All’improvviso uno scambio di messaggi tra Meloni e Schlein
e sulla difesa di diritti universali scoppia l’intesa.
La prendiamo come ipotesi di comportamenti utili?
Poteva sembrare uno “scherzo di Carnevale”. Ma Carnevale era passato e anzi, praticamente, era già… San Valentino. E allora?
Allora accade che di fronte al pericolo dell’impensabile “ecatombe” a Gaza, Tajani esprime alcune perplessità, in linea con la Santa Sede. (Come se parlasse a titolo personale). Ma Meloni le raccoglie ed invita Schlein ad uno scambio di opinioni (pare su WhatsApp). La signora del PD non rifiuta, tuttavia sembra che abbia risposto (più o meno) “ora sono impegnata in un incontro contro il Ponte di Messina, ci sentiamo dopo”. Sta di fatto che nelle ore successive, in Parlamento, due posizioni diverse, da tempo annunciate, sul bisogno di porre le condizioni affinché tra Palestinesi ed Israeliani si possa avviare la fine delle cruente ostilità (in atto dal 7 ottobre, per chi non lo ricordasse) per arrivare ad un rinnovato punto di convivenza reciprocamente sopportabile, con l’abusato “gioco dei ruoli” (io mi astengo su una parte del tuo documento, tu fai altrettanto sul mio), il 14 Febbraio scorso, il giorno di San Valentino appunto, i maggiori quotidiani italiani titolano (chi più chi meno) tra Meloni e Schlein è scoppiata la pace.
Non facciamoci prendere dagli entusiasmi, sia chiaro. Siamo solo all’ipotesi dell’inizio di un eventuale processo che, comunque, 1) rinvigorisce il ruolo dell’Italia nel difficile panorama della politica internazionale, nella ricerca della “via della pace” e della difesa dei fondamentali diritti umani nel mondo; 2) dà una mano al ruolo dell’Europa dentro un quadro di riferimento comunque pan-Atlantico (ed è cosa buona e utile); 3) avvia (ovvero riscopre) un sistema dialogante tra maggioranza ed opposizione, nel nostro Paese; sistema che, nonostante tutto, ha fatto bene a chi ha più bisogno di recupero e sostegno, nella scala delle condizioni di vita che, dopo il Covid, ancora peggio e di più, ha acuito le distanze tra ha vive meglio e chi… peggio, molto peggio.
Ed è così che ho pensato che forse, anche in vista degli impegni elettorali regionali del prossimo 10 marzo, non su tutto, s’intende (perché proprio non si può), ma su alcune cose elementari (fondamentali) per la tutela dei diritti dei cittadini abruzzesi (soprattutto per noi, che ricerchiamo oggi un livello di bisogni ben più alto di quello che si registra in altre zone della regione; noi che, soprattutto dopo proiezioni di futuro che l’ISTAT ci attribuisce, sentiamo tremare vene e polsi per un futuro quanto meno “nebbioso” e comunque strutturalmente povero di opportunità), proprio in piena campagna elettorale, civilmente, lealmente, magari soltanto tra chi ha libertà di ragionare, senza pregiudizi e senza il bisogno di difendere per forza posizioni preconcette e “ideologiche”, si individuino le tracce di un percorso che possa metter mano ad infrastrutture e servizi capaci di riconsegnarci un’ipotesi di futuro di crescita che riequilibri il territorio regionale e rimetta in gareggiata tutti, dalla montagna al mare, da nord a sud.
È il sistema che all’inizio degli anni settanta del secolo scorso, con la nascita dell’Ente Regione, nonostante i problemi ereditati da un passato fatto di contrapposizioni forti e dolorose, avevano fatto temere l’ipotesi di mettere in discussione addirittura la definizione del capoluogo di Regione sullo Statuto, e la riconduzione alla singolarità (sinonimo, in quel caso, di unitarietà) culturale di poco più di un milione di abitanti fino a quel momento assolutamente plurali. (Non senza ragione, si parlava, anche sui libri di scuola, di Abruzzi e non di Abruzzo).
Che fatica. Quante paure, anche con astiosi strascichi giudiziari. Quanti sacrifici umani e personali!
Non si propone, sia chiaro, un indistinto pateracchio o un “inciucio”. Si propone soltanto, dove e come sia possibile, la valorizzazione della ragione e della utilità per tutti (e sottolineo tutti perché le previsioni ISTAT non penalizzano o declassano soltanto una parte dell’Abruzzo, ma tutto l’Abruzzo).
Prendiamo, ad esempio, l’assistenza sanitaria. Non è possibile che la maggioranza (che chiede di essere confermata al “comando”) continui a ripetere di aver definito un “modo sperimentale” di servizi sanitari nello stesso momento in cui sa bene che la spesa per i trattamenti degli abruzzesi fuori regione lievita in maniera paurosa, fino al rischio di farci temere di stare difronte ad una gestione commissariale (rinnovata) che penalizza tutti, chi oggi è soddisfatto e tutelato dal sistema sanitario regionale, chi è costretto, per carenze territoriali spaventose e rischiose, a continuare a fare fuori regione i proverbiali “viaggi della speranza”, provocando lievitazioni del debito già insopportabile (e la cronaca quotidiana di questi lo denuncia chiaramente).
