Domenica prossima si vota
Domenica prossima andremo a votare per il rinnovo del Consiglio regionale, la XII° legislatura; e non è un’operazione ordinaria, di poco conto, quella alla quale ciascuno di noi è chiamato. È l’esercizio della democrazia, regolamentato dalla Costituzione vigente, anche se appartiene oramai alla storia di ciascuno di noi, nato e cresciuto nella presente Repubblica e non è mai un’operazione ordinaria, ma un atto di grossa responsabilità che tutti debbono compiere con consapevolezza e coscienza. In ballo c’è l’opportunità di orientare, con il proprio voto, la vittoria o la sconfitta (a seconda delle visioni politiche) di chi riteniamo utile ovvero dannoso per la gestione dei bisogni personali e collettivi. E non è poco. Ecco perché non retoricamente si dice che prima di entrare in gabina per segnare le schede con la matita consegnataci dal presidente del seggio elettorale, è giusto fare un bilancio della gestione uscente, specie se accade, come sarà domenica prossima, che ricandidato alla presidenza è l’uscente che si ripropone.
E allora è proprio giusto fare un bilancio, rispetto a quello che dal marzo del 2019 erano le “nostre” attese.
Il 2 marzo di cinque anni fa, infatti, da queste colonne, ci permettemmo di redigere un’ipotetica agenda di memoria per le cose da fare, per il presidente che in quel momento si insediava, ponendo l’attenzione (in sintesi) all’ipotesi dell’attuazione del federalismo e raccomandandoci perché si procedesse per una chiara definizione dei LEP (livelli essenziali di prestazioni), a difesa della “nostra” autonomia ordinaria, con un occhio ai nostri bisogni in materia di istruzione, formazione, salute e assistenza sociale; dicevamo che ritenevamo sanità, formazione ed infrastrutture questioni nevralgiche per il futuro di questa regione e soprattutto per “noi” che viviamo nelle zone interne, tra montagne nelle quali la prospettiva di vita è resa magra e peregrina, da una serie di andicap che paghiamo in termini di progressivo e pericoloso spopolamento e abbandono; ci raccomandammo anche per l’attuazione del Masterplan ereditato da chi l’aveva preceduto, per la ZES e per una politica di forte sostegno alle piccole e medie imprese.
Allora? Nel “nostro” piccolo, rispetto a quelle cose segnate nell’agenda di cinque anni fa, oggi che bilancio possiamo fare? Non proprio esaltante, anzi fortemente deludente, checché ne dica, in questi giorni, la campagna elettorale e la propaganda che enfatizza l’amministrazione di centrodestra che vuole tornare in carica (e l’attenzione di livello nazionale è massima, visti i risultati negativamente sorprendenti della Sardegna).
Partiamo dal federalismo. L’autonomia differenziata si farà, ma di “livelli essenziali di prestazioni” (assicurati per legge), almeno per ora non se ne parla e non credo che se ne possa parlare.
Quanto a Istruzione e Formazione non soltanto c’è assoluta latitanza di iniziative ma addirittura c’è da fare i conti con velleitarie e demagogiche (e non convincenti, visti i risultati) proposte che si sono dimostrate più ballon d’essai che veri progetti da realizzare. (Non è così che si attraggono i ragazzi a nuovi o avveniristici progetti formativi. Lasciatevelo dire da chi nella formazione ha speso una vita!).
