La guerra
(corsi e ricorsi storici)
La più micidiale, addirittura letale, delle patologie che affliggono l’umanità è la guerra. Non è questione di diplomatici e non rientra nelle competenze della Scienza. Purtroppo è peggio di una malattia cronica: è una fatalità. Giambattista Vico ci spiega i “ corsi e ricorsi storici”. Purtroppo è una fatalità. Io non sono uno storico né e quindi non posso cimentarmi con quelli; ma penso che mi sia lecito esprimere il parere di un uomo della strada sulla ricerca del capro espiatorio, sulle cause più remote o in accadimenti vicini (l’aspirazione al “corridoio” di Danzica da parte della Germania, che innescò una serie di interventi militari fino alla II Guerra Mondiale) o sulle colpe determinanti ad uomini che sono trascinati nella bufera voluta esclusivamente dall’egoismo dell’uomo. “Homo homini lupus”: lo intuì già duemila anni fa il commediografo latino Plauto; lo ha spiegato chiaramente, cinquecento anni fa, il filosofo Thomas Hobbes. La traduzione letterale vuole che “l’uomo è lupo (verso) all’uomo”: gli uomini sono nemici verso gli altri uomini per un sentimento innato. Perciò è un errore, per me (e per Hobbes), quando scoppiano i conflitti, cercare la colpa nei governi retti da persone o organi che li governano (pure se è inesatto parlare di colpe, anche perché i torti non si dividono a metà in parti perfettamente uguali, considerato che sotto questo profilo, soprattutto, ci perdono tutti, anche coloro i quali hanno vinto o che credono di aver vinto militarmente). Certo, il protagonismo spetta agli uomini, ma solo perché le personalità responsabili della “cosa pubblica” affermano rispettivamente di voler vivere in pace e poi in realtà rivelano l’ipocrisia quando da amici gli uni divengono di botto nemici degli altri dopo aver perso dignità e sangue e pane; soltanto allorché il pasticcio è cotto ma risulta amaro desiderano la falsa pace: falsa perché quella calamità è come il coronavirus (con la differenza che per fermare le ondate di questa peste si inventano vaccini che però hanno un’efficacia temporanea e al massimo possono esser validi per le singole ondate pestilenziali fino alla loro scomparsa, ma non per quelle che riemergeranno).
Per osteggiare in qualche modo i conflitti spesso oggi si usa applicare le sanzioni, che secondo me sono una misura pericolosa e discutibilmente efficace, se non proprio insufficiente e dannosa in quanto aizzano i nemici, e, peggio, aggravano molto di più la pressione sull’economia globale già precaria.
Per attenermi alla realtà attuale, cioè per accennare alla guerra fra Russia e Ucraina in corso, affermerò intanto che io non nutro alcuna simpatia per Putin. Ripeto che tutti i conflitti hanno origini lontane, cause non imputabili a quegli sfortunati che governano nel momento dello scoppio, o almeno alla totalità di quelli come Putin (sì, come Hitler e forse peggio quanto a perfidia e pazzia e lucidità, che però ora sembra essersi appannata dopo aver incontrato ostacoli insospettabili, proprio come Hitler). Per lui si deve parlare di eccessivo egoismo ed imperialismo e per aver mosso una pedina che non trova più caselle libere sulla scacchiera, e quindi minaccia la distruzione universale: il dominio del Mediterraneo e poi dello scontro finale. A proposito dell’imperialismo moderno che non è imputabile a Putin apro una breve parentesi. Già un errore grave fu commesso dai Nordisti americani nel 1860 circa (Guerra di secessione), anche se allora quelli trovarono un’attenuante nell’eliminazione dello schiavismo: il torto più grave lo avevano avuto distruggendo la base demografica del territorio costituita dagli indios, non da loro. La sete imperialistica (nell’accezione di espansionismo sugli Stati confinanti) l’ebbero gli zar e, per restare in Russia, Stalin e Putin; questi ultimi due hanno violato il concetto di sovranità pure degli Stati che hanno preso coscienza della loro nazionalità. Ai tempi miei si studiava che lo Stato (o la sovranità nazionale) è costituito da questi elementi sui quali esso Stato esercita il potere assoluto: territorio indipendente, popolazione stanziata sullo stesso, rispetto delle norme da lui dettate e linguaggio nonché usi e costumi in comune. Orbene, gli eroici difensori della Krimea e particolarmente quelli di Kiev, hanno dimostrato di essere gelosi della loro indipendenza. Alla fine del ‘700, dissoltosi l’impero ottomano, lo Stato fu assorbito dalla Russia, ma le aspirazioni all’indipendenza le hanno dimostrate i ripetuti referendum popolari: l’antico pezzo dell’Impero romano, sostenuto dalle repubbliche marinare italiane, affonda le radici latine.
E poi? Ahimé…Intanto, poiché si è aperta una fessura attraverso cui un venticello mormora per spingere la dea bendata, tutto non è perduto fuorché il sacrificio degli eroici abitanti di Kiev, l’aumento dei prezzi, e la dignità dei governanti europei, i quali sono stati scherniti dal tiranno perché non lo hanno saputo fermare; allora non ci resta che urlare con Lorenzo il Magnifico il canto carnascialesco, tutti quanti, neonati, bambini, giovani, vecchi e vecchissimi, “Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia, chi vuol esser lieto sia: di doman non v’è certezza…”