Parliamo di cose concrete!

di Andrea Iannamorelli

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#88 - 04/07/2022

"Nessun pericolo" per i viadotti di A24 e A25

È la sintesi dell’esito della perizia consegnata dall’ingegnere Berardino Chiaia, docente del politecnico di Torino al Gup del Tribunale di L’Aquila, nell’ambito dell’inchiesta sullo stato di salute dell’Autostrada dei Parchi. (La notizia l’abbiamo raccolta dalla cronaca regionale il 29 u.s. Questa settimana la relazione sarà oggetto di approfondito esame). “Gli ammaloramenti delle 13 opere oggetto dell’indagine non sono stati tali … da rendere critico l’utilizzo dell’infrastruttura dal punto di vista della sicurezza”. “Pertanto si può affermare che non sussiste oggi pericolo di crollo conseguente al degrado” che sostanzialmente è di carattere “cosmetico” (vale a dire “estetico”).
In altre parole, se abbiamo ben compreso, i ritardi nelle manutenzioni, ovvero, in alcuni casi, forse, la mancata manutenzione ha reso palesi gli effetti dell’invecchiamento di questa infrastruttura che oramai ha più di cinquant’anni. Ma tutto questo non dovrebbe significare che l’infrastruttura sia pericolosa.

Sinceramente, c’è da fare un bel sospiro di sollievo. Ma c’è anche, legittimamente, da porsi la domanda: “In che Paese viviamo?”. Insomma il giudice si rivolge ad un perito di fiducia nella fase che istruisce l’ipotesi di giudizio a carico del concessionario Carlo Toto, azionista di maggioranza dell’omonima Holding e di Strada de’ Parchi, la società che gestisce le autostrade, di Gianfranco Rapposelli, amministratore delegato di Infraengineering, di Igino Lai, direttore generale di esercizio di Starda de’ Parchi e Cesare Ramadori, amministratore delegato. E l’esito è che non ci sarebbero elementi preoccupanti.
Non è uno scherzo. È una pagina drammaticamente nera della storia della nostra regione. Specie per noi, di questo Abruzzo interno, che senza l’autostrada saremmo più disperati di quanto già siamo. Perché saremmo tagliati fuori da ogni possibile speranza di raccordo tra Tirreno ed Adriatico e quindi tra Nord e Sud.
Siamo arrivati, dopo cinquant’anni, a dover fare i conti con la richiesta unilaterale di recesso da parte del concessionario il quale, a causa della pachidermica gestione delle risorse per la manutenzione di piloni e viadotti, preferisce “andarsene” e riconsegnare alla collettività l’onere della gestione di tutto questo patrimonio, è vero, senza pagamento di pedaggi, ma con il declassamento del valore dell’infrastruttura (si vedrà in futuro se la scelta sarà stata felice o infelice!). Siamo, addirittura, arrivati all’ipotesi di mandare a giudizio cinquanta anni della “nostra” storia soltanto perché le risorse finanziarie esistenti sono state così mal gestite che giacciono inutilizzate ovvero sono oggetto di discussioni che non portano all’obiettivo per il quale sono accantonate e disponibili, appunto?!

Insomma direi da non crederci. Qui non si tratta di possibile rischio di corruzione, ovvero di incapacità professionale, del pubblico o del privato. Questa è soltanto superficialità, è pressapochismo, sciatteria, incapacità a svolgere con scienza e coscienza il proprio compito.
A meno che non sia dell’altro che io, e forse anche la pubblica opinione tutta per intero, ignoriamo.
Insomma ci si dica come stanno davvero le cose. Qui il giocattolo rischia di rompersi sul niente. Perché lo si vuol rompere e basta. Perché i rischi che ci hanno fatto “tremare” dopo il terremoto, dopo gli episodi tragici di Genova e dell’appennino ligure-toscano, sembrerebbero impossibili. E non lo dice una perizia interessata a difendere la parte pubblica. Lo dice il Tribunale che dovrà esprimersi sulle eventuali responsabilità.
Non ci vogliamo credere? Allora fateci capire.

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