I Templari e le loro origini
(4a Puntata)
4 - Clemente V -
Si chiamava Bertrand de Goth e fu il primo pontefice della “Cattività avignonese”. Pur cercando di barcamenarsi fra le minacce di Filippo IV e la dignità del papato, in definitiva fu lui il vero strumento del re. Pietro del Morrone, “umile monaco”, era stato lusingato da Luigi II d’Angiò ed era stato prelevato sulla “montagna santa” per farlo salire al Trono dell’apostolo omonimo. Era d’accordo con i cardinali e questo puntualmente si verificò. Il corteo si diresse a L’Aquila attraverso la Valle Subequana. Pietro aveva indossato la tiara e preso il nome di Celestino V, ma solo per cinque mesi perché poi si era dimesso, non per incompetenza, ma onde evitare il “modernismo” del mondo che lo attorniava, e nel contempo, forse, per evitare la sua strumentalizzazione nelle mire francesi sul papato. Infatti Pietro del Morrone era salito al Soglio per iniziativa di Carlo II d’Angiò e del Collegio cardinalizio (tra i firmatari dell’invito figurava pure il futuro Bonifacio VIII) desideroso di interrompere una lunga vacanza della sede papale provvedendo all’elezione di un pontefice santo). Purtroppo, ancora suggestionato dalle letture di Gioacchino da Fiore, Celestino non si seppe né si volle adattare a tempi ormai alquanto distanti dal Cristianesimo dei santi eremiti, e Bonifacio, il papa che lo sostituirà soprattutto perché dotato di realismo e di diplomazia, finirà con l’osteggiarlo addirittura perseguitandolo e incarcerandolo. Però a sua volta Bonifacio sarà schiaffeggiato e maltrattato nel suo palazzo di Anagni da Nogaret e da Sciarra Colonna e morirà poco dopo. Vedremo che Filippo IV, che aveva ordinato l’agguato, approfitterà della situazione tormentata delle Gerarchie ecclesiastiche (lotte fra Colonna e Orsini; ma pure i seguaci di San Celestino avrebbero potuto provocare una scissione) e otterrà qualcosa dal papa francese Clemente V, che da lui sarà fatto eleggere.
5 - Filippo IV e Bonifacio VIII -
Verso il 1250 Filippo il Bello e Nicolò IV avevano tentato inutilmente di unire i Templari agli Ospedalieri. Nel 1298 (dopo la morte di Celestino nella tetra prigione di Fumone) Filippo tornò alla carica sul progetto di unificare i due Ordini di monaci combattenti affermando che avrebbe intrapreso una crociata da finanziare con le ricchezze accumulate dall’Ordine del Tempio, essendo ormai venuto meno lo scopo di difendere i pellegrini in Terrasanta, ma Bonifacio VIII non acconsentì e si accese un’aspra lotta fra i due; Bonifacio reagì scagliando l’anatema anche sul clero francese che avesse aderito all’invadenza reale. E qui compare di nuovo Nogaret (ministro del re) il quale inventerà notizie infamanti sul papa (calunnie con cui ricatterà pure il papa francese Clemente V), e, accanto e in contrasto con lui, Jacques de Molay (il Maestro del Tempio), il quale, pure, era stato confidente di Bonifacio ed anche creditore del sovrano di un forte prestito necessario a combattere i Colonna.
Sappiamo che il re, stizzito dalla decisa opposizione del pontefice, inviò Nogaret in Italia in appoggio a Sciarra Colonna: i due entrarono ad Anagni, oltraggiarono il papa rinchiudendolo poi nelle sue stanze e requisirono il palazzo. Ma il giorno dopo gli Anagnini cacciarono i due e Bonifacio poté tornare a Roma, dove morì nel mese successivo. A sua volta il suo successore Benedetto XI, pur avendo annullato la scomunica di Filippo ma volendo processare Nogaret e Sciarra , morì(?) a Perugia dopo dieci mesi dall’elezione. Ormai Nogaret e Filippo stavano per realizzare il loro sogno: spostare la Sede apostolica in Francia.
6 - Carlo I conte d’Angiò -
Filippo era, ripeto, un genuino Capetingio e si diceva orgoglioso del nonno (Luigi il Santo), mentre Carlo I d’Angiò era fratello cadetto di Filippo ed entra in questa rassegna di sfuggita, solo perché sconfisse Corradino di Svevia ai Piani Palentini, costruendo chiese e roccaforti (templari?) nelle zone vicine a Scurcola Marsicana, e perché fu il padre di Carlo II. Quindi lo possiamo considerare l’anello di congiunzione fra le mire francesi (espansionismo: batté Corradino per cacciare gli Svevi dall’Italia) del fratello Filippo ed il figlio Carlo II.
