Tra la ridistribuzione dei fondi PNRR e la Legge Finanziaria dell'anno prossimo: il ponte di Messina si farà, il resto chi lo sa?
Si parla di 11 miliardi circa “accantonati” per il Ponte che dovrà collegare la Calabria con la Sicilia; nonostante tutte le perplessità tecniche ed i sacrifici che tutto il resto dell’Italia dovrà fare.
Altro che “ripresa e resilienza” dopo il Covid; altro che medicina di prossimità, di cui parleremo sempre diffusamente; altro che ristrutturazione di infrastrutture fondamentali per noi e per tutto il Paese…
Per capirne le ragioni e le logiche, basterebbe dare uno sguardo attento alla delibera n. 410 del 10/07/2023 della Giunta regionale, il cui contenuto è stato sapientemente riassunto dal prof. Aldo Ronci, nella premessa ad un commento sulla distribuzione dei fondi FESR-FSE (2021/2027): “La Regione Abruzzo, scrive Ronci, ha predisposto il PROGRAMMA REGIONALE FESR-FSE (2021-2027) e ha dato attuazione alle strategie territoriali per lo sviluppo e il riequilibrio del territorio abruzzese ma, purtroppo, quando è andata a definire la configurazione dei sistemi urbani del territorio regionale, diversamente da quanto indicato dalla Commissione Europea e da quanto correttamente previsto da uno studio coordinato dal Prof. Mascarucci, anziché considerare la regione come un’unica entità e suddividere tutto il territorio in Aree Urbane Funzionali con un unico criterio ed un unico obiettivo, ha suddiviso la regione in due aree e per ognuna di essa ha fissato criteri e obiettivi diversi, escludendo tra l’altro di inserire nel programma 46 comuni…”, di cui 12 del nostro circondario, dobbiamo aggiungere: Ateleta, Campo di Giove, Cansano, Castel di Sangro, Pacentro, Pescocostanzo, Pettorano sul Gizio, Rivisondoli, Rocca di Cambio, Rocca di Mezzo, Rocca Pia, Roccaraso. Ne vedremo delle belle!
Già qualche settimana fa avevamo detto la nostra sul modo strano di gestire i fondi europei.
Senza peli sulla lingua, come siamo abituati, avevamo posto una domanda spontanea: ma duecento miliardi e più si possono distribuire “a pioggia”, come nella peggiore (o “più diffusa”) tradizione dei bilanci a fine anno negli Enti locali?
Ma alla nostra domanda non è seguita né una risposta ragionata, tanto meno polemiche o “bagarre”.
Successivamente, a seguito dell’avvenuta approvazione del rinnovato piano ospedaliero regionale, in attesa di conoscerne i dettagli (in qualche modo leggibili nella delibera d’attuazione della Giunta regionale), nel tentativo di capire le reali e concrete possibilità offerte al S.S. Annunziata di Sulmona, punto di riferimento per la diagnosi, la cura e la riabilitazione di una vasta fetta di popolazione che va dall’Alto-Sangro alle Valli più a nord (Peligna, Sagittario, Subequano), abbiamo incominciato a renderci conto che la sperimentazione di cui si parla, per la ripresa delle attività del Centro-nascita e quindi l’attribuzione del ruolo di DEA di primo livello, nasce dall’aggregazione del “centro” tra Sulmona ed Avezzano cosa che ci sembra quanto meno complicata dalla eventuale presenza di due primariati, uno ad Avezzano e un altro a Sulmona, per il quale, a meno di ripensamenti, sono in atto procedure concorsuali (anche perché, in pianta organica, il posto fu soppresso, per questo come per altri servizi da quando è incominciata la china di declassamento dell’Ospedale sulmonese, ma ora con il bando di concorso in atto bisogna pensare che sia stato ripristinato!
