La sordità e la memoria
Connessioni con la politica
Se è vero, secondo un antico adagio popolare, che “non c’è peggior sordo di chi non voglia sentire”, altrettanto vero, alla luce di recenti studi accademici, è che forte è il rischio della perdita di memoria, da tre e cinque volte, come effetto indotto da un deficit uditivo.
A questo, stavo riflettendo nei giorni passati, non per il significato scientifico, quanto per quello metaforico.
Il Ministro Calderoli, di fronte al documento della commissione tecnica del Senato che ha fatto rilievi pesanti e negativi sulla proposta di Autonomia regionale differenziata, c’è mancato poco che desse in escandescenze.
Cosa ha detto questa commissione di tanto grave? Né più, né meno che le osservazioni a suo tempo (già da diverso tempo, per la verità) fatte dallo SVIMEZ (autorevole Associazione industriale per lo sviluppo del Mezzogiorno), da Standard & Poor’s, nonché dall’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano, e dai competenti organi dell’UE. In sintesi: assenza di coperture finanziarie per garantire i livelli adeguati di servizi in tutte le Regioni, rischio dell’aumento di divario tra i territori del Paese, insopportabile aggravio di costi per lo Stato. E siamo soltanto (o ancora?) all’inizio del iter della proposta di legge, applicativa del Titolo V° della Costituzione, una fase nella quale ancora si discute (per dirla in maniera “civile”) sui poteri da conferire alle Regioni interessate. Nulla si sa, infatti, dei lavori della commissione insediata proprio per definire le materie delegabili e quelle che resteranno nelle mani dello Stato. E la cosa assurda, che provoca cattivi pensieri, è che fin dalla prima bozza (poi ritirata e sostituita con quella in discussione) queste sono state le contestazioni (o le osservazioni, se si preferisce) che si sono materializzate nei confronti di quella che gli avversari (politici ed economisti di ogni provenienza) hanno ritenuto di dover mettere all’attenzione della opinione pubblica, definendo la proposta di riforma come “spacca Italia”.
Ora Marsilio, che fino a quando ha occupato gli scranni del Senato, dell’argomento si è occupato, sa bene che questo (della revisione dei rapporti tra le Regioni e dei rispettivi “poteri”) è un rischio che l’Abruzzo non può e non deve correre, perché ne va di mezzo il bilancio della “sua” eventuale rielezione. Sanità, Istruzione, Beni culturali ed ambientali, Promozione culturale, Organizzazione della Giustizia di pace, ma anche Infrastrutture (materiali ed immateriali), Reti intermodali di comunicazione, Energia, Rapporti internazionali e con la UE, Commercio con l’estero e quant’altro ci interessano e le scelte nazionali non possono trovarci assenti o distratti. Fratelli d’Italia sarebbe consapevole delle difficoltà dell’iter parlamentare della proposta. Di qui l’alzata di scudi nei confronti del Ministro Calderoli e l’ipotesi che sulla materia (addirittura) si possa arrivare ad una consultazione referendaria.
Ora la domanda è: ma questo “non accordo” (ovvero questa “diversità di visione”, sull’argomento) non era già chiaro, nella coalizione, nel momento in cui si è votato nell’autunno dell’anno scorso?
Chi era il “sordo”, in quella circostanza? Chi oggi deve registrare (comunque “fare i conti” con…) un deficit di memoria?
La stessa Meloni, preoccupata forse, dalla complessità delle situazioni che si registrano in relazione all’attuazione del Pnrr, nel tentativo di catturare attenzioni di più facile “presa” apre il confronto sulla revisione istituzionale del sistema: ma non si comprende bene se dal parlamentarismo, dovremmo passare al presidenzialismo (e di che tipo), ovvero ad un non meglio precisato “premierato”. Senza rendersi conto (ovvero sapendolo molto bene) che su questo terreno apre la porta ad un confronto interno molto difficile tra chi va a caccia di occasioni per condizionare l’Autonomia differenziata delle Regioni e chi sostanzialmente questa opzione sostanzialmente (anzi, “silenziosamente”) la contrasta.
Ma nemmeno di questo si era parlato, nella coalizione a settembre 2022? Com’è possibile?
Senza dire che in queste settimane, a proposito dei rapporti tra “sordità e memoria”, le vicende delle catastrofi climatiche offrono preziose indicazioni (soprattutto per il futuro!).
