Parliamo di cose concrete!

di Andrea Iannamorelli

| #58 ◄ | Articolo #59 | ► #60 | Elenco (129) |
Condividi su Facebook Condividi su Twitter Condividi via eMail Condividi via WhatsApp
#59 - 24/05/2021

“Reingegnerizzazione della governance sanitaria” abruzzese
Stupore e perplessità del Vescovo di Sulmona

Una scossa a Marsilio & C. (da tempo oramai bloccati da diverse questioni: la mancata composizione del rimpasto, finalizzato a trovare collocazione e ruolo all’ex FI Umberto D’Annuntiis, approdato recentemente in FdI, con eventuale conseguente “scivolamento” di altri in altri assessorati ovvero addirittura, si pensa, fuoriuscita dalla Giunta medesima di alcuni (tra cui la “nostrana” leghista La Porta(?); le inchieste giudiziarie che vanno dal caso Celano all’affare “psichiatrico” all’impero Marinelli (inchiesta per la quale, recenti accertamenti metterebbero nei guai soprattutto Febbo anche se Sospiri si è detto pronto alle dimissioni); le recriminazioni sulla gestione della pandemia e delle vaccinazioni, provenienti, soprattutto in queste ultime settimane, dalla Marsica e dalla Valle Peligna) Marsilio & C che, comunque, hanno avuto il coraggio, da qualche settimana, di parlare di un documento di riorganizzazione della rete ospedaliera (in vista delle incombenze derivanti dal ritorno alla normalità, dopo questo brutto COVID), documento che praticamente non solo fa finta che non c’è bisogno di correttivi, nel sistema sanitario regionale, ma che addirittura penalizzerebbe ancora di più proprio le zone e le popolazioni che da tempo, da prima dell’emergenza COVID cioè, lamentavano livelli di assistenza inadeguati e non soddisfacenti; una scossa, dicevo, a costoro gliela ha data subito il Vescovo di Sulmona e Valva, Michele Fusco il quale, senza peli sulla lingua, ha parlato di “profondo stupore e perplessità” della bozza “che comporta un ridimensionamento, rispetto alla precedente proposta” addirittura con il declassamento dell’Ospedale di Sulmona da presidio di Primo Livello a Ospedale di base. E i “medici cattolici” (raccolti intorno al Vescovo e da Lui interpretati) “esprimendo fiducia nel governo regionale per una nuova definizione dei servizi sanitari pubblici” hanno dichiarato di rimanere “vigili” e si riservano di chiedere “la mobilitazione… di tutte le componenti interessate alla tutela del territorio”. A seguire la polemica ha avuto risonanza nazionale, con una trasmissione giornalistica di RAI2, sulle aree interne più disagiate, a livello nazionale (Novara in Piemonte e la Valle Peligna in Abruzzo!) trasmissione alla quale hanno partecipato Catia Puglielli (Tribunale del Malato) e Maurizio Cacchioni (autorevole esponente della Fimmg abruzzese) con giudizi taglienti che hanno colto davvero nel segno delle carenze e dei problemi del servizio sanitario su tutto questo territorio dell’Abruzzo interno.

