Società circoncisa
Fin dalla formazione dello Stato Unitario (1861), i responsabili della cosa pubblica si resero conto che la preparazione della gioventù esigeva l’importanza del Ministero dell’Istruzione Pubblica. Ma dai primi anni del ‘960 la Scuola cominciò a declinare ed ora mi sembra che a quel dicastero sia riservata una sedia sgangherata, fra tante poltrone affossate. Si chiama della pubblica istruzione senza la “d” iniziale mentre potrebbe ora chiamarsi Min. delle Carbonaie per via dei focolai che può accendere. Mi spiego chiedendo permesso di riferire ciò che avviene nel mio paese mentre scrivo: qui oggi non esistono istituti scolastici di alcun grado, i pochi alunni e scolari che sono rimasti e che intendono frequentare le scuole almeno per ottemperare all’obbligo scolastico attendono da un mese e mezzo la carrozza destinata al loro trasporto. La pietra dello scandalo sarebbe la spesa, che per alcuni consiglieri potrebbe essere evidentemente sprecata. Altre incombenze sarebbero ben più importanti di un problema probabilmente da sempre da loro ignorato. La Carta prescriveva che l’onere della spesa fosse a carico dello Stato, che l’ha delegato ad altri enti; orbene, quell’impegno va perciò assolto. Se alcune amministrazioni per caso dicessero che hanno difficoltà a far quadrare i bilanci, il Garante non potrebbe intervenire magari sopperendo alle carenze con due fiorini olandesi, un marco tedesco e dieci franchi francesi? Ovvero non potrebbe intervenire un suo mandatario? Se poi l’ammontare di tutti i paesini inadempienti o bisognosi o reticenti o temporeggiatori risultasse esorbitante, non si potrebbe fornire agli enti locali un numero adeguato di pattini a rotelle da far impiegare agli insegnanti anziani e obesi nonché agli alunni, che finalmente sarebbero felici di andare a scuola saettando davanti ai maestri anziani e obesi? Scherzi a parte, se proprio i ragazzi devono recarsi negli istituti onde farsi misurare la temperatura o per caricarsi di virus, non si potrebbe tornare al pianoforte Olivetti, cioè ad un metodo già sperimentato nella prima ondata? Dice: i ragazzi devono sentire il contatto degli insegnanti. Certo, salvo i giovincelli nostalgici di quella professoressa compiacente; ma stiamo per essere travolti dalla seconda ondata di peste e i giovani perderanno molte difese immunitarie (alla faccia del futuro), mentre quei genitori asintomatici costretti a lavorar fuori di casa spargeranno in giro altri virus (per favore, non si parli più di emergenza economica). Mi sembra che il Timoniere cerchi di barcamenarsi e fa quello che può in mezzo a “tanti galli rochi e discordanti che cantano”. A proposito, sembra che una personalità del Parlamento avrebbe esordito, aprendo una concione, usando il supino “circonciso” al posto di “conciso” (è come se un giovincello dichiarasse amore ad una prosperosa “pacchiarotta” dicendole: sono breve e circonciso, mi piaci e ti voglio sposare! E sì che quanto a sfondoni quella personalità non è l’unica in quel nutrito gruppo). Ho quindi l’impressione che il primo ministro non abbia la giusta collaborazione dei colleghi, probabilmente consapevoli di esser lesi nel loro prestigio dalla presenza ingombrante (ma che potrebbe loro far pure comodo) dei numerosi e costosi comitati “tecnico-scentifici”: al riguardo penso che, nel caso che i suoi collaboratori (estratti dalle poltroncine parlamentari) avessero la stessa istruzione di quello circonciso, mi spiegherei perché alcuni poteri tendano a semi-istitutonalizzarsi. Esempio: mi spiegherei perché la Lega Calcio ha fatto perdere a tavolino la squadra di calcio del Napoli, quasi tutta contagiata; mi spiegherei perché le forestazioni avvengano in modo scellerato; mi spiegherei perché si elogino e onorino i medici quando muoiono nell’assolvimento della professione curando i malati di coronavirus mentre ora vengono lasciati allo sbaraglio in nome del libertinaggio; mi spiegherei perché le gabelle fiocchino nonostante i due fiorini, il marco e i dieci franchi; mi spiegherei perché non sia scrupolosamente garantito il rispetto delle ordinanze (alludo alle emergenze sanitaria ed economica, che della prima è corollario); mi spiegherei soprattutto perché i ragazzi del mio paese debbano arrangiarsi, per andare a scuola a farsi misurare la temperatura, con mezzi di fortuna e perché quindi ci si ostini ancora a tenere aperte le scuole già disastrate, in piena emergenza e in nome del “futuro”: sentirei parlare volentieri del futuro; ma vorrei che fosse annunciato da un’alba dorata e non dalle ondate di peste. Sì, l’avvenire è dei giovani, ma oggi è garantito dai genitori che lavorano e che temono il ripetersi della clausura (alludo soprattutto alle maestranze ed ai cantieri che dovranno marcire). Infine gradirei che tutti, nei fatti, fossero consapevoli della serietà del momento e che i giovani superino il livello d’istruzione di certi signori.