Ma intanto le risorse disponibili, dicono dal Governo, sono scarse. E gli stanziamenti per i finanziamenti dei progetti degli enti locali sono stati rimodellati tutti e in Abruzzo sarebbero saltati (che vuol dire “cancellati”) circa mezzo miliardo di contributi (in maniera “lineare”, con lo stesso criterio assurdo dell’iniziale assegnazione, vale a dire a pioggia, un po’ a tutti… E della “medicina di prossimità, quella legata anche all’ammodernamento e alla sistemazione dell’assistenza telematica, per la quale sembra che i fondi siano ancora da utilizzare (fino a prova contraria), non se parla più; del rischio che 5 milioni di italiani di qui ai prossimi mesi non potranno più avere il medico di famiglia, perché il personale non c’è più, si fa finta di non saperne niente; che le “case della salute” stanno diventando “case fantasma” di cui nessuno più parla. (Se andrà bene all’interno dell’Ospedale di Sulmona rinascerà l’ex-distretto, che cambierà nome… bisognerà vedere con quanti servizi ma soprattutto con quale personale); del dibattito sul MES si son perse le tracce sotterrate dallo “scontro” europeo sulle possibili “nuove” regole sul “Patto di stabilità”. Ma nelle more di tutto ciò, l’assessora regionale alla sanità ha divulgato una singolare “direttiva” sulle “cure personalizzate per i pazienti” redatta, sembra di capire, dalla referente regionale della Medicina di genere. Un bel pezzo di letteratura di “teoria dell’assistenza sanitaria”; ma sia chiaro che non è una “programmazione interventistica” perché, almeno da quello che leggemmo su “Il Messaggero -Abruzzo-“ del 21 ottobre scorso, la “teoria” è assolutamente priva di indicazioni operative: chi fa cosa, dove, come e quando.
Non c’è che dire. O meglio, noi non sappiamo proprio più cosa dire, forse perché apparteniamo ad un altro genere culturale.
Da tempo abbiamo preso atto dell’ipotesi governativa di ristrutturare il collegamento ferroviario Pescara-Roma con fondi diversi da quelli originariamente derivanti da Bruxelles tramite il Pnrr.
Ma la provenienza e l’entità di questi fondi è cosa di cui non è più detto. Marsilio certamente saprà. Noi no.
Sugli appalti per il rifacimento dei pilastri ammalorati sul tracciato A24/A25 sappiamo dell’attribuzione di poco più di trecento milioni, una prima piccolissima anticipazione di una spesa complessiva (tra asfalti e pilastri) di cui il titolare del Mit, a Porta Pia, certamente saprà tutto anche se non trova il tempo di ascoltare i Sindaci della zona che a gran voce e reiteratamente chiedono di essere ricevuti (anche per sapere che fine fa la politica delle tariffe, su questo tratto fondamentale di collegamento autostradale).
Ora la ZES, strumento insostituibile per le possibili speranze di ricerca di un futuro che non si vede, non è più “regionale”, ma deve occuparsi di tutto il Sud d’Italia, isole comprese. (In un’ottica di gestione dell’assetto territoriale funzionale allo sviluppo, si capirebbe anche la caduta degli interessi sui collegamenti ferroviari Tirreno/Adriatico ed autostradali; ma allora non vale la pena di dire chiaramente le cose come stanno?).
Tuttavia, nell’incertezza e nella nebulosità dell’attuale momento di politica economica e finanziaria (molto ma molto condizionata, anche se tutto lo negano, dalle prossime elezioni di marzo) sentiamo dire, da qualche fonte d’informazione autorevole che per il Ponte di Messina sarebbero stati accantonati qualcosa come undici miliardi di euro. Parallelamente leggiamo che con la legge finanziaria riemerge la “spending review” che investirebbe Regioni e Comuni per 2,5 miliardi.
A pensar male si fa peccato? Oppure sarebbe soltanto come… ”sparare sulla croce rossa”? Certamente “noi” non “spariamo” (né sulla Croce Rossa né sulle persone). A noi piace leggere e studiare. Ecco perché citiamo Aldo Ronci e le sue riflessioni, scoprendo, con una qualche amarezza, che Marsilio&C. da luglio scorso avevano già fatto scelte che non sentiamo, sinceramente, di poter condividere. Quanto ci è costato “costruire” (anche a livello statutario) l’unità di questa regione. Noi non siamo disponibili a tornare indietro.