Pensieri in Libertà di un Ottuagenario

di Nino Chiocchio

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#39 - 11/05/2021

Cocullo e le città misteriose

Esordisco con Mons. Corsignani, già vescovo di Valva e Sulmona dal 1738 al 1751, il quale, a mio parere, ha subito il torto di essere stato frainteso dai diversi critici che hanno rilevato nei due tomi della “Reggia Marsicana” diversi difetti senza apprezzarne il pregio. E’ vero, l’opera è prolissa, ripetitiva e talora presenta delle sfaccettature fantasiose; inoltre, specie in ciò che riguarda l’archeologia e la citazione di personaggi, egli ha commesso il grave errore di ricorrere alla fantasia ed all’inventiva. Però va detto che la lettura dell’opera in generale è convincente e scorrevole e si sviluppa in un lungo racconto articolato nei capitoli di una specie di antologia storica, nel cui calderone si trova purtroppo un miscuglio di leggenda e fantasia; in una raccolta di fonti antiche e moderne, autentiche e inattendibili che rivelano una profonda erudizione e un profondo amore per la sua Terra, la sua (nacque a Celano), scrisse: “… nella Carta Topografica, che da Febbonio rapportasi”, di cui seguì e completò l’attendibile “Historia dei Marsi”. Fra le eccessive citazioni scomoda Cicerone quando ammonisce che la Storia è la testimonianza dei tempi, la vita della memoria. E aggiunge: “…cosicché non bisogna legger servilmente, né tampoco con disprezzo, ma con giusto e veridico discernimento”. Io lo immagino quando, sorridente, si accinge a scrivere fra le righe che non farà come molti storici i quali non cercano collegamenti nei fatti non autenticati da …notai. E cita Petrarca: “Mos placeat verisimilia sequi, ubi ultra non attingimus, nihil temere damnare, nihil impudenter asserere, veritas ergo suis locis maneat” (Ora piaccia prestare attenzione alle cose verosimili quando non riusciamo a sapere – lett. non ci impadroniamo – di più. Guardati dal biasimare alcunché senza ragione e dall’affermare alcunché sfacciatamente, e conseguentemente la realtà resti al suo posto).
Ho premesso una breve critica, personale e dilettantistica, per ribadire la credibilità delle notizie riportate dall’Autore sulla zona marso-peligna. Eccoci al tema. Mons. Corsignani (che consceva bene gli archivi diocesani e che consacrò, è bene ricordarlo, il Santuario cocullese nel 1746) scrive: “Erano anche presso a Marruvio per la parte de’ Peligni le tre antichissime ragguardevoli Città Milonia, Plistia e Fresilia - come disse l’Abbreviatore di Stefano – “Nihil certius, quam Miloniam fuisse Marsorum in confinio Samnitium, et Pelignorum positam. Itaque in Samnitium, Pelignorumque confiniis fuere praedicta Marsorum Oppida, vel Urbes, Milonia, Plistia, Fresilia…” (Nulla è più certo che Milonia fosse situata al confine dei Marsi con quelli dei Sanniti e dei Peligni. Pertanto le predette città di Milonia, Plestilia e Fresilia, fortezze o città dei Marsi, furono ai confini dei Sanniti e dei Peligni).
Ad eccezione di Milonia, che pare aver avuto una localizzazione abbastanza precisa sul territorio della confinante Ortona dei Marsi, tra le frazioni di Cesoli e Rivoli, non è stata chiaramente individuata l’ubicazione di Plestilia e Fresilia. In verità alcuni centri rivendicano quell’ubicazione; ne cito qualcuno situato nella regione marso-sannitica, tenendo presente che quegli antichi nuclei MARSI si trovavano “al confine dei Sanniti e dei Peligni”, che Cocullo allora era l’ultimo paese compreso nel territorio dei Marsi verso i Peligni (ad ovest) e vicino alle ultime propaggini settentrionali del territorio sannita (a sud) e che un reparto MARSO in fuga cercò di riparare verso i luoghi di partenza, cioè verso le roccaforti vicine a Milonia (“li ricacciò nelle LORO città fortificate”- Livio). Ecco i candidati: FROSOLONE, pure se sorge in una vastissima zona ricca di reperti archeologici, era un centro pentro e non marso; pure CIVITELLA ALFEDENA è ricca di reperti di tutta l’antichità, dal paleolitico (VI/V secolo) alle guerre sannitiche e della Romanità in genere, ma è situata in una zona che “parla” di sannitico e non è vicina a Milonia (comunque ho il dovere di riferire che alcuni studiosi ritengono il sito di Fresilia essere in quel posto, altri ad Opi, senza esserne sicuri sia gli uni che gli altri). Ammettiamo che sia giusta una di queste versioni; e Plestilia? Timidamente presento la candidatura di Cocullo rileggendo qualche rigo di quanto ha scritto un illustre archeologo contemporaneo, il quale per conto dell’Istituto Nazionale delle Ricerche ha fotografato dall’aereo, con i raggi infrarossi, la zona circoscritta a Superequo, Corfinio e Sulmona:
Nella catena montuosa che separa la valle del Giovenco dalla valle di Cocullo, a Campo Castino, a S. di Serra Palancara, sarebbe da localizzare (su un cocuzzolo fortificato a quota m.1.617) un centro fortificato peligno (v. Grossi, “Profili di Archeologia Marsicana 132”- Letta, “Fucino cento anni” 111). La notizia risale ad A. di Pietralerio, “Agglomerazioni delle popolazioni di un importante centro fortificato della Diocesi dei Marsi (Campo Callino!”)
Ancora:
…nella frazione di Casale rimangono molte tracce di un importante pagus dal periodo preromano fino all’epoca imperiale e aggiunge: …questi elementi (monili nelle tombe) risalirebbero ad una fase più antica, al VI/V o al più tardi il IV secolo a. Cr. (Van Wonterghem “SUPEREQUUM CORFINIUM SULMO della Collana Forma Italiae, Olshki Ed.”)
Quando ero bambino (non è un ritornello) la nonna paterna aveva un vago ricordo di ciò che avevano tramandato gli “antici”, gli avi, e cioè che in tempi lontani un’enorme frana sarebbe scesa dalla montagna all’estremo confine meridionale di Palancaro sui pressi della frazione Casale, dove poi sarebbe sorta la leggendaria Trianella. Fin qui il racconto. Se c’è stata una frana, non avrebbe essa potuto portar via un pezzo del centro?

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