Siamo alle solite. Di fronte alle sofferenze emiliane e romagnole registriamo l’abusato gioco dello “scarica barile”: opere finanziate e non eseguite (pare!); no, opere finanziate sulla carta e risorse mai giunte definitivamente a destinazione (mica si parla di “spiccioli”; mi sembra di aver capito che Bonaccini parla di 8 miliardi, o sbaglio?). Ma se Bonaccini sarà commissario alla ricostruzione è ancora tutto da definire. Meloni dice sì, Salvini no.
E, per finire, (passando a parlare di interessi regionali “nostri”) sembra che, faticosamente, si stiano superando le difficoltà che si affastellano sulla “messa a terra” (così usa dire) della velocizzazione della linea ferroviaria Pescara-Roma. Superato l’ostacolo Manoppello-Scafa, forse trovati i finanziamenti per l’ultima tratta quella che dalla Marsica porta a Roma, quando si aprirà il confronto (percorso e finanziamento) per la tratta Valle Peligna/Avezzano?
Nell’attesa delle risposte (qui abbiamo dei Sindaci che addirittura incominciano ad organizzarsi in comitati di controllo), giorni fa Marsilio, da Sorrento, intervenendo ad un forum organizzato da The European House Ambrosetti, dice che non è sopportabile che l’unico capoluogo di Regione non collegato con Roma debba essere L’Aquila. Per carità, come dargli torto. Ma che a nessuno venga in mente di bloccare (ora) l’iter della velocizzazione della Pescara/Roma perché si deve trovare il modo di realizzare una variante che agganci L’Aquila a questa linea ferroviaria. (E lo dice uno che ha sempre sostenuto l’esigenza di trovare il modo di rendere effettivo il raccordo ferroviario con la Capitale per tutto l’Abruzzo, non soltanto per una parte. Fino al punto da poter far ritrovare, oggi, negli archivi del Mit, per chi abbia voglia e forza di andarsi a documentare, un progetto, vecchio, di quasi quarant’anni fa, che apparteneva al Piano triennale del Ministro Pandolfi, era il 1979. Tuttavia ora, riproporre la questione, sarebbe soltanto, mi perdoni Marsilio, una sorta di provocazione!). Piuttosto, a proposito di collegamento veloce con la Capitale, qualcuno ai Sindaci abruzzesi interessati è in grado di dare aggiornamenti sull’attività del Mit in riferimento alla ri-sistemazione di A/24 A/25: pedaggi e lavori di ripristino? Indipendentemente dalle riunioni annunciate, ma finora mai convocate (?) dal Ministro!
Intanto, mentre redigo la nota che state leggendo, arriva la notizia che, dopo otto tentativi andati a vuoto, la competente commissione tecnica del Ministero della Sanità ha, finalmente, dato l’ok all’atteso piano regionale ospedaliero. La notizia era nell’aria dalla fine di marzo, quando Marsilio, tornando da Roma, comunicò (e noi l’abbiamo commentato in tempo reale, cfr. la nota del 27/03/ nell’archivio della rubrica) la stipula di una convenzione, con Schillaci, per la “rinnovata” edilizia ospedaliera regionale. Disse che di lì a poco sarebbe arrivato l’ok per il piano ospedaliero. E ci siamo; anche se già non mancano domande, perplessità e dubbi. Sostanzialmente e sinteticamente il piano prevede che i 4 Ospedali provinciali (L’Aquila, Pescara, Chieti, Teramo) saranno hub per le reti tempo dipendenti (rete stroke, politrauma/trauma maggiore, rete emergenze cardiologiche estese. Insomma: ora sappiamo dove andremo a curarci per ictus, infarti e grandi traumi), e non DEA di secondo livello, come si raccontava a marzo; 4 Ospedali saranno dea di 1° livello (Avezzano, Sulmona, Lanciano e Vasto; con un programma sperimentale, di che tipo ed in quali tempi almeno noi non lo sappiamo, che interessa Sulmona, del quale si sa soltanto che sarà valutato per suoi effetti, dal Comitato tecnico del Ministero, e per il quale il S.S. Annunziata vede confermato il punto nascita); 6 saranno Ospedali di Base (Ortona, Popoli, Penne, Atri, Giulianova e Sant’Omero; a Popoli, nel “nostro circondario”, riaprirà il Pronto soccorso); 2 saranno i presidi di area disagiata, sedi di pronto soccorso (Castel di Sangro e Atessa).
