Jacovella, ultima Contessa dei Ruggeri.
D’Annunzio, quando scrisse “La fiaccola sotto il moggio”, non mostrò velleità di storico: era un poeta. Anche se, per esempio, in “Settembre, andiamo” lui riassunse meticolosamente le impressioni e i disagi dei transumanti. La stessa impressione, tranne le licenze poetiche, la dà nella tragedia ambientata in Anversa degli Abruzzi, dove restava un moncone del castello dei Sangro.
A Cocullo i conti Berardi avevano un maniero (vedi l’arma gentilizia alla base della torre e sulla facciata della cappella-chiesa di S. Nicola, non offesa dal terremoto del 1915 a differenza di tutto il complesso).
Al tempo di Jacopo Caldora (sec. XV) il castello fu rinforzato, perché i cronisti tramandano che il capitano di ventura, politicamente seguendo le fortune ora degli Aragonesi ora degli Angioini, ingrandì il suo territorio e riuscì a conservare tutti i suoi poteri soprattutto nella zona di Pacentro, ove amava risiedere, e sui punti strategici dei tratturi. Soprattutto questo avvenne quando Jacovella Ruggeri (chiamata anche Jcobella, Giacomella, Giovannella…), contessa di Celano, gli chiese protezione dopo che era sfuggita al controllo dei Colonna perché non avrebbe voluto sposare Odoardo nipote del papa Martino V.
Cocullo è vicino al punto di raccolta dei transumanti della Valle Peligna (vedi la chiesetta tratturale di S. Maria di Roncisvalle a Sulmona) e soprattutto sul territorio cocullese di Forca Caruso, sull’itinerario del tratturo dell’Italia meridionale Celano-Foggia.
Jacovella aveva sposato Caldora quando ormai questi era anziano e prima del 1440 il condottiero morì. La vedova (era stata candidata a tre matrimoni: Odoardo Colonna, Jacopo Caldora e Leonello Acclozamora) si sposò poi con il nipote di Jacopo, Leonello Acclozamuro, il quale divenne molto amico di frate Giovanni di Capestrano. Anche Jacovella era affezionata al futuro Santo, tanto è vero che alla notizia della morte di costui fece raccogliere i libri in una ricca biblioteca, allora a Gagliano; tant’è che gli tributò ricche onoranze funebri a Celano; tant’è vero che nei lavori di restauro del castello cocullese è stato rinvenuto un architrave riproducente il trigramma francescano (vedi foto): la stessa Jacovella fu terziaria francescana e quando il figlio Ruggerotto la perseguitò per impossessarsi dei beni della contea, andò dal papa Pio II a chiedere consiglio. Il papa la rassicurò dicendole che la contea era già stata assegnata a suo nipote Antonio Piccolomini, ma per lei avrebbe provveduto a trovarle altri domini nell’Italia meridionale.
Questa succinta introduzione avanza una verosimile ipotesi sulla sorte del borgo abbandonato sopra a Cocullo. Furono le balestre di Leonello a distruggere il monastero fondato attorno al Mille da S. Domenico, monastero divenuto rifugio dei monaci Spirituali di S. Celestino, acerrimi nemici dei Francescani che seguivano la politica di Bonifacio IX?