Ospitalità
Quando ero piccolo i Comitati della festa di San Domenico invitavano concerti bandistici famosi (i complessi romani dei Carabinieri e della Marina, quelli di Taranto, Lanciano, Andria, Acquaviva delle Fonti, Foggia ecc.) e gli amministratori provvedevano a cercare e trovare famiglie disposte a ospitare singoli musici alle ore dei pasti: era una gioia parlare con i flautisti che alternavano i bocconi di crema alla descrizione degli “adagi” del ghiottone Mozart. Le notti (allora i festeggiamenti duravano 3/4 giorni, tutti allietati da un’atmosfera di vera Musica) i “bandisti” erano alloggiati gratis nell’edificio scolastico. Intanto l’arciprete accoglieva tanti pellegrini nella chiesa del Patrono (che lui definiva “tempio”) dopo averli incontrati sulla via che corre ai piedi della montagna e poi, dopo aver fatto distribuire loro dei i pasticcini lavorati dalla perpetua. Altri pasticcini, comprati appositamente a Sulmona, erano regalati da Valentino ai suonatori quando questi passavano suonando sotto la casa. Oddio, quest’accoglienza non era proprio sacra come intendevanol’ospitalità gli antichi, perché non era proprio totale e già stava spuntando l’adagio per cui dopo tre giorni l’ospite puzza come il pesce; ma essa ancora era impregnata di quello spirito di generoso e solidale che aveva spinto i monaci di Forca Caruso a difendere ed accogliere i viandanti nei rispettivi monasteri. Lo stesso spirito che avrebbe spinto ad erigere qui lo “spitale” di Sant’Antonio, forse potenziato dai Templari quando dalla “magione” dalla vicina Ortona dei Marsi si recarono, molto verosimilmente passando per Cocullo mentre evidentemente percorrevano la “via quae fuit antiqua” o tracciato della prima Valeria, alla Badia di Sulmona con Carlo II d’Angiò per prelevare Pietro e farlo sedere al Sacro Soglio.
Lo stesso spirito più o meno lo mantennero vivo le Confraternite, grazie anche ai bilanci floridi che permisero loro di svolgere pure una funzione un po’ bancaria e un po’ assistenziale, ma fino a quando non subirono limitazioni dai Borbone (molto relative a causa del loro Stato confessionale) e decisamente forti sotto i regimi di Napoleone e poi di quello dello Stato unitario.
Così i Cocullesi trattarono i forestieri ed in particolare i pellegrini, i quali spesso tornarono alla loro terra lasciando amici e compari (il simpatico istituto della “cumparanza”). Non una volta i locali contrassero matrimoni con Ciociare, Molisane, ecc.; non una volta risuonarono cognomi cocullesi nei paesi che avevano inviato qui pellegrini.
Oggi, veramente non solo a Cocullo, la mentalità è cambiata totalmente. Oggi un’impressionante miseria morale ha incoronato un cinico egoismo e il disprezzo arrogante. Oggi è stato spazzato via il valore della solidarietà collettiva. Qualche caso isolato di umana comprensione è deriso. Alla faccia degli antichi Greci, i quali avevano dato l’appellativo di benefattore dei bisognosi addirittura al padre degli dei, a Giove, ad indicare che l’esempio della sacertà dell’amicizia fiorita sull’ospitalità lo dava lui: era, questa, la garanzia più sicura affinché quella espressone sincera e disinteressata assurgesse a legge. Essa divenne un obbligo e contagiò le religioni a venire. Questo concetto approdò nel mondo cristiano: dapprima nebulosamente con i monaci organizzati (San Benedetto), poi con le prime Confraternite, lo abbiamo visto, e si trasmise alle generazioni successive fino alla mia infanzia, sebbene sempre più attenuato per via della formazione degli Stati troppo famelici (in particolare quelli napoleonici di breve durata ma con lunghi strascichi) e infine con l’avvento dell’egoismo.
Ma prima di arrivare ai tempi moderni, non possiamo non ricordare che il concetto di ospitalità si diffuse pure nel mondo pagano e, poi, nel Medioevo, sia pure con significato leggermente alterato: dai Romani fu concepito come un scambio di amicizia e di favori, non molto diverso dalla recentissima abitudine (in uso pure a Cocullo in occasione della festa di San Domenico di creare una specie di cognazione spirituale fra pellegrini e locali: la “cumparanza”). Nell’età di mezzo lo scambio di favori fu manifesto soprattutto nella protezione che il signore accordava ai rustici in cambio della manodopera; nel Basso Medioevo, con il mecenatismo verso gli artisti e con le iniziative solidali delle Confraternite. Abbiamo rilevato insieme che con il trascorrere del tempo e i mutamenti della società il soffio dell’origine sacra che traspirava nell’ospitalità si affievoliva pian piano, ma, sebbene indebolito, non perse la sua “vernice”, e spero che non sarà cancellato dal vocabolario.
Scrivevo sulla IV edizione de “I serpari a Cocullo”:
“Fino ad alcuni lustri fa i pellegrini di maggio giungevano abbastanza per tempo (in un’epoca relativamente lontana i pellegrinaggi erano frequenti e nutriti dal 15 agosto al 15 settembre): non dovevano affrontare problemi circa l’alloggio e la consumazione dei pasti. Alla soluzione del primo problema provvedeva l’ospitale chiesa di S. Domenico, perché i forestieri, a sera, vi si riposavano e vi si addormentavano di notte sui banchi coprendosi con pesanti coperte; quanto al secondo problema, in parecchi venivano invitati a pranzo e a cena dai compari”
Dare ospitalità, accoglienza è una manifestazione di generosità che caratterizza l’umanità prima che questa si inaridisca e infatti abbiamo visto che fino ad epoca recente (forse prima della seconda guerra mondiale) si provava un senso di soddisfazione nel vedere persone estranee sedute al desco famigliare e scambiare con loro cordiali parole. D’altra parte il termine “ospitalità” ancora figura su tutti i dizionari con l’indicazione esatta: sforziamoci di non interrompere la sua continuità e di non sminuirne il valore che esprime (solidarietà, generosità) evitando di annebbiarlo con le ventate di mode e termini e terminologie barbari; soprattutto lasciandoli quindi insozzare con la minaccia modernista/esterofila. Certo, la terribile ventata pestilenziale non permette, per ora, di realizzare i buoni propositi: ha spezzato la tavolozza dei colori e li ha sparsi in varie zone dove è sempre carnevale per via delle maschere asfissianti, non ha impedito gli assembramenti malgrado gli appelli delle inascoltate “autorità” (alla faccia delle famiglie patriarcali nelle feste comandate!); ma quando sarà tornato il sereno (sempre che il mondo non si capovolga anche materialmente, e noi dovremo assumere sembianze animalesche, prevalentemente volatili, ad eccezione degli eredi indegni, dei fratelli che defraudano i propri fratelli premorti e di tutti i disonesti che andranno a finire in porcile), quando sarà tornato il sereno cercheremo di realizzare questo progetto.