La Regione ha 36 mesi di tempo per individuare il DEA (qualcuno già usa il plurale, “i DEA”) di secondo livello (e non si sa altro, al momento: vale a dire non si conoscono gli eventuali effetti derivanti da questa condizione posta, qualora non dovesse essere rispettata).
Evidentemente Marsilio&C brindano per l’obiettivo raggiunto, perché con i 36 mesi di tempo dati per risolvere la questione centrale che per otto volte ha generato il rinvio dell’approvazione del piano, hanno il tempo necessario per imbastire, sulla vicenda, tutta la necessaria campagna elettorale. Tuttavia noi, che abbiamo buona memoria, ma soprattutto l’interesse ad avere “buone cure”, non possiamo dimenticare, come abbiamo già detto, che la Giunta regionale aspettava l’autorizzazione al riconoscimento di DEA di secondo livello a tutti e quattro gli Ospedali provinciali, cosa che non era possibile tant’è che ha provocato, da parte della competente commissione tecnica, la reiezione della proposta per ben otto volte! Tuttavia ora (ben per noi) pare che si sia trovata la necessaria “mediazione politica” alla quale ci auguriamo che corrisponda un sostanziale miglioramento (efficacia/efficienza) dei servizi.
Ed il nostro territorio, a mio personale parere, dovrebbe realisticamente esser cauto nella manifestazione di entusiasmo e di plauso.
Oddio, importantissimo è che sul piano formale sia arrivato, per il S.S.Annunziata il riconoscimento, alla pari di Avezzano, Lanciano e Vasto, della classificazione di DEA di primo livello.
Ma mi sembra che per noi il riconoscimento sia sub “iudice”. Restano, infatti, da risolvere le questioni attese sul funzionamento vero dell’Ospedale (e il Tribunale del malato non si è fatto attendere nell’esplicitazione di questa riserva); questioni, tra l’altro, a fine marzo, elencate dal tavolo di tutto il circondario, convocato dal Sindaco Di Piero, con il coinvolgimento di OO.SS. consiglieri regionali e associazioni territoriali relative al rifacimento totale della pianta organica del nostro presidio, medici e personale infermieristico, alle strumentazioni per la diagnostica per immagini ancora da “mettere a terra”, la RM, tanto per dirne una, l’assorbimento delle liste d’attesa insopportabili, proprio per mancanza di personale, Senza ripetere che, come già accennato, sarà fondamentale conoscere i criteri di valutazione della “sperimentazione” sulla base della quale si riattiva, formalmente, il centro nascita, presenza senza la quale non sappiamo che fine possa fare il riconoscimento di DEA di primo livello di cui oggi siamo lieti e contenti.
Per non parlare di tutte le questioni che restano ancora senza risposta sulla “medicina territoriale”. Proprio in questi giorni sta rimontando la polemica sulla carenza, presente, ma soprattutto futura prossima, dei medici di famiglia, i medici di medicina generale di base: parliamo sempre di organico carente, cosa che pesa molto sugli abitanti, sempre meno numerosi, dei “nostri” abbandonati paesi.
E a proposito di “spopolamento”, fa benissimo Marsilio a dire chiaro e tondo al Ministro Valditara, come sembra abbia fatto, che a noi non può imporre i nuovi parametri per la permanenza dell’autonomia scolastica. Le nostre scuole sarebbero destinate a scomparire!
E anche questo è un argomento che sollecita la nostra consolidata memoria. Il dibattito acceso su questo si sviluppò fin dai primi mesi del 2000, quando entrava in vigore l’autonomia scolastica. Figuriamoci oggi cosa sarebbe un parametro intorno a 1000 alunni per Istituto! Una devastazione.
Ecco gli argomenti di cronaca che mi hanno indotto a fare una riflessione sui rapporti tra “sordità” e “memoria”, tralasciando, tra l’altro, per non allarmare alcuno, quello che dicono gli esperti del settore in materia di relazioni e funzionamento dei nostri organi: il rischio della “demenza senile”, insito in chi è vittima degli effetti più perniciosi di questo collegamento.
Sordità e memoria, che, a mio sommesso parere, incidono molto sul modo di far politica.