Chi contende la riproposizione della gestione Marsilio&C., legittimamente non può non sparare a zero contro la retorica (sostanzialmente, vuota) rivendicazione di aver fatto il miracolo di una pianificazione ospedaliera che non avrebbe precedenti e che anzi sarebbe un “modello di sperimentazione” (de che? Se tutto il piano è condizionato da valutazioni rimandate, agli organi tecnici nazionali del Ministero della Sanità, per la verifica di attuazione di criteri di assistenza di difficile successo. E non parlo soltanto del mantenimento del servizio di Ginecologia ed Ostetricia nella Valle Peligna, ma anche del DEA di II° livello da individuare e definire davvero! Parlo della distribuzione, tra pubblico e privato dei circa 4600 posti letto disponibili nelle strutture sanitarie regionali, di cui lo sbilanciamento a vantaggio delle cliniche private, per la riabilitazione, per esempio, è macroscopico; parlo delle liste d’attesa per trattamenti diagnostici che costringono, frequentemente il cittadino a rivolgersi al privato).
Un impegno bipartisan, come si usa dire, sulla medicina territoriale e di prossimità in una situazione nella quale abbiamo zone montane importanti di questo territorio (da Pescocostanzo, a gran parte del Parco Nazionale) che quotidianamente rappresentano il disagio dell’assenza di un’assistenza di base, non sarebbe auspicabile e utile (oltreché umilmente “benedetto” ed economico, per l’intero bilancio finanziario regionale)? Ora che sembra di capire che a livello nazionale si sia in dirittura d’arrivo per il rinnovo della convenzione con i medici di base, anche in vista della generalizzazione delle case della salute (di cui dappertutto si parla, tranne che qui da noi), probabilmente, anche utilizzando parte dei fondi del Pnrr, diventerà possibile affrontare la “storica” carenza degli organici (di medici ed infermieri) da sempre comoda risposta (inutilmente giustificante) la rivendicazione degli abruzzesi di casa nostra di maggiori e migliori servizi di assistenza.
Non si può parlare del come e del quando affrontare questi problemi? (Ovvero, viste alcune presenze in alcune liste della maggioranza che vuol riproporsi come tale, e considerata l’opposizione fatta da costoro ai modelli di gestione offerti dalla Giunta uscente, c’è da chiedersi se l’accordo, al loro interno, per la risoluzione delle innegabili questioni di cui da tempo ci lamentiamo, sia alla base della “loro” presenza in questa lista, per cui il cittadino dovrebbe fidarsi perché finalmente, all’indomani dell’avvenuta elezione, le cose andranno nella direzione da tempo agognata e ancora speranzosamente attesa).
In altre parti d’Italia, soprattutto dove si vota, si parla di telemedicina (ci sono risorse finanziarie vincolate nel Pnrr!). A che punto siamo qui?
La verità è che bisogna seguire attentamente l’andamento della cronaca politica, bisogna mettere memoria e ricordare. Così scopriamo che l’Accordo sui Fondi di sviluppo e coesione (FSC) firmato il 7 febbraio scorso ha dato all’Abruzzo 241 milioni di euro in meno rispetto al Masterplan del 2016. Per qualche minimo dettaglio che dà l’idea delle decurtazioni diciamo che:
1) per le infrastrutture il Masterplan conteneva 609.450.000 euro mentre l’Accordo (sotto la voce Trasporti e mobilità) si ferma a 398.774.140 (-210.675.860 euro);
2) per l’ambiente – che comprende anche la difesa del suolo – il governo di centrosinistra aveva previsto 477.032.720 euro mentre l’esecutivo attuale ne ha concessi soltanto 372.289.577 (-104.743.143 euro);
3) In materia di cultura e turismo, si passa da 254.835.000 euro a 66.038.855 euro (-188.796.145 euro).
Ma l’Abruzzo perde fondi anche per lo sviluppo economico, passando da 157.305.000 euro ai 115.942.060 ottenuti sommando gli attuali comparti di ricerca e innovazione, digitalizzazione e competitività delle imprese (-41.362.940); la cifra del 2024 però è “drogata” dai 20.058.000 euro derivanti dal PNRR, che ovviamente nel 2016 non esisteva.
Ultima considerazione su questo: 379 interventi, previsti nell’accordo Meloni-Marsilio, oggi, rispetto ai 77 del Masterplan 2016 a fronte di una cifra minore da investire…E questo dà il senso della dispersione a pioggia, dei fondi disponibili, senza un disegno caratterizzante uno sviluppo possibile e necessario.
E mi fermo, per non tediarvi. L’elenco degli argomenti sui quali varrebbe la pena di invocare più che le appartenenze nei gruppi e/o partiti, il semplice raziocinio e interesse collettivo potrebbe essere lungo.
Ma non voglio essere eccessivo. L’esperienza di più di un cinquantennio di impegno politico diretto mi suggerisce la sobrietà, soprattutto mi invita ad utilizzare questa campagna elettorale affinché sulle infrastrutture si finisca con la tattica inutile, dannosa e spocchiosa di chi ritiene di non dover render conto delle attese legittime. Mi riferisco alle cose che si leggono sui rapporti tra Ministero dei lavori pubblici e comitati dei Sindaci, legittimamente preoccupati dello stato di utilizzazione delle infrastrutture autostradali, ferroviarie e dei porti della regione.
Concludendo: di fronte ai brevi, veloci e fruttuosi colloqui tra Meloni e Schlein su questioni decisive di politica internazionale come si fa a non pensare che nel nostro piccolo, volendolo, si possa andare alla risoluzione della sostanza dei bisogni nell’interesse generale e soprattutto nel rispetto dei diritti costituzionalmente garantiti, almeno fino al momento, per tutti i cittadini italiani!
È questione di volontà. Ciascuno, evidentemente si porterà dietro scorie più o meno noiose: Schlein Conte, Meloni Salvini. Ma questo ci sta nella quotidianità di chi assume l’onere della rappresentatività della volontà popolare. Nei bilanci finali delle scelte, è necessario sempre considerare tutto.