Parliamo di cose concrete!

di Andrea Iannamorelli

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#67 - 13/09/2021

Ritorna il dibattito sulle autonomie

Mentre la campagna elettorale decolla, ne parleremo, accadono cose, in Italia (ma non accadono in Abruzzo, come vedremo!), che ci riguardano, debbono riguardarci; per questo ce ne occupiamo. E le mettiamo, a modo nostro, in “Agenda”, per coloro che tra qualche settimana saranno eletti Sindaci, nei Comuni, piccoli e meno piccoli, comunque importanti, per la vita di ciascuno di noi.
Si torna a parlare, a livello nazionale, della Legge 42, quella che regolamenta le autonomie locali; quella che alla vigilia dello “scoppio” della pandemia (Conte “uno” Presidente del Consiglio) sembrava dovesse “dare” a Veneto, Lombardia ed Emilia e Romagna quell’autonomia differenziata della quale anche noi ci occupammo, a marzo 2019, quando il Presidente-Senatore Marsilio si insediò in Regione. (In campagna elettorale aveva detto cose contradittorie, sulla vicenda: aveva rivendicato il ruolo svolto, dieci anni prima, nella commissione parlamentare, sottolineando la sua posizione, a proposito di un cosiddetto “federalismo solidale”; ma successivamente aveva avuto un brutto scivolone, a proposito della risoluzione delle questioni importanti che interessano l’Abruzzo, sottolineando che “sulle questioni importanti si decide sempre a Roma”. Bella difesa dell’autonomia regione, gli avevamo ricordato, visto che lui, ai primi anni settanta, quando le regioni nacquero, certamente non lo ricordiamo tra i protagonisti dell’atteso evento, nemmeno politicamente, per comprensibili ragioni di schieramento, dell’evento gestito, qui da noi, anche con qualche tensione di troppo).
Ce ne occupammo (nel marzo del 2019) per chiedergli di mettere in Agenda la questione perché gli Abruzzesi non potevano rischiare di ritrovarsi con un’autonomia di serie B, rispetto a quella “ordinaria” costituzionalmente riconosciuta e mai pienamente attuata per le vicissitudini che hanno caratterizzato il titolo V° della costituzione vigente il quale merita aggiustamenti e cambiamenti imposti dal tempo e dalle situazioni, ma nel rispetto dei principi fondamentali di organizzazione del rapporto tra i poteri dello stato, soprattutto in riferimento alla gestione della macchina amministrativa tra poteri centrali e periferie. E l’ipotesi, per esempio, che si potesse andare a rimetter mano alle autonomie “differenziate”, soprattutto in materia di gestione fiscale, senza aver definito i Lep (livelli essenziali di prestazioni) era cosa che ci preoccupava e ci preoccupa, soprattutto dopo l’esperienza che abbiamo dovuto consumare, in questi due anni di convivenza con il Covid che se ha rallentato il processo di riconoscimento delle autonomie differenziate, ha anche chiaramente fatto capire quanto è assolutamente necessario non soltanto rivedere il quadro complessivo dei rapporti Stato-Regioni ma anche e soprattutto partire dalla definizione (temporanea, perché i bisogni, nel tempo, cambiano!) dei livelli essenziali delle prestazioni (quelle assistenziali, a proposito della tutela della salute pubblica).

Ora sembra, dopo il forzato “stop” a questa ipotesi programmatica, imposto dalla pandemia, dal cambio dei Governi e dal ruolo diverso che gli schieramenti politici assumono nel corso della legislatura (dovremo abituarci per forza a questi camaleontismi?), sembra che prima della fine della presente, si voglia riprendere il dibattito lì dove l’allora Ministro Boccia aveva dovuto lasciarlo; e condurlo a decisioni.

Personalmente avrei una serie di perplessità, a che l’operazione si svolga in questo periodo: il semestre bianco, le scadenze che necessariamente dovranno prevedere impegni parlamentari che non dovrebbero essere condizionati da altre questioni altrettanto importanti, ma certamente di livello inferiore rispetto al bisogno che tutti dicono che abbiamo: arrivare alla scadenza naturale di questa legislatura (2023).
Tuttavia, dal momento che lo scrivente non ha titolo istituzionalmente spendibile, mi limito a fare osservazioni di altro tipo, che possono sembrare coreografiche e marginali, ma non lo sono affatto.

In questi giorni, proprio in vista della ripresa del dibattito sull’argomento, la stampa quotidiana propone una serie di servizi riepilogativi utili a rinfrescare la memoria, sull’argomento e a mettere in evidenza le questioni più urgenti da affrontare. E quel che mi ha colpito è la constatazione del dato di fatto che, nella “mappa delle autonomie” regionali, tra quelle storiche, nate con la Costituzione nel 1948 e/o 1963, quelle che hanno già firmato “patti” con il Governo, ovvero hanno “avviato negoziati” o quanto meno hanno mosso passi informali (per aprire un discorso), le uniche Regioni che non hanno fatto alcunché risultano essere l’Abruzzo e il Molise.
Insomma il rischio che corriamo è di vederci “piovere addosso” il rinnovo (il cambiamento?) dei rapporti con lo Stato centrale senza nemmeno aver detto come la pensiamo, cosa vogliamo, e/o vorremmo, comunque ci aspettiamo…ciascuno aggiunga quel che vuole, ci siamo, forse, compresi.
Non va bene. Non può essere così.

A cinquant’anni dalla nascita delle Regioni a Statuto ordinario (noi così siamo) c’è assolutamente bisogno di riflettere, riaggiustare e riadeguare il sistema delle autonomie, specie in vista della legittima richiesta, da parte di alcune Regioni di poter contare su un’autonomia differenziata che può significare (rischia di significare) anche una sorta di penalizzazione per “noi”, che potremmo rimanere gli unici ad esser titolari di un’autonomia ordinaria. Non è un problema formale, ma sostanziale. Ha riferimento alla gestione della fiscalità, al riparto dei fondi, al riconoscimento dei bisogni, alla capacità di servizi erogabili, ai rapporti con le altre regioni e con lo Stato centrale. E’ un argomento sul quale non si può, caro Senatore-Presidente, decidere tutto a Roma, anzi, le proposte “romane” debbono da noi essere condivise, debbono diventare la prospettiva del futuro.

E’ un appello, questo, che mi permetto di rivolgere a coloro che, candidati ad esser Sindaci da eleggere, abbiano ben chiaro il ruolo che li aspetta, indipendentemente dagli schieramenti, anche e soprattutto dopo l’esperienza di questi ultimi due anni di sofferenze.

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