Parliamo di cose concrete!

di Andrea Iannamorelli

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#54 - 15/03/2021

E' questa la "terza ondata"

Siamo alla terza ondata. Non dobbiamo meravigliarci, né spaventarci. E’ innegabile; lo sapevamo (e molti, per la verità, hanno fatto finta di non crederci). Le varianti hanno svolto la loro (negativa) funzione, è vero; il ritardo dei vaccini e gli equivoci sulle somministrazioni hanno fatto la loro parte, ma anche i nostri comportamenti non sono stati sempre corretti, soprattutto nei weekend.
In pochi abbiamo invocato controlli e contrasti più fermi, più decisi. Poi, anche quei “pochi”, ci siamo censurati perché ci siamo sentiti dire che non potevamo rischiare di sottostare ad uno “stato di polizia”. (Che fesseria, quando di mezzo c’è la tutela della salute personale!).
E così Martedì scorso abbiamo acquistato e “conservato” i giornali stampati che pubblicavano le foto (raccapriccianti) dei “centomila morti”: non una statistica, non “numeri”, ma centomila persone, con nome e cognome, centomila storie, senza differenza di età, di sesso, di vicenda umana e professionale!
L’epidemia ha ripreso a correre. Anche in Abruzzo: contagi a quote alte, posti di terapia intensiva occupati ben oltre il limite del 30%. Gli Ospedali hanno ripreso a sospendere i trattamenti ordinari. Così non si va da nessuna parte.
Ora Draghi dice che “la via d’uscita non è lontana”; bene. Arriveranno, entro il mese corrente, le quantità di vaccino necessarie; andremo tutti a vaccinarci (dovunque e comunque); nei giorni scorsi s’è chiuso anche un accordo regionale con i medici di famiglia, per il resto, forse, riceveremo una convocazione dalla Protezione civile con un sms; e, con la disponibilità di 14 milioni vaccini al mese, se saremo in grado di farlo, tra agosto e settembre potremmo essere “immuni”. Speriamo.

Nel frattempo, come dicevo quindici giorni fa, accingiamoci a “passare” la seconda Pasqua semi blindati.
E per carità non ricominciamo con la “guerra delle aperture”; se vogliamo tentare di veder realizzata l’aspirazione temporale di uscita di cui poco sopra parlavo; è il caso di attenerci, scrupolosamente, ai comportamenti di cui si parla: mini lockdown mirati e locali, “chiusure” nei weekend, forse con anticipazione di interdizione alla circolazione (si parla delle 19 o delle 20, vedremo), inasprimento, appunto, di controllo e contrasto ai trasgressori, rispetto delle quarantene (per chi ne è obbligato).

Entro aprile l’Italia dovrà consegnare alla commissione dell’UE i dossier per accedere alle anticipazioni dei fondi del Recovery fund, calati di 5 miliardi, rispetto ai 209 attesi, per effetto del calo del PIL. Ed è su questo che mi arrogo il diritto (liberamente) di dire quello che penso.
Finora non mi risulta che si sia aperto un confronto istituzionale (Stato-Regione) sulle scelte per le ricadute del Recovery nelle periferie. Voglio augurarmi che l’ignoranza del particolare nasca dalla mia personale lontananza dai centri decisionali. Ché, se ciò non dovesse essere, la cosa, personalmente, mi preoccuperebbe e non poco. Se fossi Sindaco io, mi batterei per portare sui tavoli che contano idee e proposte, con l’impegno di trovare il necessario sostegno dai raggruppamenti politici presenti in Consiglio regionale. Addirittura, in questo nostro territorio, mi preoccuperei anche di concordare condotte unitarie con il maggior numero possibile di colleghi Sindaci (organizzazioni sindacali e rappresentanti di corpi sociali e di categorie produttrici) del circondario, perché ora è il momento di muoversi e di assumere qualche decisione forte che in futuro ridia al territorio la possibilità di sperare in un futuro migliore di questo presente. (Ma di questo, chi mi segue, potrà leggere uno lungo e motivato contributo di riflessione sull’articolo che ho preparato per l’edizione pasquale della rivista di questa testata).

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