Pensieri in Libertà di un Ottuagenario

di Nino Chiocchio

| #113 ◄ | Articolo #114 | ► #115 | Elenco (135) |
Condividi su Facebook Condividi su Twitter Condividi via eMail Condividi via WhatsApp
#114 - 04/10/2023
Sul libro di Roberto Grossi: “Il miracoloso sacro dente di San Domenico Abate tra leggende e realtà. Patronati e simboli devozionali in Villalago e Cocullo”.

Sul libro di Roberto Grossi: “Il miracoloso sacro dente di San Domenico Abate tra leggende e realtà. Patronati e simboli devozionali in Villalago e Cocullo”.

G. Picasso (“Dall’eremo al cenobio”, Ed. Garzanti Scheiwiller, Milano, 1987) scrive di un movimento monastico fondato da Domenico di Sora. Siamo agli albori del Cristianesimo e gli Ordini religiosi forse si fondavano un po’ come si creavano i santi.
D’altronde Pasquale II fu di poco posteriore a Domenico e, come lo stesso Autore afferma, nel 1104, sceso in Ciociaria, divagò nella provincia che allora arrivava all’Abruzzo, appartenendo l’attuale nostra provincia alla Diocesi ciociara, di cui era stato vescovo S. Marco il Galileo.

Premetto anche che io sono convinto avere il Santo fondato monasteri e chiese in tutta la Valle del Sagittario, compresi i monasteri di Villalago e di Cocullo, del quale ultimo monastero restano cenni storici e reperti archeologici oltre ad una esplicita dichiarazione della più antica fonte, “Cronaca del Monastero di Montecassino” (rip. anast. Ed. Ciolfi, Cassino) e dei “Regesti di Montecassino”. In questi va rilevato: a) che nel 1297 era Superiore Generale dei Celestini un certo Giovanni di Cocullo, di cui dopo quella data non si hanno più notizie, se non che nel 1298 sarebbe stata emanata una Regola celestina non approvata, il che ha dato adito, da parte mia, a sospettare sulla lotta degli Spirituali; b) che il 3 giugno dello stesso anno 1297 “Bonifacio VIII. Rieti. Berardo, vescovo e il capitolo di Chieti concedono a fra Giovanni da Tucullo (Tucullo, o Tuculio, è Cocullo) abate di S. Spirito presso Sulmona e alla comunità la chiesa di S.Maria Maddalena, nel territorio della città di Rieti, presso la stessa città e vicino alla via romana, dichiarandola esente, col censo annuo di una libbra da darsi nella Festa di S. Maria in settembre.”

Per quanto riguarda il taglio che l'Autore ha dato alla pubblicazione, dirò sinceramente che esso è superlativo in quanto si differenzia da tutte le altre e si limita a fare una rassegna dei miracoli e delle leggende consegnatici dalla tradizione: ha premesso egli stesso che non si voleva inoltrare in scritti antropologici o etnologici su cui invece hanno speculato gli agiografi, gli studiosi e tutti gli autori di apocrifi, i quali non sono mai mancati nelle Vite dei santi. Perciò ritengo che il libro sia lodevole e ci tengo a ripeterlo.

P.S.: Interessanti, tra gli altri, due episodi:
1- Scrive il Prof. Angelo Melchiorre (“Il culto di S. Domenico a Cocullo”), già Direttore dell’Archivio della Diocesi dei Marsi: “… Sintomatici, al riguardo, possono essere alcuni fogli manoscritti del 1778, provenienti da Magliano e indirizzati al Vescovo dei Marsi, in cui vengono denunciate le azioni di violenza ed immoralità commesse, nel maggio di quell’anno, dal chierico Cassiano Pozzi ed altri giovinastri in località Femina Morta presso il valico di Forca Caruso. Il chierico ed i suoi giovani amici si recavano in pellegrinaggio al Santuario di Cocullo e, strada facendo, si preparavano spiritualmente all’incontro con il Santo cantando canzoni ignominiose ed assalendo i viandanti che incontravano sul loro cammino…”. Orbene, l’Autore parla di località “Femina Morta” che in realtà è il profilo della montagna verso Celano visto da Forca. In un rozzo e secolare disegno reperito nell’Archivio comunale, Forca non dista molto dalla località cocullese “Le Croci” o “Sante Croci”, segnata con tre visibilissime croci, con un piccolo agglomerato di casupole. Il Giovanni figlio di Nicola Graziosi di Gioia, che l'Autore cita alle pagine 25-26, cadde (luglio 1768) nel luogo detto “le croci” (“Giunto nel territorio di Cocullo nel luogo detto le croci…”).
2- Di Simone, figlio di Rocco Chiocchio (v. pagina 47), posso riferire i dati anagrafici e qualche curiosità sul “mestiere” che svolgevano lui stesso e suo padre: Simone aveva 19 anni alla data (1768) in cui avvenne il “fatto”: lui era nato nel 1749 (risulta morto nel 1819), “serparo e merciaiolo” in un documento, abitava in Porta di Manno; Rocco suo padre, era nato nel 1706 ca. (v. Stati delle Anime 1816), abitava in Rione Blasetti, e ancora risulta vivente nel 1772: nel catasto 1746 (ff.198/195) risulta “pezzaiolo” ed è sposato con Anna Felicia Ferrante “di Montopoli, Diocesi di Chieti”. Da ciò si deduce per quale motivo i due frequentavano il territorio di Chieti e la ragione che li portava fin lì a svolgere la loro attività.

| #113 ◄ | Articolo #114 | ► #115 | Elenco (135) |
Condividi il blog: Pensieri in Libertà di un Ottuagenario
Condividi su Facebook

Condividi su Twitter

Condividi via e-Mail

Condividi via WhatsApp