7 - Celestino V e Carlo II d’Angiò -
Celestino V istituì il primo vero giubileo concessivo dell’indulgenza plenaria con la sola contropartita del pentimento nel giorno di San Giovanni Battista, caro ai Templari, con cui da frate aveva condiviso la severa ortodossia religiosa. Infatti, ricordiamolo, l’amicizia con costoro affondava le radici dal giorno in cui, semplice monaco, fu accolto e ospitato per un paio di mesi onorevolmente in occasione del Concilio del 1274, dove andava a perorare la causa della sua Congregazione presso Gregorio X contro la minaccia di scioglimento). Addirittura, da papa, aggregò la sua Congregazione ai benedettini di Montecassino e sancì che i suoi monaci non fossero soggetti al vescovo; inoltre fu sensibile alle prediche di Gioacchino da Fiore e protesse gli Spirituali francescani, molto severi nell’osservanza religiosa al punto di sfiorare l’eresia gioachimita (Vedi nota 1, in fondo al testo). Bonifacio VIII, che pure da cardinale aveva firmato l’invito a Pietro del Morrone onde prendesse la tiara, ma molto più realista e ostile all’invadenza francese, rinchiuse Celestino nel castello di Fumone.
Poco prima del 1300 Carlo II d’Angiò, il quale era diretto al Morrone per prelevare il santo monaco onde farlo eleggere papa, con il suo seguito certamente avrà avuto almeno la curiosità di visitare le opere e i luoghi dell’incredibile vittoria del padre, grazie alla quale vittoria egli era anche re d’Italia e dovette pur raggiungere il fortilizio di Ortona (per qualche rigo ricorro all’intuito peri stabilire e giustificare un collegamento che gli storici non credo abbiano perso tempo a ricercare, cioè a segnalare i paesini da Carlo II incontrati ed in cui abbia sostato) e poi per proseguire qualcuno gli dovette indicare (se non proprio al sovrano, a qualcuno del seguito) il percorso più breve per raggiungere Sulmona dalla magione templare di Ortona: la “via quae fuit antiqua”, il raccordo della Via Minucia sul tracciato della dismessa Valeria. Scavalcò la montagna e scese a Cocullo. Qui, cioè in una zona permeata di spiritualismo celestiniano, un frate-cavaliere, di nome Giovanni (2), svolgeva attività caritativa e gioì per il fatto che il carisma e la fama del futuro papa santo fossero giunti al re. Giovanni aveva condiviso l’eremitaggio con Celestino sin da prima che i massari sulmonesi donassero loro a Segezzano (fra Pratola e Sulmona) il terreno dove erigere la Casa Madre. Quando Celestino fu portato all’Aquila per essere incoronato, il Cocullese (che forse era più “gioachimita” di Pietro) ebbe il priorato dell’abbazia (3). Alcuni secoli più tardi dei prelati, non abruzzesi, scrissero che del primo priore della abbazia sulmonese non si ha notizia (è naturale: se fu gioachimita…). Infatti, dopo Celestino, fu un Giovanni di “Tutolio o Tocuglio” (4) (voci dialettali scorrette che stanno per Cocullo, come poi precisò l’abate avezzanese Febonio, protonotario apostolico e vicario generale anche a Sulmona, il quale aggiunse che il cocullese Don Giovanni era stato, si badi, esecutore testamentario del card. Tommaso d’Ocra già “spirituale” elevato poi alla dignità cardinalizia da Celestino V e appartenente ad una famiglia nobile (i conti dei Marsi) e di Templari.
(Don Giovanni fu) …fra i tre Commissari delegati a scegliere il Superiore dei “Monaci del medesmo ordine (5), huomini providi, et honorati che amano Dio e il Monastero…”; poi la specificazione che fra questi c’era “Giovanni de Tutolio” (6); ancora: costui era “de Tutulio. Nel 1295 fu eletto e fatto successore, il quale nel 1297 ottenne la confermazione dell’Ordine dal medesimo Bonifacio… (Marini, Abate celestino nel ‘600).
Monsignor Febonio precisò …Giovanni era di Cocullo (pag. 338 di “Historia dei Marsi”, 3° libro della ristampa anastatica dell’Ed. De Cristofaro, Roma, 1985). Ancora: Alla notorietà di questo paese ha contribuito un uomo molto religioso, D. Giovanni da Cocullo, uno dei primi frati celestini innalzato alla carica di prefetto generale dell’Ordine nel 1299; per la sua costante applicazione della scienza morale e per le sue eccezionali doti d’animo fu particolarmente caro all’Ill.mo Tommaso d’Ocra (7) che lo ritenne degno di affidargli l’esecuzione testamentaria delle sue ultime volontà” (op. cit. p.276). Un paio di lustri prima la notizia dell’elezione di frate Giovanni a Superiore dei Celestini era stata riportata anche da Emilio de Matteis ne “Le memorie storiche dei Peligni”. La Bolla del 1298 con cui Bonifacio annullerà parte dei provvedimenti di Celestino coinciderà con un priorato di Frate Giovanni. Probabilmente, però, questi punterà i piedi avvalendosi delle sue aderenze alla Corte francese. Filippo il Bello, re di Francia e fratello del conte di Angiò, teneva sotto scacco il Papato minacciandolo di suscitare scandalo con l’accusa di eresia a Bonifacio, e quindi il papa scese spesso a compromessi: la conseguenza di tutto questo consisterà nella dannata damnatio memoriae… dei Celestini troppo rigorosi. Chiusa la lunga parentesi.
