Nella prospettiva del Recovery Plan
il ruolo nostro e del Centro Italia
Checché se ne dica (programma blindato, tutto top secret in mano al Governo…) il dibattito sull’impiego delle risorse del Next Generation EU è aperto, anzi apertissimo. (E Marsilio ne parla, anche se si guarda bene dall’entrare nel dibattito nazionale, di cui ci accingiamo a dare conto. Ne parla “lui” da solo, o quasi, tutt’al più, com’è accaduto mercoledì scorso, comunica qualcosa: “Abruzzo prossimo, come spendere 2miliardi e 200milioni”. E questo modo di agire, francamente, è un problema. Già molte organizzazioni sindacali hanno detto che non va bene: troppi temi assenti, dall’agenda; poca penetrazione sul territorio!).
Allora, del Next Generation EU se ne parla eccome! “Il Messaggero” se ne sta facendo carico. E l’argomento dominante è il ruolo da dare al Centro-Italia. (Il tema ci investe direttamente).
E’ partito con un autorevole articolo di fondo Diotallevi e prosegue con lunghe interviste quasi quotidiane a Tajani, Nardella (Sindaco di Firenze), Tesei (Presidente dell’Umbria e coordinatrice per la definizione del Pnnr per conto della Conferenza delle Regioni, altro che “programma blindato”), Meloni, Duringon (sottosegretario all’economia), Virginia Raggi; ma anche ad autorevoli esponenti del mondo delle imprese: Cucinelli e Tripi.
Giovanni Legnini (per quel che può riguardarci) è entrato di diritto in questo articolato ed interessante confronto; infatti è il commissario straordinario per la ricostruzione post-terremoto del Centro Italia (e chiede che si investa soprattutto in infrastrutture: strade e ferrovie).
Personalmente con piacere ho registrato, sulle cronache regionali, un intervento di Michele Fina, per il PD, che (a meno di mia disinformazione) ha chiesto pubblicamente a Marsilio di confrontarsi sul tema. Ed il Sindaco di Sulmona, Annamaria Casini, non ha perso l’occasione per dissentire apertamente con Tajani, di fronte all’ipotesi che, in prospettiva dell’attuazione della ZES, il collegamento portuale Civitavecchia-Ancona tagli fuori dai grossi e significativi flussi di traffico (persone e merci) il Centro Abruzzo.
Meno male, viene da dire. Finalmente il confronto si sviluppa su temi di politica vera, lo sviluppo, il destino, cioè, di più di venti milioni di italiani, decisivi per la ripresa dell’intero Paese. Perché chi crede di poter costruire il post-pandemia senza tener conto dei problemi di decadenza (caduta di PIL, spopolamento e depauperamento strumentale e strutturale) che insistono su questo pezzo d’Italia e nascono dagli effetti della crisi generale dell’inizio degli anni duemila, aggravati dal terremoto del 2009 (L’Aquila, per memoria sintetica) e del 2016/17 (Amatrice…) e dalla pandemia ancora in atto non credo che possa concludere granché, rispetto alle attese che i duecento miliardi erogabili dall’Europa aspettano di generare, in pochi anni, tra l’altro. Meno male, quindi, che (con tutto i rischi, impliciti in situazioni di questo tipo) le opinioni siano messe a confronto, magari anche sopportando, le menti sottili e specializzate, le idee più semplici, che spesso rappresentano i bisogni veri della gente. Perché oltre alle questioni complesse (quelle che disquisiscono sugli effetti di scelte del collegamento tra i porti di Civitavecchia e Ancona, ovvero Civitavecchia-Ortona-Pescara) il problema di fondo è e resta creare le condizioni di opportunità che rimettano, soprattutto le generazioni più giovani, nella condizione di riappropriarsi di un progetto di futuro che qui da noi, come in Umbria, nelle Marche, in buona parte del Lazio e della Toscana pare che sia tutto da “inventare”, specie per coloro che già stanno scegliendo di tornare dalla Gran Bretagna, per esempio, o da altri paesi (europei e/o extraeuropei).
Ora la pandemia ha già ampiamente dimostrato che il Nord, da solo, non è in grado di garantire all’UE crescita e sviluppo armonico di tutta l’Italia; e non è più soltanto il problema del divario Nord-Sud, la proverbiale palla al piede dello stivale, ma la consapevolezza che le ragioni della depressione dell’Abruzzo interno (e del riemergente squilibrio dell’Abruzzo intero), è soltanto un dettaglio (mettiamola così) della più profonda crisi di una vasta area del paese che oggi è la manifestazione emblematica della difficoltà e della speranza di futuro che riguarda buona parte dei due terzi dei sessanta milioni di Italiani.
Pertanto, prima di chiudere queste abituali note, mi sia consentito di ricordare ancora ai Sindaci di questo territorio che anche in relazione all’annunciato Abruzzo prossimo, ora varrebbe la pena di insistere sull’opportunità di riprendere la proposta sulle “7 Aree Urbane Funzionali” che rappresentano la struttura policentrica del territorio abruzzese ed è frutto di uno attento ed apprezzato studio universitario nel quale si evidenzia il bisogno che abbiamo di delineare strategie fondamentali per l’efficienza dei sistemi insediativi, la tutela dell’ambiente; per garantire alle popolazioni che vi risiedono i servizi essenziali ed indispensabili, per valorizzare le vocazioni locali; sostenere i settori produttivi, articolare a livello territoriale interventi mirati della eventuale rete regionale per l’innovazione.
E tutto questo è coerente con il programma del Next Generation EU.
Senza parlare delle attese e delle speranze che investono scuola e sanità. Settori sui quali bisognerà fare discorsi approfonditi e condivisi davvero.
Attenzione, perché nella Conferenza Stato-Regioni si parlerà di questo e le scelte sulle quali (anche Marsilio dovrà esprimersi) ci riguardano direttamente!
Allora, senza drammi, anzi, con serena consapevolezza, auguriamoci che il dibattito aperto sia attento e che, soprattutto possiamo parteciparci, magari anche “senza chiedere permesso”.
Questa è l’occasione per non doverci rimproverare l’assenza (o comunque non trincerarsi dietro non laconico “è già tutto fatto”!).