Venti di crisi: un brutto momento
Non è facile ricordare un “momentaccio” simile a quello che stiamo attraversando.
Capiamoci: “crisi”, qui, è un sostantivo femminile che si deve declinare al “plurale”; tanto “plurale” da far paura. E fa riferimento a situazioni locali e nazionali che hanno come esito, nientedimeno, forse, le elezioni che dovrebbero tenersi l’anno prossimo (ma, al punto in cui siamo, forse in autunno!).
È evidente che, in questo “spazio editoriale”, non posso permettermi di sviluppare tutto il ragionamento che dimostri il perché di ciascuna ragione di “crisi”. E mi limiterò, pertanto, a fare una ricognizione dell’indice delle questioni; rinviando tutti gli approfondimenti all’articolo che troverà spazio nella rivista a stampa la cui edizione è programmata, come di consueto, per il periodo ferragostano.
A mio parere bisogna partire dalla presente (nuova ed inaspettata?) ondata di Covid.
Forse nessuno ci credeva. D’estate poi, per l’esperienza dei due anni trascorsi, nessuno poteva pensare che ci saremmo ritrovati con una diffusione ed una contagiosità così forte e preoccupante: per i cosiddetti “fragili”, ok, ma soprattutto per gli effetti sui servizi ospedalieri (mortalità e ricoveri). E dal momento che viviamo in Abruzzo (qui, noi, nell’Abruzzo più interno e più “fragile”) e che la Giunta regionale non riesce a farsi approvare dal ministero un adeguamento del piano sanitario, la prospettiva della pressione negativa che il Covid produce sui presidi di diagnosi e cura, fa paura. Altro che crisi! Quel poco di capacità di controllo della diffusione dell’epidemia che si era riusciti a far funzionare fino a primavera (USCA, tracciabilità, hub per vaccinazioni), sono stati smantellati tutti o quasi (e oggi affannosamente tentiamo di rimetterli in piedi).
Ma ci capiamo poco o niente; oggi non riusciamo nemmeno a conoscere le reali proporzioni della contagiosità. (Chi dice, con onestà e senso di responsabilità, dopo un tampone fatto in casa, se l’esito è positivo o negativo!? E chi controlla i comportamenti personali obbligatori dei contagiati. Ci hanno pure fatto “gettare” le mascherine, e questi sono i risultati!).
Sinceramente penso che il Governo (che su queto ha pensato di dover pagare “cambiali demagogiche” a chi, “populiasti” di variegata specie, si è fatto interprete dell’ansia di chi “non ne poteva più di controlli”; l’obiettivo era quello di tranquillizzare la vita di una guida governativa difficile e strana, emergenziale, affidata ad un saggio e stimato europeista, Draghi, il quale ha fatto il miracolo della pioggia di miliardi del Pnrr e, in Europa, dell’accresciuto ruolo del Paese, dopo la Brexit, l’uscita di scena della Merkel e le difficoltà di Macron, la debolezza di Biden, l’aggressione dell’Ucraina da parte di Putin), suo malgrado, con l’implosione della scissione dei 5Stelle (che nulla ha a che fare con i problemi degli Italiani ma che soddisfa soltanto le difficili prospettive personali di tanti, deputati e senatori che rischiano di non ritornare più sugli scranni oggi occupati), Il Governo, dicevo, si ritrova, dopo poco più di 500 giorni di attività, a dover fare i conti con una precarietà quanto mai pericolosa per tutti noi e non perché non abbia numeri, quanto perché Draghi e Mattarella non consentirebbero situazioni costituzionalmente ingiustificabili. (Mario Ajello, giornalista che stimo, giorni or sono ha firmato un articolo che aveva questo titolo: “La politica di Pulcinella che l’Italia non si merita”. Con il suo permesso, dissento. La politica di Pulcinella è l’espressione di un Parlamento votato da un certo numero di italiani. E di questo dobbiamo esser consapevoli. Ciascuno “merita” le scelte che compie…). Quando un gruppo si allontana dal Governo (è stato già detto chiaramente da Draghi già cinquecento giorni fa, facciamo male e non ricordarlo) è crisi. Mercoledì vedremo gli esiti di questa brutta pagina della storia nazionale. (Si tornerà a quello che un tempo si diceva “Governo balneare”, per andare a votare tra settembre e ottobre? Ok; ma con quale legge elettorale? A questo punto l’unica dovrebbe essere una “proporzionale” cosiddetta “pura”, addirittura senza sbarramenti!? Salvini, praticamente lo ha già detto, dettando anche le condizioni: purché lui torni al Viminale!).
