Pensieri in Libertà di un Ottuagenario

di Nino Chiocchio

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#97 - 18/10/2022

Riflessi dei fratelli Ferrati di Forca Caruso e degli spirituali sulla festa cocullese di San Domenico

Il presente lavoro è il risultato di una serie di scritti, riveduti e corretti sulla base di nuove acquisizioni bibliografiche e della riesumazione di appunti da me presi in gioventù e accantonati.

Innanzitutto una veloce incursione sul monachesimo occidentale per ricordare che il ricovero più sicuro per il distacco dal mondo e l’accostamento a Dio fu considerato l’eremo, l’ascesi: imitazione di Gesù Cristo (Matteo). Naturalmente questo fenomeno fu più diffuso nelle aree vicine alla Palestina (secolo IV), dove oltretutto generalmente gli asceti sfuggivano alle persecuzioni dei gentili. Già nel III secolo Sant’Antonio è l’esempio più marcato dell’eremitismo (con accenni al cenobitismo). Nell’ Italia centro-meridionale, i primi Basiliani precedettero San Benedetto il quale aveva anticipato la riforma monastica nell’Italia centrale. Seguirono, sull’esempio dei Cluniacensi, San Romualdo e San Pier Damiani (metà del secolo X). A partire dalla metà del secolo X avvenne la ripresa della riforma monastica in Italia (Picasso): questa si espresse nella imminente riforma gregoriana, determinata dal fatto che il fenomeno monastico si era molto espanso al punto che in molti di loro alla vocazione si era sostituita una specie di sport e di svago edonistico. Il monachesimo era entrato in crisi e San Domenico ammonì severamente tutto il clero a tornare sulla retta via, addirittura prima di autorevoli riformatori, poi divenuti papi, come Gregorio VII (n.1015 ca-m.1085, papa dal 1073) e Pasquale II (n.1053ca -m.1118, papa dal 1099). Il primo diede il nome alla riforma e pretese la supremazia della Chiesa sull’Impero; gli andò bene parzialmente (nomina dei vescovi, ecc.: umiliazione di Canossa). Il secondo cercò di perfezionare una sistemazione organica dell’Istituzione e disegnò la prima diocesi suburbicaria, la quale aveva sede in Atina (Lazio) e si estendeva fino alle nostre plaghe, considerato che il primo Cristianesimo nell’Italia centrale si era diffuso in Abruzzo attraverso le valli dell’Aniene o il corridoio della Valle Roveto. Vescovo di Atina era San Marco Galileo. Pasquale II, nella descrizione della diocesi, citò in una Bolla la chiesa esistente a Cocullo nel 1108 e beatificò San Domenico negli stessi anni.
Il faro di civiltà di Montecassino era stato preceduto da altri agglomerati di eremiti riunitisi in altre asperità, i quali però furono meno fortunati in quanto la contiguità di Roma e la carità scaturita dall’ “ora et labora” avevano reso il passaggio dalla schiavitù all’affrancamento meno traumatico e quindi più governabile dalla Chiesa ufficiale. Ecco, il modo di intendere il Cristianesimo, inizialmente e per secoli, non fu identico dovunque. Infatti dalle parti nostre si vide nel volto del prossimo quello di Cristo, che prescindeva dall’inserimento delle forme tradizionali nel Cristianesimo, per cui le bestie che avevano fatto compagnia agli eremiti furono considerate degne di apparire accanto ai simulacri dei santi [Vedi nota 1, in fondo al testo].

Già prima dell’Alto Medioevo esisteva il movimento dei Penitenti. Questi erano i cristiani che avevano peccato e si flagellavano nella speranza di avere il perdono da Dio. Fra gli attributi spiccavano la povertà e il laicato. Ordini religiosi trassero ispirazione dai Penitenti, dall’impronta che San Francesco originariamente diede a quello Francescano con la sua Regola. Questa infatti prevedeva anche l’immissione di non religiosi nell’Ordine, e perciò pure di laici che praticassero i suoi ideali. Questi Terziari furono inizialmente noti come “frati del terzo Ordine di san Francesco chiamati della penitenza”: infatti le principali caratteristiche dei gruppi penitenti francescani furono la povertà e la penitenza.

Note
[1] Il concetto della subordinazione delle tradizioni (anche superstiziose) alla pratica cristiana fu rafforzato alla metà del 1100 dalla tolleranza normanna.

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