Pensieri in Libertà di un Ottuagenario

di Nino Chiocchio

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#48 - 14/07/2021

Nicc' nicc': sent' puzza d' cristianicc'
(Alessio detto Taidone e Lucifero della Giudecca)

Corsi e ricorsi storici. La narrazione avverrà fra quattromila anni? Intanto fra tremila rinascerà Cocullo sull’arce della città di Trianenella: boccheggerà di nuovo al tramonto del terzo millennio, allorché un vaccino anticoronavirus si dimostrerà efficace nella sostituzione degli scafandri, delle tute e degli altri ammennicoli, degli astronauti e solo i più cauti attraverseranno la stratosfera sui pattini.
Su un pianeta distante dalla Terra quattromila miliardi di anni luce esiste un minuscolo paese (abitato da quattro comunità rosse, da cinque bianche, da sei gialle e da sette nere per un totale di ottocento milioni di persone) in via di estinzione a causa di una rara e grave-socio patologia che aveva contratto oltre cinquant’anni prima: una specie di nichilismopatia da inerzia, masochismo, ignavia, ipocrisia, rassegnazione, con cinque varianti micidiali che hanno chiesto l’elaborazione e l’adozione di cinque vaccini diversi: uno rosso, uno bianco, uno giallo ed uno nero.
Quando, più di due secoli prima, Ferdinando IV di Borbone aveva inaugurato (Vedi nota 1, in fondo al testo) il primo tronco ferroviario italiano, il treno reale, su cui viaggiava in pompa magna e con tutta la corte, non riuscì a fermarsi alla stazione di Portici, dove arrivava la prima tratta, e quindi dove terminava la ferrovia, e andò a schiantarsi contro una leggera erta rocciosa. Il convoglio si era sollevato ed era piombato su una polveriera. Una tremenda esplosione aveva sbriciolato le ultime vetture, ma la carrozza del re e de fedele cardinal Ruffo si era sganciata e la violenza l’aveva lanciata nell’atmosfera. Dopo un lunghissimo viaggio gli astronauti erano stati posati su quel pianeta, che era lo stesso ove il padre Carlo III di Ferdinando aveva iniziato la dinastia. Il Re nasone (il buon Ferdinando, così soprannominato per la prominenza nasale), si era seduto sul trono di uno Stato organizzato, poi ulteriormente irrobustito dai suoi ministri, con una solida struttura burocratica, con il favore del clero e di molta nobiltà; e con sudditi che, pur vivendo in povertà, erano tranquilli, soddisfatti per non essere distratti dalla laboriosa vita in un mondo bucolico e georgico, ch’era poi il mondo di quel paesello.
Maledettamente venne un tempo in cui la dimensione di quel paesetto fu turbata dalla recente guerra e poi capovolta dall’apparizione di due figuri (che per rispetto a Vittorio Emanuele II ed a Napoleone) chiamerò Alessio soprannominato Taidone (perché noto nell’ambiente della meretrice Taide) e Lucifero della Giudecca. Adesso i due razzolano nelle profondità infernali, negli ultimi cerchi dell’Inferno dantesco, l’uno sommerso dallo sterco, l’altro fra gorghi di sangue ghiacciato. Ma le loro malefatte segneranno il destino del paesello: Alessio fu un modello di corruzione della società locale e preparò il terreno a Lucifero, il quale capitò qualche anno dopo e (forse non esponendo in maniera facilmente accessibile agli allievi cocullesi la sua ideologia pessimistica) riuscì ad alterare solo in parte i giovani più inesperti e ingenui (tanti tanti erano emigrati con la benedizione di Alessio).
Se l’esempio di Alessio aveva agito mellifluamente in modo da avviare la collettività verso il vuoto morale ed aveva completato l’opera con il favore e il concorso dell’esodo di gran parte della popolazione (2), l’intelligente Lucifero trovò un ambiente frastornato e favorevole alla manipolazione dei gìovanetti ruspanti: favorito pure dall’ottundimento, causato a costoro dai forti sbalzi di temperatura avvertiti nell’attraversamento dei vari strati della stratosfera: li piegò ad una forma di nichilismo (deteriore, così fu recepito da giovani impreparati) il cui imperativo era “distruggere tutto”. Veramente l’indole dei discepoli era pacifica (proprio come il Maestro prima che decadesse dallo stato angelico) e nei confronti dei simili furono innocui, confusi quando nascosero la malcelata ostilità repressa sotto un manto, a volte, addirittura di generosità. Insomma Lucifero, il quale in fondo era stato “portatore di luce”, non se l’era sentita di avvelenare gli allievi; i quali però, divenuti adulti e applicando gli insegnamenti maldigeriti, sfogarono la rabbia sul paese natìo. Ed ora quel gruppo di case che avrebbe potuto attirare l’interesse di ambientalisti, archeologi e Studiosi per il paesaggio in cui è affogato, per le memorie ignorate e soprattutto per il famoso Santuario (il cui titolare, San Domenico (3), ha pure il patronato contro la rabbia!) ancora imbracato dal sisma del 2009, quel gruppo di case restaurate ed in parte vuote giace come Minosse avvolto dalla sua coda a forma di serpe.

Note
(1) In verità ad inaugurarla fu il figlio Ferdinando II di Borbone-Napoli.
(2) Veramente molti laboriosi contadini, erano già ben disposti all’emigrazione dopo l’avvento massiccio dell’economia industriale.
(3) Oltretutto il suo altare ebbe l’indulgenza plenaria “in perpetuum” nel 1824 dal Pontefice Leone XII: se San Domenico fosse costretto a trovare casa altrove, i nati a Cocullo che ora lo snobbano si pentiranno e, contriti, gli andranno a chiedere perdono per gli errori commessi.

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