Non c’è che dire. Nel silenzio delle forze politiche, dei Sindaci, in carica e da rieleggere in autunno (si dice che molti vorranno ripresentarsi), non si può non apprezzare un Vescovo e coloro che (entrando a gamba tesa nell’agone civile) esprimono, nel merito di fondamentali servizi di tutela ed interesse pubblici, “stupore e perplessità” per le proposte di cui si parla e comunque le “bocciano”.
Evidentemente, nel merito, chi scrive ha ulteriori appunti da fare (a questa brutta “bozza”).
Il 4 Maggio scorso “Il Messaggero” nell’inserto regionale, a tutta pagina, titolava: “La sanità dopo la pandemia – La Regione non sceglie/ nella nuova rete niente super ospedali.
E sinceramente non mi sembra, questa, una gran notizia. Una regione che conta poco più di un milione di abitanti non credo proprio che abbia bisogno, oggi, di “super ospedali”, considerato che quattro presidi (uno in ogni provincia) garantiscono diagnosi e cure (anche con reparti di alta specializzazione) e che sono facilmente raggiungibili da un collegamento autostradale con tempi di percorrenza mediamente intorno ai sessanta minuti. Esistono, è vero, zone più interne e popolazioni residenti in aree orograficamente disagiate. Ma la dura esperienza della pandemia ci ha insegnato che senza un servizio di medicina territoriale efficace, tempestivo, affidabile, non sono i super ospedali a risolvere i problemi. (Non senza motivo il Pnrr assegna risorse finanziarie alla sanità pubblica, per i necessari adeguamenti. E questo è il punto…).
Cosa dobbiamo aspettarci, noi Abruzzesi?
Senza polemiche superflue, io dico che in questi momenti dovremmo aspettarci una riflessione aperta sulla rete di diagnosi e cura che, zona per zona, sia in grado garantire monitoraggio ed assistenza ai cittadini di questa regione che risiedono nei capoluoghi di provincia, nelle più immediate loro periferie, ma anche nelle zone disagiate (le cosiddette zone interne) dell’aquilano, del pescarese, del chietino e del teramano.
Infatti di costoro sono i problemi più seri, perché è a costoro che il SSR (con o senza i super ospedali) non sempre è riuscito (e difficilmente riuscirà nel futuro, così restando le cose) a garantire quanto gli è dovuto.
Altro che super ospedali! Si tratta, a mio parere, di ripensarlo davvero, il SSR. E vedere cosa si può far ora, subito, con la quota di risorse disponibile oggi, come eventuale assegnazione del Pnrr nazionale, e cosa, al contrario, bisogna stabilire di realizzare nei tempi necessari per il futuro degli Abruzzesi che decideranno di restare sul territorio di questa regione.
E’ un “signore”, è “garbato” e “gentile”, come sempre, il Vescovo di Sulmona che comunque esprime stupore e perplessità di fronte alla bozza di cui si parla, tra l’altro ignorandola, come tutti (bozza sulla quale pare che sia anche non facilissimo l’accordo tra le forze di maggioranza; il 18 maggio, con modalità “criptica” la stampa locale ha parlato di un accordo raggiunto…ma poi, a leggere il racconto, si scopre che “l’accordo” avrebbe riferimento agli aggiustamenti interni sulle poltrone da assegnare a FI, FdI e Lega per la questione dell’atteso “rimpasto di Giunta”, altro che “riassetto della sanità” dopo la pandemia!).
Non ci siamo, signori. Forse la pandemia sta passando, forse per metà giugno saremo tutti liberi di fare quello che vogliamo (con o senza mascherine e distanziamenti, come molti hanno fatto in questi due anni. L’unica novità è che forse, da allora, non correranno nemmeno il rischio di una contravvenzione); certamente continueremo a rincorrere l’intervento di un addetto sanitario dopo averlo a lungo cercato a telefono per dirgli: “ho la tosse, trentotto di febbre, da qualche giorno sono inappetente e comunque non distinguo i sapori del cibo…cosa debbo fare?”. “Prenda il cortisone”, sarà la risposta. E se va bene, nei giorni successivi, continueremo a raccontare al…preregistrato disco dell’USCA, il livello raggiunto dalla colonnina di mercurio del nostro termometro, in attesa di poter comunicare che “mi sento un po’ meglio, non ho più febbre”, ovvero in attesa che dal ventunesimo giorno di positività del tampone (com’è accaduto in molti casi), con o senza la registrata negatività si possa ottenere la dichiarazione di guarigione (Sic!).

Certamente, se andrà avanti così, non avremo una rete di assistenza sanitaria pubblica regionale ripensata, rigenerata, efficiente ed efficace (“reingegnerizzata” come usano dire) con o senza pandemia in atto, anche nella ordinarietà della nostra vita di sempre, in attuazione di un dettato costituzionale che al primo comma dell’art. 32 (almeno fino a quando sarà legge dello Stato) dice: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.”.
Sia chiaro, io non parlo più del centro nascite dell’Ospedale S.S. Annunziata di Sulmona!
Sono trascorsi, inutilmente (per inadeguati comportamenti locali, provinciali e regionali) dieci anni da quando pensammo lo slogan “voglio nascere a Sulmona”. Non è servito a niente. Ora i problemi sono altri. La questione fondamentale è, per questi abruzzesi delle zone interne (non solo noi, ma anche gli altri, dovunque siano) essere assistiti adeguatamente in loco (sotto casa, dalle case della salute, possibilmente) fino a quando è possibile. Ed esser trasportati, al bisogno, in uno dei quattro ospedali regionali per gli interventi e le cure necessarie (utilizzando l’ambulanza, l’elicottero, la telemedicina…tutto quello che oggi è possibile).
Il Servizio sanitario costerà di meno, ma i cittadini non correranno rischi! A condizione che i servizi di base siano facilmente utilizzabili e siano polverizzati sul territorio. A mio parere di questo abbiamo bisogno; quest’è la reingegnerizzazione della sanità abruzzese, con un parametro di garanzia di assistenza multidisciplinare (medica/infermieristica/attrezzature medicali) più basso possibile.
Morale: ci vogliono attrezzature, ma soprattutto personale.

| #58 ◄ | Articolo #59 | ► #60 | Elenco (129) |
Condividi il blog: Parliamo di cose concrete!
Condividi su Facebook

Condividi su Twitter

Condividi via e-Mail

Condividi via WhatsApp