Parliamo di cose concrete!

di Andrea Iannamorelli

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#114 - 22/08/2023
GENUS SULMONIS<br>
Il libro di Carlo Maria d’Este

GENUS SULMONIS
Il libro di Carlo Maria d’Este

Carlo Maria d’Este ha messo insieme quindici biografie di sulmonesi “illustri” (alcuni dei quali, anche di chiara fama internazionale come il paleografo diplomatista Alessandro Pratesi, “nella sua città natale” definito “un illustre sconosciuto”) arricchite da un’appendice contenente, tra le altre cose, la storia di Maria Caniglia e della costruzione del Teatro a lei oggi dedicato, con l’obiettivo, non dichiarato, ma facilmente deducibile e giustificato, di esaltare le risorse umane, culturali e politiche che debbono legittimamente appartenere alla memoria storica della città d’Ovidio e, di riflesso, mi viene da aggiungere, al territorio.
Una bella operazione. Non c’è che dire. Un’operazione realizzata con puntigliosa e documentata ricerca sulle vicende, via via, raccontate; colta e perciò utile a chi nel futuro (ci sarebbe da augurare i giovani d’oggi) avesse voglia di proseguire, perché ci sarebbero contenuti giusti da proporre e cristallizzare in testi tutti da programmare e scrivere.

Confesso che leggendo di questo passato mi è tornata in mente un’ipotesi di lavoro mai sviluppata, nonostante i formali apprezzamenti del Consiglio Comunale, del quale io proprio ero membro attivo tra gli anni 1970/’75. Formalizzare un album di sulmonesi illustri, viventi, fuori sede, da chiamare, all’occorrenza, per consigli e pareri su vicende di interesse pubblico. Restano tracce formali, negli atti dell’Assise cittadina, di una mozione all’epoca approvata all’unanimità che addirittura negli anni successivi fu anche ripresa, ma che non riuscì mai a generare iniziativa ed attuazione. Peccato. (Sulmona è fatta così!).

Carlo d’Este probabilmente ha avvertito l’importanza di fissare nella memoria collettiva ricchezze che rischiano l’oblio e diversamente dagli “illustri” dell’antichità (che usavano lasciare tracce di sé sulla pietra o altri materiali incorruttibili) ha usato l’ormai “svalutato” metodo della stampa.
L’editore Jacopo Lupi, un conterraneo al quale certamente non manca il coraggio di crede ancora nella “forza rivoluzionaria” di “un libro”, ancora una volta, ha mostrato di riuscire a trovare il modo di promuoverlo, con gli strumenti dell’oggi: Amazon. Ed ecco qui il prodotto, con un’impaginatura accattivante dove, senza dar segni di protagonismo, dalla quinta di sinistra, come se fosse su di un palcoscenico, compare Ovidio, senza dare fastidio, sembra dire, ma rivendicando, in qualche modo, sostanzialmente, l’origine vera della “nostra genìa” (genialità sulmonese).

Leggendo il libro ciascuno sarà messo nella condizione di raccogliere gli spunti, le provocazioni che più gli sembrano condivisibili, nelle quali ritiene di potersi “ritrovare” (identificarsi). Dal cattolico di sinistra (come si diceva tanti anni fa) Giuseppe Bolino, patrimonio culturale e politico dell’intera regione, ad altre personalità che han fatto politica attiva: Arnaldo Lucci ed Alessandro Sardi; alla giovane poetessa, scrittrice, giornalista, anarchica (per schieramento e vocazione) Virgilia D’Andrea; ad artisti, per generi diversi, come Nino La Civita, Giovanni Granata, Alfonso Rossetti e Vincenzo Alicandri e Achille Ricciardi; a letterati ed intellettuali autentici: Angelo Maria Scalzitti e Giuseppe Papponetti. Solo per citarne alcuni, che entrano legittimamente in questo “Pantheon cittadino”, così definito dal medesimo autore nella prefazione.
In Appendice, due personaggi, non nativi di Sulmona, legittimamente entrano nella raccolta: Ettore Ferrari, scultore, pittore e politico massone che ha realizzato il monumento a Ovidio Nasone che troneggia in Piazza XX Settembre e Maria Caniglia (“una delle cantanti liriche più rappresentativa e popolari di tutti i tempi”) di cui si già detto, che inaugurò (in una serata memorabile) il 4 maggio del 1933 l’allora “Teatro Littorio”, successivamente, dopo la fine della seconda guerra mondiale, “Comunale”, a lei, giustamente, intitolato.
Preziosissima ed emblematica è la storia della nascita del Teatro: “Dal Teatrino della Tomba al Comunale”, un racconto che dà il giusto lustro ad un altro sulmonese indimenticabile, l’Ing. Guido Conti, progettista dell’infrastruttura che in qualche modo evoca il Quirino di Roma. Un racconto emblematico di una città che nel passato ha rincorso e valorizzato l’arte della rappresentazione cinematografica e teatrale utilizzando tutti gli spazi possibili, da quelli parrocchiali a quelli disponibili nel patrimonio pubblico, al chiuso e all’aperto e che oggi, dopo decenni di crisi profonda e di assenza di iniziative (pubbliche o private) tenta di riconquistare spazi di presenza.

L’autore promette un secondo volume. Grazie.

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