Per la sanità, cinque anni di riflessioni e proposte, anche come risposta ai bisogni emersi a livello nazionale, oltreché locale, dal biennio del Covid, non sono serviti a nulla, anzi i problemi si sono aggravati, rispetto ai bisogni territoriali, rispetto, cioè, ai bisogni di quella medicina di prossimità alla quale non è stato (e non è ancora) possibile dare risposte rassicuranti, tant’è che gli abruzzesi, non soltanto noi, da queste zone, alimentano a dismisura la “mobilità passiva”, vale a dire, vanno a curarsi fuori regione, lì dove ritengono di potersi fidare di strutture sanitarie pubbliche più credibili. Il Ministro Schillaci, in questi giorni, è venuto in Abruzzo per ricordare la “sua” attività di ricercatore qui da noi, ma non ha avuto il coraggio di “spiegare” perché ha dato l’ok ad un piano ospedaliero regionale “sub judice”, condizionato, cioè, dalla verifica che la preposta commissione tecnica del Ministero dovrà fare alla scadenza dei trentasei mesi che serviranno per legittimare il DEA di II° livello (che comunque giuridicamente, oggi, non esiste) ed il DEA di I° livello che riguarda proprio l’Ospedale della S.S. Annunziata di Sulmona, con la palla al piede della Ginecologia e della mai risolta “carenza di organici”.
Non parliamo di Autostrade e Ferrovie, nonché di altre infrastrutture materiali ed immateriali che ai miei 78anni (anagrafici) fanno venire in mente i sacrifici fatti per anni da generazioni di amministratori di Enti locali per avere oggi le Università funzionanti. Insomma il raddoppio della Pescara-Roma almeno per questi primi due lotti, è a carico del Bilancio dello Stato, deliberato dal Governo, su autorizzazione del Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile…ex Cipe) il 29 febbraio scorso, presumo ad incremento del debito pubblico perché “opera strutturale”, ha dichiarato Meloni. E non potevano essere mantenuti i fondi europei?
I “famosi” ammaloramenti dei piloni di A/24 e A/25, come, quando a carico di chi saranno risanati nessuno al momento lo sa. Il Ministro Salvini continua a far finta di voler interloquire con i Sindaci interessati…ma non va nemmeno ad una riunione, forse perché non sa cosa dire; e si limita a parlare di pedaggi momentaneamente gratuiti, in attesa degli investimenti per il restauro. Mentre l’ANAS annuncia che dal 1° marzo è aperto il cantiere per intervenire sul tunnel disastrato di San Silvestro, nei pressi di Francavilla, che interessa la A/14. Sono già trascorsi mesi che il crollo c’è stato: era il 22 novembre dell’anno scorso. Ora si interviene!...).
Quanto agli interventi finanziabili con il FSC (che, praticamente sono fondi ordinari provenienti dall’UE), per i quali c’è stata la “solenne” sottoscrizione tra Marsilio e Meloni il 7 febbraio scorso, dobbiamo registrare centinaia e centinaia di milioni in meno, rispetto al Masterplan lasciato a lui in dotazione, dal 2016 (e di questo al dettaglio abbiamo parlato il 19 scorso).
La ZES l’abbiamo voluta e, in poco tempo, grazie al lavoro di Miccio, è riuscita a svolgere il proprio compito di facilitatore degli scambi commerciali. Quasi tutte le infrastrutture sono state realizzate; molti contratti sono già operanti. Ma da venerdì 1° marzo tutto oramai sta nelle mani del Ministro Fitto a Palazzo Chigi.
E vedremo, ora, cosa riuscirà ancora a produrre.
Insomma, il bilancio della Giunta uscente, che chiede il voto per essere confermata, è a mio personale parere un bilancio assolutamente deficitario e perdente.
Il prof. D’Amico, competitor di Marsilio (candidato con un “campo superlargo” che mette insieme tutti: partito democratico, 5stelle, riformisti e progressisti, ecologisti e centristi di Azione e “Italia viva”, giorni fa, alla domanda di Stefano Dascoli sulle cronache nazionali de “Il Messaggero” su questa regione che sarebbe “fortino dei meloniani” (il cui risultato è atteso con grande attenzione dai vertici nazionali dei partiti) ha risposto:” L’Abruzzo non è “il fortino” di FdI, ma la regione della Brigata Maiella. (Risposta emblematicamente significativa). Una regione abituata a cambiare classe dirigente, qui nessun presidente è stato confermato.” Ed è vero. “Non è neanche il fortino della sinistra, ma un luogo dove i cittadini scelgono sui programmi” ha aggiunto.
Ora, il quadro è abbastanza chiaro. Buon voto a tutti.