Dopo due secoli (1500) il Superiore degli Agostiniani emanò una Bolla che è conservata nel locale archivio comunale e di cui riporto un estratto:(Trad. libera)
GIOVANNI Velasco, commissario generale e procuratore di Sant’Antonio Viennese per tutto il regno di Sicilia al di là e al di qua del faro. Avrete saputo che, essendo stato accordato e consentito dalla sede apostolica alla comunità del Santo Abate e all’ordine di Sant’Agostino della diocesi viennese, e quindi anche al predetto monastero fuori le mura di Napoli, di costruire ospedali, cappelle, case, benefici, oratori, ed altri luoghi pii esistenti sotto il nome del suddetto Sant’Antonio e quelli che saranno costruiti successivamente, spettano e sono di pertinenza dell’abate e dell’ordine, e a quelli sono assoggettati, non invece ad altre chiese o a secolari di paesi, luoghi, villaggi e comunità. Eccetera eccetera
Il contenuto di questa Bolla ebbe conferma l’anno successivo: Noi, Giovanni Battista Vittorio, Patrizio romano della Rettoria Generale e dell’Ospitale di Sant’Antonio, (quello) di Sant’Antonio Viennese, siti e posti fuori e vicino le mura di Porta Capuana di Napoli, Superiore Generale per concessione e dispensa apostolica, omissi
- e commendatario perpetuo ed anche amministratore generale di tutti i benefici sotto il titolo di Sant’Antonio esistenti nel regno di Sicilia al di qua e al di là del faro, al noi diletto chierico Marc’Antonio Risciotto (Lisciotti?)
-del paese di Cocullo, diocesi di Sulmona, (inviamo) un saluto nel Signore omissis
Pertanto, siccome abbiamo accettato che la chiesa o cappella di Sant’Antonio Viennese, sita e posta nel paese di Cocullo, diocesi di Sulmona, sia parte e grancia della detta nostra Rettoria Generale e dipenda da essa, omissis …… , eleggiamo, scegliamo e nominiamo come amministratore e governatore di [detta?] cappella che non è dotata della cura delle anime.
Dato a Roma, fuori e vicino Porta Angelica, nel giorno
-quattordici luglio milleseicentosedici, indizione quattordicesima, dodicesimo anno del pontificato del Santissimo Signore Nostro papa Paolo V.
Giovanni Battista Vittorio, Generale e Commendatario
Note
(1) A Sulmona (Badia), nell’Abbazia di Santo Spirito , che è molto vicina a Cocullo, è scolpito un serpe avvolto nella croce: lo scultore forse significò che gli adoratori ex pagani della bestia avevano abbracciato la Croce di Cristo! Erano stati gli Spirituali di Pietro? Potrebbe anche darsi che i Celestini cocullesi fossero veramente convertiti al Cristianesimo ma non sentissero il bisogno di ripudiare le loro tradizioni ritenendo che le scorie fossero purificate dalla fede, e che altrettanto ingenuamente avessero sfiorato l’eresia affascinati dalla teoria di Gioacchino da Fiore.
(2) Quando ero piccolo ricordo che la nonna paterna mi parlava di un certo frate Giovanni, cocullese, che in tempi lontani era andato in Palestina. I Crociati, ovviamente, furono molto vicini a San Celestino ed ai suoi seguaci.
(3) Il conterraneo (celanese) Corsignani, vescovo di Valva e Sulmona e vescovo dei Marsi, nel ‘700 scrisse che i religiosi cocullesi di quel periodo e di nome Giovanni furono due, uno nel 1269 “Superiore Mitrato” dell’Abbazia di Sulmona e un altro “Superiore Generale dell’Ordine dei Celestini nel 1299”.
(4) Credo, e comunque lo ribadisco, di aver già scritto che nonna mi parlava di avere un vago ricordo tramandato dagli “antici”, come diceva lei, i quali raccontavano di un “frate Giovanni cocullese che in tempi molto antichi era andato in Palestina”.
(5) San Celestino fondò la Congregazione dei Celestini in seno all’Ordine benedettino.
(6) Nel dialetto locale “Cocullo” è corrotto in “Cucùgli’”.
(7) Della stirpe dei Conti dei Marsi, Celestino e Templare.