Toponomastica 3 - Via dei Saraceni
Nel 937, dopo aver devastato il Molise, dopo essere tornati nella base di Capua ed aver riscosso molti ori da Montecassino quale riscatto di monaci prigionierri, i Saraceni …insuperbiti da tanta vittoria e carichi di una così grande preda passarono nella regione dei Marsi e cominciarono a fare cose simili, incendiando e saccheggiando tutto. Per volere e aiuto di Dio, Marsi e Peligni unirono le loro forze e, preparato l’agguato in gole strettissime, piombarono coraggiosamente su di essi e, sterminandoli quasi tutti, sottrassero alle loro mani una preda ingente di oro, d’argento, di pallii, nonché di animali di diverse specie. Quanti di loro potettero sfuggire alle spade dei Marsi, dispersi in fuga, tornarono nelle loro terre (“Cronaca del Monastero cassinese” di Leone Ostiense- Ciolfi Ed., I, 55 -)
In vari scritti, e, se ben ricordo, nel lavoro “Santa Maria in Campo”, basandomi su autorevoli testimonianze (dal greco Strabone al peligno De Nino) e su alcuni reperti, ipotizzai che molti anni fa il nucleo abitato cocullese occupasse una vasta area (l’estensione territoriale del paese è sproporzionata per Cocullo, il quale, dopo le invasioni barbariche e dopo la peste del 1300, non sembra che abbia mai raggiunto duemila residenti): si allungava dal colle a nord (la roccaforte) e si stendeva giù a valle fin oltre le attuali casalane “Cannavine”, mentre ai lati si arrampicava alle falde delle montagne opposte: ad ovest con “Cortina”, “Triàne” e “Lunghezze”; ad ovest con alcuni toponimi e località (“Valle Chiocchio", “Vregnone”, “Strani” ed altri toponimi denunciati dai resti di una grossa cisterna ed alcuni vasconi per pigiare le uve. Altri nuclei abitati affiorano qua e là su muretti delimitanti altrettanti locali e sopravvissuti in quanto poi furono adibiti a pagliai (“Le Grotte”). Duemila anni fa Strabone scrisse:
Ora la Valeria comincia da Tivoli, porta verso i Marsi ed a Corfinio, città dei Peligni. Su di essa sono le città latine di Vicovaro e di Carsoli e di Alba, e vicino anche l’abitato (Vedi nota 1, in fondo al testo) di Cocullo - “Geografia”, V.
(’Η Ουαλερια δ’αρχεται μεν απò Τιβουρϖν, ’αγει δ’επι’ Μαρσουσ και ορφινιον τν τϖν Πελιγνϖν μτροπολιν. εισι’ δ’εν αυτ Λατιναι πολεισ Ουαλερια τε και Καρσο λοι και ’Αλβα, πλσιον δε και πολισ Κουκουλον)
Mi sono soffermato abbondantemente su questo brano importante. Ora mi riallaccio ad esso per notare che se gli “antici”, cioè i nostri avi, conoscevano come “Via dei Saraceni” o “Via Cupa” (l’uso di un aggettivo che di per sé evoca il fragore delle armi e il terrore della strage) il tracciato che scende dalla montagna, sotto “Pietrafitta”, forse ignoravano che Strabone lo aveva calcato prima di loro. Ed allora, al tempo del geografo greco, quel tracciato era più largo e uniforme: sul n.9 del 15/12/1899 della “Rassegna Abruzzese di Storia ed Arte” De Nino affermò che in contrada Castiglioni “si scorge la traccia di una strada antica, strada che probabilmente dovea volgersi a nord (2), in direzione di Prezza, per ricongiungersi alla Claudia-Valeria. In un punto la stessa traccia, oggi, porta il nome di via Saracena (3)… ed ho osservato che ha una larghezza media di otto metri”. In un altro numero della Rivista (11/12 del 15 agosto/dicembre 1900) aggiunse: “…secondo Strabone la Valeria da Alba (e certamente poi da Cerfennia, Collarmele) scendeva per Cocullo a Corfinio”. Poi: “La via Valeria non rimanea però così chiusa e tronca a Corfinio (4), ma continuava oltre, cioè verso i Peligni Sulmonesi assumendo il nome di Numicia e dirigendosi verso il Molise, l’Irpinia e la Puglia”.
Sempre il De Nino scrisse in un altro numero della Rivista Abruzzese di Storia e Arte: A sud-est la traccia (intagliata nella roccia) scomparisce. Ma siccome dirimpetto c’è una contrada, andando verso ovest, detto Triàna e Civitélla, così è ovvio poter supporre che quella strada conducesse a un pago esistente nella detta contrada, per andarsi poi a ricongiungere con l’altra antica via che passava sotto Anversa e Castro Valva. Inoltre tutti sappiamo che il tracciato lambisce quasi il Casale (plesìon coucoulon= presso Cocullo, aveva scritto Strabone), cioè in un punto dell’antico “pago” protetto in alto dalla roccaforte cocullese.
