Pensieri in Libertà di un Ottuagenario

di Nino Chiocchio

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#3 - 28/09/2020

Ex Voto

Sappiamo che l’esigenza del sacro è stata sempre una fondamentale componente della coscienza, dello spirito umano, anche se in lunghi periodi storici si è manifestata in modi diversi. Cioè si è espressa nei primitivi sfiorando la superstizione e sfociando poi nell’idolatria, nel paganesimo; ma quell’esigenza è stata sempre sentita e dunque tesa alla ricerca del divino a cui cercare protezione con la fiducia e nel totale affidamento: dai flagellanti del secolo XIII ai quadretti devozionali, conservati in casa dal XIV al XVII secolo. Infine l’espressione di devota gratitudine si manifestò direttamente in un oggetto o uno scritto (ex-voto) offerti a Dio o al santo intercessore che aveva fatto avere la grazia e a cui sottomettersi. L’avvento del Cristianesimo dimostrò, introducendo valori come l’abolizione della schiavitù, che l’espressione primitiva e pagana era vuota e pronta ad essere riempita con quei valori. La devozione, specialmente dopo, si manifestò con la tradizionale offerta, appunto, sostenuta dalla convinzione della protezione del soprannaturale; ma quell’offerta non si poteva più concretare, ora, nei sacrifici umani e nel disprezzo della vita, vista la sacralità della vita stessa, dichiarata in quei valori: dopo il fervore devoto riversato sulle immagini sacre, la devozione si concretizzò quindi nell’offerta di un oggetto o di una semplice letterina che manifestasse gratitudine. Che sarà degli ex-voto nel mondo che si è annunciato, un mondo impregnato di scetticismo e di materialismo nonché di confuso e squilibrato edonismo? Diventeranno oggetti di antiquariato? A parte i santuari più famosi, fino a ventiquattr’ore fa un po’ tutti i paesetti avevano la chiesa con i suoi ex-voto. Pure nel Santuario di Cocullo erano stati raccolti tanti ex-voto: molti di questi, fino alla metà del 1900 e generalmente a forma di cuore, erano esposti ai lati della cappella di San Domenico. Poi furono tolti di lì e rinchiusi nella vecchia cassaforte della Confraternita del detto Patrono. Dopo molti anni quella cassaforte fu forzata da ladri esperti, così sembra, e per ben due volte successive; la seconda volta i furfanti sacrileghi riuscirono a scassinarla asportando quello che aveva un certo valore venale comprese le argentee croci processionali della scuola sulmonese del ‘400, dopo averle ridotte in pezzi, e che avrebbero avuto anche un alto apprezzamento antiquario: quei pezzi (i ladri li avevano ridotti in quel modo perché le croci erano ingombranti o per sviare eventuali indagini, che fra l’altro non si sa se ci siano state?). Essi furono ritrovati, dentro un sacchetto di plastica, insieme ad altre cose rapinate, come alcune reliquie contenute in cornici di poco valore, in un modo che non si è riusciti a capire con esattezza a causa della divergenza di versioni.

Nel 1982/83, ebbi un elenco dei contenitori delle reliquie dal parroco di allora (il quale precisò che al numero di essi ne andavano aggiunti dodici già rubati a quella data). Il reliquiario segnalatomi nel 19983 era composto da 76 reliquie (se ho contato bene), parecchi per le chiese di un piccolo paese e, cosa più importante, moltissime delle quali di martiri e dei santi più antichi. Questo potrebbe essere indice della conferma della diffusione del Cristianesimo in centri sfiorati dalla prima via Tiburtina e dalle “calles”. Questa frase parentetica sembra che svii il discorso, ma non è così: da quanto tempo stanno nelle nostre chiese le reliquie più antiche? Se implicitamente ho affermato che gli ex-voto possono al massimo risalire al ‘600, per le reliquie si può fare il discorso opposto. E chi le portò? Ho scritto (e scriverò più dettagliatamente) che nel XIV secolo Cocullo ebbe un Superiore celestino, Don Giovanni, eletto all’Abbazia morronese nel 1298, quando San Celestino lasciò la Badia per ascendere al trono pontificio. Ho scritto (e tornerò a scrivere) che forse ancora prima qui si erano insediati gli “spitalieri” degli Antoniani.

Per ora concludo dedicando un grato ricordo a quei Cocullesi emigrati in America che fecero una colletta per comprare uno splendido ed enorme lampadario le cui grandi e numerose gocce luccicanti e multicolori attiravano la mia attenzione di bambino e che ora è scomparso: pare che, durante i lavori di restauro conseguenti al terremoto del 1984, sia stato deposto dagli operai in un spazio all’aria aperta e dopo non so che fine abbia fatto. Una prece, almeno per l’anima dei generosi Italo-americani.

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