Una rondine non fa primavera.
Una primula farà l'immunità?
Io voglio sperarci. Voglio crederci, al di là delle “sceneggiate” annunciate per la fine di dicembre.
Lo so che è abbastanza complicato. Giorni fa Arcuri ha detto che se non arriverà l’autunno (settembre/ottobre, per l’esattezza) il vaccino per tutti non potrà esser garantito. Allora? In vista del prossimo autunno, prendiamoci tutto, anche questo Natale a scartamento ridotto, anche la celebrazione di un Capodanno alla chitichella. Purché sia. (Certo io avrei aspettato a commissionare logo e luoghi di distribuzione di un vaccino che deve ancora arrivare. Ma va bene così. Stavolta, almeno non si arriverà in ritardo!).
Infatti, è il ritardo uno degli dati più negativi della vicenda che stiamo vivendo. Almeno per noi Abruzzesi. Il ritardo, o meglio, per essere precisi, l’intempestività di alcune scelte.
Si direbbe (e si dirà certamente, quando tutto sarà un ricordo) che forse non ne abbiamo azzeccata una. A primavera scorsa, quando avremmo dovuto attrezzare una sanità del territorio capace di tenere sotto controllo il contagio tra le persone (con i tamponi) ma non avevamo nemmeno le mascherine chirurgiche; in estate, quando invece di far gare d’appalto per ristrutturare palazzine utili a creare posti di rianimazione a Pescara, avremmo potuto con più attenzione guardare al territorio per individuare percorsi di terapia intensiva e percorsi COVID di medicina ordinaria, insieme ai luoghi di pre-triage, allo scopo di non farci scoppiare in mano (come è accaduto) la ripresa della cosiddetta seconda ondata con il danno grossissimo della quasi totale interruzione dell’erogazione dei trattamenti ospedalieri ordinari; in pieno inverno, quando Marsilio ha pensato di farci diventare zona rossa (perché, secondo lui, di lì a poco, tutta l’Italia sarebbe diventata “rossa”) con l’unico risultato che oggi, dopo una sentenza del TAR, siamo ancora gli unici “arancione”, l’unica regione d’Italia condizionata nei movimenti, alla vigilia di una disposizione restrittiva (attesa per stasera, nel momento in cui scrivo) che ci farà tornare tutti “rossi” almeno per alcuni giorni, quelli nei quali il Governo ritiene (giustamente, a mio parere) di non potersi fidare dell’autonomo senso di responsabilità degli Italiani.
Il ritardo, quindi, è, in qualche modo, la cifra che sta segnando questa pandemia. E non è una bella cosa. Il ritardo delle scelte da parte di chi avrebbe dovuto essere tempestivo, veloce nelle decisioni, attento. Anche perché aveva la possibilità di seguire comportamenti sperimentati (in altri continenti, mesi prima) e già valutati, in positivo e/o in negativo.
Quello stesso ritardo che addirittura potrebbe farci rischiare il danno più grosso: essere intempestivi nelle decisioni su come utilizzare i 209Miliardi del Recovery fund; e addirittura, nonostante il riconosciuto e conclamato bisogno farci decidere di non accedere al MES (quel meccanismo europeo di stabilità che mette a disposizione risorse finanziarie esclusivamente utilizzabili per i servizi del sistema sanitario).
Io questo concetto lo ripeterò fino alla nausea (mia, perché lo scrivo, vostra, perché lo leggete): questa è una scelta che non capisco. Su una scelta del genere sarebbe anche legittima una crisi di governo. Se è vero che nelle bozze di riparto del recovery si destinano 9 miliardi alla sanità, se è altrettanto vero che per ripianare decenni di “tagli” alla sanità e rendere significativa una strategia di servizi territoriali richiesti e reclamati dai cittadini (non da oggi, ma in questi mesi in maniera incontrovertibile) occorre una disponibilità di fondi per lo meno quadrupla, rispetto a quei 9 miliardi, perché si tratta di agire su infrastrutture, personale e sistemi di servizio polverizzati, qualcuno è in grado di dirmi perché un Paese dovrebbe scegliere di non utilizzare risorse da restituire a tassi di interesse bassissimi e utilizzare, al contrario, risorse (in parte da restituire lo stesso) ma utilizzabili anche per altre voci del programma Next Generation EU? Perché?
Cesserò di ripeterlo, quando qualcuno riuscirà a persuadermi.