Si riaccende il dibattito sul punto nascite.
Ma è solo questo il problema sanitario di questo territorio?
In attesa della risoluzione della crisi politica nazionale (che è diventata anche crisi di Governo ed istituzionale, e probabilmente non avrà tempi brevi di risoluzione, perché impaludata in pregiudiziali più o meno esplicite assolutamente personalistiche e politicamente inspiegabili), torniamo a parlare di cose nostrane ed in particolare del funzionamento (o non funzionamento?) dell’Ospedale civile di Sulmona che è presidio di servizio sanitario territoriale e necessariamente interessa tutti.
Qualche settimana fa il Ministero della salute è tornato alla carica per ricordare alla Regione che il servizio di Ostetricia e Ginecologia non sta nei limiti degli attesi 500 parti annui previsti per il mantenimento del funzionamento del servizio; pertanto va chiuso. Apriti cielo. E’ scattata la corsa, tra le forze politiche, a fare a gara per aggiudicarsi visibilità in difesa di questo che, per molti, sarebbe il marchio identitario del futuro di questo territorio; la prospettiva a breve della campagna elettorale municipale, nel capoluogo peligno, non poteva non richiedere questo! E la Giunta Regionale ha immediatamente raccolto le grida di quanti hanno preteso la rivendicazione dell’autonomia regionale nella gestione di questi servizi primari di diagnosi e cura. Contemporaneamente (manco a farlo apposta) si è aperta, a livello di maggioranza regionale, una querelle tutta interna alla coalizione, sulle capacità di gestione della ASL da parte del direttore generale Testa; ma non nel merito delle scelte gestionali operate in questi mesi di difficile pandemia o per il pregresso di scelte non sempre condivisibili nella ASL L’Aquila/Sulmona/Avezzano, bensì su questioncelle clientelari che hanno riferimento alla individuazione di alcune figure apicali. E la Lega vuole che Testa sia sostituito per il mancato rispetto di impegni a suo tempo assunti, nei confronti della Lega, sulla proroga di funzioni apicali per la verità non prorogabili per il pensionamento dell’interessata! (In queste ore, tra l’altro pare che la cosa si sia risolta, almeno in maniera provvisoria, con quanta efficienza generale staremo a vederlo, considerati gli impegni che la persona utilizzata già ha nell’Ospedale aquilano).
E’ opportuno, tuttavia, che qui si ricordi che temporalmente, molto prima dello sgradito ricordino del Ministero sul punto nascite, il Tribunale del Malato, le organizzazioni sindacali e l’opinione pubblica cittadina, soprattutto dopo la destinazione “di fatto” dell’Ospedale a “centro Covid”, si sono interrogati, preoccupati (per usare un eufemismo), sulla funzione sostanziale di un Ospedale territoriale privo di figure dirigenziali di riferimento (oggi non so se debbono chiamarsi ancora “primari”) in Ostetricia e Ginecologia (appunto), Medicina, Ortopedia, Cardiologia e Pronto Soccorso; sulla persistente carenza di figure professionali fondamentali per diagnosi, cura ed assistenza (anche di infermieri, oltreché di medici, soprattutto in presenza dei sei posti letto di rianimazione oramai utilizzati per curare i malati covid bisognosi di terapia intensiva ragion per cui in sala operatoria ci si può andare soltanto per gli interventi urgenti); i lunghi periodi di parziale o addirittura totale non funzionamento delle attrezzature dei servizi di diagnostica per immagini. E su queste tematiche, sistematicamente riportate all’attenzione dei cittadini di questo territorio non ci sembra che siano arrivate risposte, né dalla ASL, né dalla Regione, né da quanti che, di fronte al fastidioso ricordino del Ministero sul punto nascite, sono giustamente andati su tutte le furie ottenendo le immediate disponibilità della Regione ad impegnarsi, perché…quando tra qualche mese si aprirà la campagna elettorale per le amministrative a Sulmona, di punto nascite si parlerà e si farà a gara a ricordare chi ha strillato di più e chi ha detto di volersi impegnare, pronto a trovare su chi scaricare le responsabilità del “non fatto”.
Certo il punto nascite va difeso. Ci mancherebbe altro. Ma se la difesa di questo servizio per la Regione dovesse significare l’accollo al territorio di un ridimensionamento generale della funzionalità dell’Annunziata, sinceramente mi aspetterei che la classe politica (uscente, aspirante, futura ed autoproponente…) ponesse le questioni con una più puntuale premura, soprattutto con una necessaria visione del futuro, specie in un momento in cui, per effetto della pandemia, si ha la possibilità di pensare ad investimenti nei servizi socio-sanitari sicuramente irripetibili.
Inutile fare schiamazzi sul bisogno di mantenimento del punto nascite a Sulmona se, dal momento in cui il problema si pose non solo non si è rimossa una delle ragioni che sottendevano al decreto Lorenzin e ai parametri di cui il decreto prevedeva l’applicazione, ma, nel tempo, nonostante le opere infrastrutturali, la condizione di funzionamento dell’Ospedale dell’Annunziata, nel suo insieme, è andata peggiorando e segna un degrado quantitativo di risorse umane che ne rendono approssimativa (difficile, precaria) la prospettiva futura.
Su questo è necessario fare un ragionamento ed un bilancio. Dire di voler difendere il punto nascite e non intervenire per una perfetta ed adeguata funzionalità del servizio è quanto meno stucchevole, se non addirittura irritabile ed insopportabile.
E, al di là della facile demagogia, in sede di campagna elettorale, di questo dovremo ricordarci.
A proposito della crisi politica in atto, qui come a Roma: le chiacchiere son chiacchiere.
La politica si fa con la realizzazione di fatti concreti.