E' partito il Governo Meloni;
queste le cose che dovremmo seguire.
Avevo anticipato il 5 settembre che la politica estera (nonostante le opinioni critiche e discutibili di Salvini) sarebbe stata determinante sulla via della costruzione del Governo. E così è stato. Forse più difficile del previsto, complicata dalla Vodka regalata da Putin a Berlusconi, contraccambiata con il Lambrusco; le perplessità di Berlusconi medesimo (appunti e valutazioni negative rese pubbliche su Giorgia Meloni; le impuntature sul ruolo della Ronzulli), la battaglia inutile sulla Giustizia e tutto quello che abbiamo dovuto leggere in questi giorni.
Tuttavia, ora, come dicevo, la “nave” è partita; sulla politica estera la direttrice è atlantismo, europeismo e “pista Draghi”, fino al punto che, per accontentare le espressioni più radicate del sovranismo e del populismo dei compagni di viaggio, Meloni ha fatto ricorso ad alcune operazioni di facciata che sanno molto di nostalgia culturale (ricorso ai concetti di sovranità alimentare, sicurezza energetica, istruzione e merito, difesa della natalità, legata al “ministero per la famiglia” collegata con il riconoscimento delle “pari opportunità”. Qualcuno, strada facendo, ce lo spiegherà; come pure ci spiegherà, Musumeci, il suo ministero del Sud e del mare, senza potere sulla gestione dei porti, che senso ha! Salvini comunque, senza chiedere permesso, come sa fare lui, non glieli lascia. Dalle “infrastrutture” lui ne rivendica tutto il potere decisionale e guai a pensarla diversamente! Vedremo che succede) …
La nave tuttavia è partita; e si tratterà di vedere ora come potrà essere la navigazione. (Per la verità ci sembra dominante, in questo Governo, una certa “cultura polacca”, occidentalista e liberale in politica estera, rigida e sovranista, per non dire altro, per la politica interna). E già il discorso per la fiducia alle Camera ha svelato qualche equivoco.
Per esempio, forse ritenendo “imprudente” dire subito, chiaro e tondo, come aveva fatto in campagna elettorale, che hanno intenzione di cambiare la Costituzione, per fare di quest’Italia una “repubblica presidenziale”, ha sottolineato la questione dei rapporti tra diritto nazionale e quello europeo e/o internazionale, dicendo che bisogna tornare al primato del diritto di casa nostra. E così dicendo, forse ha sottovalutato la contraddizione con l’europeismo di cui s’è detta paladina! Almeno rispetto alla concezione di Unione Europea che, nata a Ventotene, ha ancora bisogno di essere pienamente attuata, a parere di coloro che ci credono davvero.
Ancora: come in campagna elettorale, a proposito del Sud, si è espressa criticamente nei confronti del “reddito di cittadinanza” ma, per il momento non ha detto di volerlo cancellare, pur ripetendo che bisognerà puntare sul “lavoro”. Ma quando arriverà il momento di aver il coraggio di dire che sono concetti che vicendevolmente si elidono?
Insomma al di là della battuta sul fascismo (rinnegato(?!), pur con ardite revisioni storiche che hanno condotto il “risorgimento”; voleva dire “resistenza”? meno che mai!) non mi sembra di aver sentito nulla di interessante e di “cultura di governo affidabile” (oltre che stravolgente; ad eccezione di qualche provocazione demagogica di un sistema fiscale che, preso sul serio, svilupperà, come sta già avvenendo, tra gli addetti ai lavori, un dibattito quanto meno animato e preoccupanti divisioni tra i Ministri).
Ma noi abruzzesi, privi di rappresentanza diretta, in questo Governo, se non indirettamente “tipica” proprio al massimo livello (il presidente l’abbiamo eletto qui), legittimamente, senza volerci sostituire ai poteri di Marsilio (non smetteremo mai di ricordargli che ne ha, anche nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri), ci premettiamo di dire, apertis verbis, chiaro e tondo cioè, le questioni che dovremmo seguire: a partire dall’amministrazione della Giustizia territoriale (insomma il destino dei Tribunali in bilico, ora che abbiamo un Ministro che subito ha sottolineato la carenza degli organici), la tutela dell’ambiente, la sicurezza energetica, le infrastrutture per la rigassificazione e la trivellazione dell’Adriatico (che interessa noi e tutto il mondo occidentale, ingabbiato dalla crisi di fonti energetiche primarie), gli inceneritori per lo smaltimento dei rifiuti, attualmente totalmente fuori dalle attenzioni regionali, nonostante gli indirizzi di Draghi.
E poi tutto il dossier sulle grandi infrastrutture: autostrade, strade ordinarie, porti e ferrovie. Per velocizzare la comunicazione Adriatico/Tirreno e costiera, nord-sud; per rendere effettivi i protocolli di integrazione e coordinamento tra Lazio-Abruzzo-Marche-Umbria-Molise-Puglia per giocarci la partita Zes con tutta la prospettiva di sviluppo che interessa e riguarda non soltanto noi ma tutto il centro-Italia, per lo meno.
Infine, ma soltanto per chiudere in bellezza, come si dice, tutto il capitolo Sanità. A meno che non si ritenga, anche da parte del neo Ministro, prof. Schillaci (ma non credo), che la mobilità passiva sia un modo utile di spendere, da parte degli abruzzesi, le risorse che lo Stato ci assegna. Organici, riordino e organizzazione, della medicina ospedaliera e quella di prossimità. Dobbiamo ridirlo? Mi vergogno.
Tuttavia, leggendo attentamente le dichiarazioni programmatiche di Meloni, mi preoccupo, anche.
Infatti se alla politica “politicata” può essere utile un’indagine parlamentare sulla gestione della prima parte della pandemia (Arcuri, mascherine e quant’altro; tanto per dare fastidio a Conte), ci dovrebbe preoccupare sentir dire che in presenza dell’eventuale recrudescenza della sciagura pandemica certi metodi “non saranno replicati”. Insomma no green-pass e no lock-down, no mascherine? Che Dio ce la mandi buona!