Infine Van Wonterghem (“Superaequum, Corfinium, Sulmo” della Collana “Forma Italiae”- Olschki Ed.,1984):
…nella frazione Casale (di Cocullo…) rimangono molte tracce di un importante “pagus”…Ruderi di edifici antichi, ora scomparsi, furono individuati soprattutto nella zona a SO di Casale, “Triàne”, dove dalla tradizione popolare viene situata una città scomparsa, Trianèlla…muri in “opus quadratum” e “opus caementitium” ed elementi architettonici furono accertati più in basso a “Cortina” e nell’abitato stesso;
…Ai piedi del monte Prezza, di fronte a Casale di Cocullo, giacciono sparse alla superficie molte lastre di pietra,… sul fianco meridionale del monte Prezza, nella località “gli Strani”, sarebbero state trovate tombe e pietre lavorate;
Nella zona “S. Carlo” [rispettivamente] e “S. Mercurio” presso il cimitero di Anversa [ai Casali], venivano accertati laterizi sparsi e recipienti fittili antichi. Una chiesetta “Sancto Mercurio” …in Flaterno (5) è attestata nella cronaca dell’abbazia di Montecassino.
Nella catena mnontuosa che separa la valle del Giovenco dalla valle di Cocullo, a Campo Castino, a S di Serra Palancara, sarebbe da localizzare (su un cocuzzolo a quota m 1617) un centro fortificato peligno.
Caduto nell’abbandono dopo che erano sopraggiunte calamità, invasioni saracene, peste del 1348 che avevano provocato la fuga verso la roccaforte, il paese si sgretolò e gli abitanti della valle cercarono protezione e aria pura nella parte alta, e con loro, come scrisse lo storico aquilano Monsignor Antinori (“Annales”), i frati della grancia di San Giovanni in Campo che avrebbero portato con sé le reliquie di San Domenico. Nel corso di una visita pastorale (1356) Monsignor Silanis elencò fra i paesi visitati “Cuculum cum villis”: evidentemente il paese si era già frazionato.
Oggi restano alcuni toponimi, qualche reperto e citazioni autorevoli:
M.Carla Somma, “Siti fortificati e territorio”, Fr. Palombi Ed., Roma 2000, p. 63: La via que fuit antiqua... saliva ai piedi della montagna che divide il bacino fucense dal versante valvense di Cocullo. Questo asse viario che doveva mettere in relazione i due versanti della montagna, è noto da un passo di Strabone (Geogr.V,3,11) e doveva essere più antico del tracciato poi seguito dalla Tiburtina-Valeria attraverso il valico di Forca Caruso. Quest’ultimo dovette prevalere nell’uso a scapito del vecchio percorso, che rimase però evidentemente in uso almeno a livello locale. E a conferma riporta la notizia del giudicato tenuto nel 970 vicino la “via que fuit antiqua” da Ottone I in territorio marsicano, in ipso campo Casti, ad ipsam civitatem Marsicanam, ed arguisce che la località possa essere identificata nell’attuale Campo Castino.
La prima Valeria, la Valeria costruita per volere del censore Valerio Massimo nel 356 a. Cr. per favorire l’espansionismo romano, quella era destinata a divenire “calle” prima di diventare dove tratturo e dove tratturello, dopo che sul basolato erano risuonate le spade dei legionari romani e dei guerrieri italici, poi le asce e i forconi marso-peligni che soffocavano il rimbombo dei tamburi e degli scudi saraceni, e quindi degli appestati. Infine il tracciato doveva disegnare una caprareccia inspiegabilmente larga in alcuni punti e in altri soffocata dagli sterpi. Ma sempre frequentata da qualche eremita, da qualche mercante-pastore e da tante pecore e capre (nel 1600, prima della moria, solo a Cocullo ce n’erano circa ottomila).
Insomma resta (sicuramente restava ai tempi della mia gioventù) il ricordo di quell’odonimo (Via dei Saraceni); perché resisteva, questo odonimo, dopo tante vicissitudini gravi da cui dovrebbe essere stato travolto? Forse per rispondere a questa lecita obiezione: essendovi in questa tormentata parte d’Abruzzo molte gole, proprio nella nostra convalle (magari nella parte, più angusta e a forchetta) avvenne la disfatta saracena del 936? Non me la sento di rispondere affermativamente.
Note
(1) Πòλισ (pòlis) = città, rocca, paese fortificato: questa la definizione più esatta. Infatti in latino Cocullo fu definito “oppidum”, cioè fortezza italica di altura.
(2) Forse cominciava qui, scendendo a Prezza, la Via Numicia: quindi partendo dal diverticolo Marruvio-Cocullo.
(3) Qui ricordata con quel nome dai nostri vecchi.
(4) Secondo il mio modesto avviso la Valeria continuava prima di Corfinio: ai tempi di De Nino la via che fu antica si confondeva fra le caprarecce.
(5) Chron. Cas., Liber II, cap. 8, col. 594 A.