Tre Papi
I Fratelli di Santo Spirito e la Gerarchia
“Ecclesia carnalis” o “Ecclesia spiritualis”? Anche nei conclavi i prìncipi della Chiesa portavano le aspirazioni e i rancori politici delle loro famiglie, e la Sede restava vacante... La Chiesa era alla deriva ed il popolo rumoreggiava. I precetti evangelici si stavano appannando e la stessa Curia sentì il bisogno di nominare al Soglio di Pietro un religioso che fosse estraneo al Sacro Collegio e che fosse capace di conciliare la Gerarchia con lo Spiritualismo radicale e disposto ad adeguarsi alle esigenze di una società in continua evoluzione: compito difficilissimo e lo dimostrò Filippo Benizzi, un vero Spirituale, quando seppe che nel conclave di Viterbo volevano farlo pontefice e se ne fuggì a Radicofani. Però nel 1271 accettò un altro Spirituale, Tedaldo Visconti, che invece era coraggioso e molto colto. Egli era in quel momento alle Crociate con Luigi IX e assunse il nome di Gregorio X [Vedi nota 1, in fondo al testo] governando dal 1271 al 1276. Buon diplomatico, forse aveva accettato con lo scopo di imprimere una sterzata alla Chiesa verso la severa osservanza dei suoi colleghi Spirituali. Ci riuscì in parte agendo con sapienza e cautela. Non poté proseguire nel suo progetto perché morì nel 1276. Aveva ricevuto e accontentato Pietro del Morrone durante il Concilio di Lione (solidarietà fra Spirituali), in un altro Concilio di Lione tentò la riconciliazione fra cattolici e ortodossi, riformò i Conclavi accorciando il tempo delle elezioni pontificali. Alla morte di Niccolò IV (1292?) ed al lungo temporeggiamento dei cardinali, Carlo d’Angiò intervenne e li fece decidere a nominare un altro Spirituale, che già aveva “in pectore” il decano Latino Malabranca, e malgrado il brusco trattamento riservato al re dal card. Caetani (il futuro Bonifacio VIII). Insomma Gregorio fu l’ago della bilancia, il compromesso, proprio come San Francesco fra i suoi Spirituali e il Sacro Collegio. I due protagonisti della crisi che stava trascinando la Chiesa verso uno scisma disastroso furono Pietro del Morrone e Jacopo Caetani. Il primo si allontanò dal Sacro Collegio e fu troppo severo anche perché era consapevole della sua inferiorità culturale rispetto ad alcuni cardinali, e perché, dopo la consacrazione a Collemaggio, se ne andò con Carlo d’Angiò alla reggia di Napoli. Non seguì l’esempio di Gregorio X e non rispose alle aspettative dei cardinali che lo avevano chiamato in quanto erano consapevoli della sua santità. Il card. Caetani aveva firmato la lettera di invito a Pietro. Tuttavia, quando il detto cardinale, colto giurista, divenne papa, lo beatificò; ma, non potendo accettare il radicalismo degli Spirituali (ritorno alle arcaiche concezioni evangeliche) e non avendo costui respinto il dialogo per la sua profondità religiosa non conciliabile con i tempi nuovi, cadde in disgrazia: dopo cinque mesi dall’elezione si dimise con il proposito di tornare all’eremo onde dimenticare la mondanità della Gerarchia, ma il successore, appunto Bonifacio, che temeva lo scisma per la popolarità del predecessore, lo impedì e rinchiuse Celestino nel maniero di Fumone per sempre. Sintetizzando… la sintesi, potremmo dire che, fra i tre papi, cioè fra il testardo Celestino per il rispetto rigido e fra l’utopia di Bonifacio di piegare lo Spiritualismo alla mondanità della Chiesa, s’impose la figura del pratico e illuminato Spirituale Gregorio X, il quale forse avrebbe portato a termine il progetto di Celestino se il suo pontificato fosse durato di più.
Note
[1] Questo è il nome che il pontefice assunse quando salì al Soglio pontificio. Era in Palestina quando fu chiamato a Roma e prima era stato Spirituale. Durante il Concilio di Lione accolse il suo collega Pietro del Morrone e ne riconobbe la Congregazione.