti Aldobrandeschi e, malgrado ciò, su cui i signori esercitarono sempre un potere autoritario, pure dopo che la signoria si era messa sotto il protettorato di Siena, per cui i Senesi cacciarono il signore. Dopo varie scaramucce con prepotenti signorotti locali, Cinigiano tornò a Siena nel 1404 per poi passare al Granducato di Toscana nel XVI secolo. Quindi fino a questo secolo i vari signori, banditi poi da quel territorio, forse furono angioini essendo stata da loro inventata la dignità del viceconte (come potevano essere filospagnoli perché erano insofferenti). Ricordo che l’orientamento dei vassalli e dei loro fiduciari era determinato dalla politica dominante. Per caso si rifugiò a Cocullo qualche “viceconte” cacciato da Cinigiano nel ‘300/400? O, trovandosi quel Comune nel Grossetano, dove nel XVI secolo nacque il Duca di Montemarciano, il bandito-gentiluomo Alfonso Piccolomini, il dignitario fuggiasco, lì accolto da quest’ultimo, venne poi qui al suo seguito? Comunque sia gli Squarcia ebbero origini antichissime e restarono sempre nel ceto gentilizio. Giambattista Sqarcia (1745) sposò Anna Maria Gentile e Demetria Squarcia (1830) sposò Giuseppe Gentile. La nipote Maria Squarcia (1857-951), figlia del fratello, cambiò il nome gentilizio della casata avendo sposato Filippo Franco.
Note
(1) La Bolla è lunghetta e monotona. Nelle premesse c’era scritto che queste Confraternite erano già state promosse e ratificate dai Pontefici Pio IV, PioV e Gregorio XIII.
(2) Marito di Jcobella.
(3) Dei fratelli non conosciamo le eventuali discendenze. All’inizio del secondo dopoguerra donna Nicolina tornò a Cocullo, vendé il palazzo e se ne tornò definitivamente a L’Aquila con i figli.
(4) In un ponderoso manoscritto esistente nell’Archivio della nostra Diocesi, e che dovrebbe riferirsi a Cocullo, sono registrati i nomi dei battezzati dal 1464 al 1486: fra i primi nomi compare un “Ioannes di Ioannes”.