A/H1 N1: quanto è brutta l'influenza di quest'anno!
Sembra che stia colpendo soprattutto i bambini, maschi e femmine. I figli che, dopo qualche giorno di tosse, respiro affannato, febbre (in molti casi, preoccupante, con picchi elevati) la trasmettono ai genitori.
È così. Gli esperti ci dicono che la settimana scorsa avremmo toccato il picco. Bene. Ma intanto molte famiglie, nel pieno delle vacanze natalizie hanno dovuto fare i conti con queste situazioni incresciose che ci hanno riportato, in molti casi, al ricordo degli inverni del COVID.
Lo sapevamo? A dire la verità alcuni infettivologi avevano avuto l’accortezza di avvertirci. Ma la risonanza è stata bassa. Diciamolo con franchezza. Anzi le grandi vie di comunicazione ordinaria (TG e Radiogiornali a diffusione nazionale) hanno fatto del tutto per “glissare” sugli appelli di coloro che hanno richiamato l’opportunità di “vaccinarsi”, non soltanto contro il COVID (ora che è “endemico”) ma anche contro tutte le altre infezioni stagionali. Oddio c’è da dire che contro questo specifico virus ancora non disponiamo del vaccino “mirato”. Ma chi ha avuto l’accortezza di tutelarsi, con i vaccini di sempre, sembra che abbia avuto una sufficiente resistenza. Morale: passata la “paura del COVID” è tornata alla grande la “querelle” tra chi era ed è rimasto “no-vax” e chi ha sempre dato valore e credibilità al medico che ci ha avvertiti (se, quando e dove lo ha fatto!). A rendere permeabile le comunità (piccole o grandi) non credo che non abbia contribuito un certo atteggiamento del Governo, che, all’atto del suo insediamento (come dimenticarlo!), quasi con tono di sfida, annunciò, con Meloni, il proposito di istituire una commissione d’indagine su tutta la gestione della pandemia, all’epoca in via di esaurimento (proposito attuato, per la verità senza esiti significativi, anzi, proprio in questi giorni, motivo di polemiche inutili, oltreché opinabili). E gli “appelli” che in queste ultime settimane, tardivamente, arrivano con una certa insistenza dal Ministero della salute a “vaccinarsi”, perché si è ancora in tempo (!), suonano come una sorta di “excusatio non petita” che, dal medioevo ad oggi, è e rimane come una indiretta “testimonianza d’accusa”.
Per carità, chi è senza peccato (ci è stato insegnato) “scagli la prima pietra”. Tuttavia tutta questa vicenda serva di lezione a tutti: a noi cittadini che dovremmo essere sempre più accorti nell’autotutela di noi stessi e a chi ci governa che non dovrebbe mai indulgere alla demagogia scegliendo (come nel caso di cui parliamo) di “strizzare l’occhio” a chi è stato sempre “no-vax” e ci resterà, incurante del danno che arreca, eventualmente a se stesso e a chi gli sta vicino, ma anche a tutti coloro che hanno incontri occasionali che possono generare propagazione di un virus che si trasmette per semplici vie aeree.
Abbiamo scelto di parlare di questo, oggi, perché il tasso di incidenza del contagio, in Abruzzo è stato tra i più alti d’Italia e in questi giorni (di “pre campagna elettorale”, nonostante le difficoltà di una maggioranza nella quale c’è ancora qualcuno che contesta a Marsilio il diritto di ricandidarsi e la cosa non ci interessa!).
In questi giorni Marsilio & C. fanno a gara “sparlare” di “rete sanitaria”, tentando di far credere di aver fatto miracoli innovativi sulla organizzazione regionale a nostra tutela e sbandierando “novità” che non soltanto sostanzialmente non esistono ma che anzi manifestano, per carenze di organico, attrezzature e moduli gestionali, punti neri, deboli e pericolosi che portano (per esempio i cittadini di Pescasseroli) alcuni corregionali territorialmente molto vicini a noi, a “scendere in piazza” quotidianamente per ricordare che loro un medico di base non ce lo hanno proprio.
Brutta, quindi l’influenza stagionale di quest’anno. Che fortunatamente, pare che qui non abbia fatto “morti” come è accaduto, invece, altrove in Italia. Brutta e “cattiva”, resa ancora peggiore da una discutibile e dilagante cultura egoistica di chi non si rende conto che non vaccinarsi non è proprio un diritto esclusivo, ma anzi una responsabilità oggettiva che si assume nei confronti di chi si frequenta, abitualmente od occasionalmente; ma anche da un modo demagogico di interpretare il ruolo di guida e di governo del Paese.