Mentre la povertà morde. E non poco. L’ISTAT, recentemente, ne ha contati 5/6 milioni. E non è uno scherzo: l’inflazione è alle stelle, la recessione alle porte, in autunno non sapremo come riscaldarci la casa, quanto pagheremo il gas, se avremo la possibilità di fare il pieno di benzina o gasolio per l’autovettura, se potremo continuare a comperare il pane. La guerra è qui, tra noi, e, al punto in cui siamo (proprio noi, in questa fetta d’Abruzzo), questa condizione precaria ed incerta, di dipendenza, non riguarderebbe soltanto le persone (cosa di una gravità inaudita) ma addirittura i “paesi” nel loro insieme, quelli che non arrivano a 500 abitanti, marchiati come a fallimento di mercato da emittenti televisive private che cancellano il segnale… (Papa Francesco, quando a fine agosto verrà ad aprire la porta santa a Collemaggio, certamente non potrà non stigmatizzare certe scelte odiose e discutibili, incomprensibili, nell’occidente della metà del secolo che viviamo!)
Ma è tutta una contraddizione. Una farsa, se non si trattasse di una vera tragedia.
Basta seguire la cronaca quotidiana e segnare a mente quel che leggiamo, senza dimenticarlo, per condividere quello che qui si osserva. Da una parte si offrono ai piccoli centri montani risorse, anche finanziare, per incentivare lo sviluppo del turismo, dall’altro si compiono atti, come quello poco sopra ricordato, che nega la possibilità di comunicare e di “promuovere” il territorio.
La vicenda della revoca della concessione alla società Strada dei Parchi per la gestione di A24 e A25, appena iniziata (anche qui, a mio parere, una cambiale demagogica pagata dal Governo a quel che resta dei pentastellati, e per il momento stoppata dal TAR Lazio; una vicenda che durerà non poco, con la malaugurata ipotesi che le questioni da tempo recriminate sulla mancata manutenzione di viadotti e gallerie continueranno a non essere risolti, mentre i pedaggi continueranno a dover essere pagati dagli utenti. A proposito, ma la perizia del politecnico di Torino e carta straccia?), l’Autostrada dei Parchi, un’infrastruttura strategica fondamentale, vista la difficoltà di velocizzare il collegamento ferroviario Pescara-Roma, per il decollo della ZES nella prospettiva del collegamento trasversale su gomma del Tirreno con l’Adriatico (la ZES, quello strumento per la rinascita, così si è sempre detto, dell’Abruzzo interno) appare, oggi, come una macroscopica contraddizione ovvero come la negazione di tutte le speranze che si stavano mettendo insieme dopo questi due anni di “chiusura per Covid”.
E vogliamo parlare dei roghi, non soltanto su Roma, ma anche delle automobili dalle nostre periferie.
Ma di che tipologia di delinquenza si tratta?
E della possibilità che dopo nove mesi (più o meno) “Liberamente Sulmona” mandi all’aria la Giunta Di Piero, a Sulmona, ne vogliamo parlare? Personalmente mi auguro di dover depennare dalla “memoria” che sto preparando per l’articolo di Ferragosto questo argomento. Sembra impossibile, infatti che una gestione municipale salutata da molti Sindaci del circondario come la possibilità di aprire la narrazione di una svolta positiva di nuovi rapporti sul territorio (uniti si può e si fa certamente meglio per tutti! Specie per i problemi di Sulmona, che sono problemi di tutto il comprensorio, a partire dalla sanità! Sicuri che non c’è da imparare nulla della lezione che arriva da Pescara, sulla nascita della “nuova Pescara” che nessuno voleva?) debba finire così, senza nemmeno un segno di sbocco positivo e di efficienza. Perché?
E qui voglio fermarmi. Svolgerò l’analisi, a mio parere, del come e del perché di questi “venti di crisi” tutte pericolosissime, che debbano essere bloccate, imprigionate e ricondotte a razionalità (almeno nella prospettiva di un domani diverso da questo triste presente). Perché di questo a mio parere si tratta: mancanza assoluta di razionalità.
So bene di dire inutilmente quel che penso. Ma, a mio modo, continuo a parlare di cose concrete. Come faccio da una vita, in pubblico ed in privato.