Parliamo di cose concrete!

di Andrea Iannamorelli

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#42 - 21/09/2020

Solo alcune domande

Ora che avete votato (io lo ho fatto ieri, senza troppo trasporto, per la verità; voi, se non lo avete ancora fatto, fatelo. Votare è un diritto inalienabile!), ora, forse, possiamo tornare anche noi ad occuparci di questioni che al momento sembrano distanti dalla routine quotidiana, mentre, al contrario, la riguardano e la investono direttamente. E voglio farlo con alcune semplici domande:
potremo (ed eventualmente, come) discutere del modo di utilizzare il Recovery fund, nelle ricadute locali? Giovedì sera sono rimasto esterrefatto nel leggere che la Regione ha già richiesto al Ministero della Sanità, 1Miliardo e 341milioni per opere infrastrutturali, di adeguamento antisismico ed antincendio negli Ospedali (già ripartiti, ASL per ASL) da far gravare sulla quota di Recovery fund. Esterrefatto perché sinceramente penso che non siano queste le priorità che gli Abruzzesi aspettano, bensì altre: quelle legate alla diffusione, qualità e quantità dell’assistenza. Ma forse mi sbaglio; ovvero soltanto io a pensarla così.
• Da martedì, cioè a risultati elettorali acquisiti, ci sarà qualcuno, tra i parlamentari di questo “nostro” territorio, che avrà il coraggio di farsi carico di rappresentare il bisogno (urgente, a mio parere) che abbiamo di utilizzare il MES (vincolatamente spendibile soltanto per migliorare il sistema sanitario: strumenti, servizi, personale, dentro e, soprattutto, fuori Ospedale, per i servizi territoriali)?
Quando ci saremo vaccinati contro il Covid (e torneremo alla normalità della vita di sempre), cosa resterà del retorico “andrà tutto bene”?

I laici dell’Azione Cattolica, a livello nazionale, hanno provato ad immaginare il futuro di cui si parla e lo hanno sintetizzato in sei parole: tempo / silenzio / fraternità / ambiente / lavoro / famiglia.
Io personalmente mi identifico pienamente in questa prospettiva.
Il lockdown (passato e anche di recente “ri-rischiato”) ci ha fatto capire quant’è inutile, ma anche pericolosa, la corsa forsennata verso un’ipotesi di futuro che dà l’illusione del progresso (o, comunque, lo pensa soltanto per alcuni, discriminando e marginalizzando i più, proprio coloro che hanno più bisogno); ci ha fatto capire quanto “rumore” può fare “questo silenzioinnaturale (per citare Diodato al SanRemo di febbraio scorso, quasi l’avesse intuito) che ci ha fatto riscoprire il valore della fraternità e della famiglia. Senza indulgere sull’esigenza di mettere al centro dei nostri elementari interessi la scontata tutela dell’ambiente e il riconoscimento del bisogno del lavoro.
Queste “sei parole” mi (ci) riguardano come persona di questo scorcio di terzo millennio, ma soprattutto come persona che vive (bloccata) nell’Abruzzo più interno e che aspira a rimettersi in carreggiata.

E torniamo, allora, al futuro. L’Europa sta cambiando. Entro la chiusura della presidenza Merkel del Consiglio d’Europa, probabilmente avremo uno scenario comunitario diverso da quello finora legittimamente contestato da coloro che (come noi) da tempo invocano scelte politiche più inclusive, non soltanto nei confronti degli extracomunitari, ma anche nei confronti della parte più meridionale dell’Unione. (Il primo discorso sullo stato dell’Unione della Von der Leyen mi ha richiamato in memoria il Delors degli anni 93/95).
E se questa è la prospettiva, ci siamo. Si tratta soltanto di lavorare bene.

Tuttavia, appunto, in quest’ottica, dobbiamo lavorare bene. Da questa convinzione la legittimità delle domande iniziali.

Qualche giorno fa il Governo ha reso noto il primo schema di progetti per l’utilizzazione dei 209Miliardi del Recovery plan.
E’ questo il momento, per i territori più bisognosi, per quelli come noi, che “siamo Sud” (non tanto geograficamente, quanto economicamente e culturalmente) pretendere di sapere cosa ci tocca, in termini di innovazione, proiezione di sviluppo, aggiornamento di servizi.
E questo lavoro tocca ai Sindaci che insieme, possibilmente, redigano un’agenda di priorità da affidare, per il recepimento, tramite la presidenza della Regione, al Governo. (Mentre, a leggere quel che si dice per la Sanità, pare che la Regione voglia fare tutto da sola, senza confronti!)
Leggiamo, per esempio, in questa prima “scaletta”, che si prevede un impiego di 68Miliardi per aggiornare il Servizio sanitario nazionale. Ma perché, mi chiedo, far gravare quest’ipotesi di spesa tutta sul Recovery fund? Perché, eventualmente utilizzando il MES, non tagliarla del 50% circa, con gli effetti di dirottare più di 30Miliardi su altri progetti?! (Tra l’altro mi sembra di aver compreso che i tempi di utilizzazione dei fondi MES potrebbero essere più brevi degli stessi derivanti dal Recovery. Comunque per gli uni e per gli altri, di prestiti da restituire si tratta! E per cortesia, ora, a urne chiuse, finiamola con la storia delle “condizionalità”. Il MES, canaglia e “condizionato” dalla “troica”, utilizzato dai greci, era ben altra cosa, rispetto a quello ora disponibile).
Noi, in questa fetta di Abruzzo interno, abbiamo un forte bisogno di riorganizzare e di potenziare il servizio sanitario. Abbiamo bisogno di personale, di figure apicali affidabili ed attrattive, di strumentazioni diagnostiche (di cui da tempo si parla) che aspettano di essere installate nel nostro “nuovo” Ospedale dell’Annunziata: e non è, per caso, questa l’occasione giusta per guardare con attenzione all’invocata rivisitazione del rapporto tra le strutture di un territorio ampio (intra ASL; fino a quando non si arriverà alla consapevolezza di farne una sola di ASL, per gestire la salute degli Abruzzesi), tra Popoli/Valle Peligna/Alto Sangro, in una visione integrata delle risorse e dei servizi?
Se si vuol “fare il nuovo”, se si vuol dare sostanza al retorico “andrà tutto bene” c’è bisogno di avere queste visioni, di guardare lontano, non solo per esser pronti di fronte ad altre (malaugurate e scongiurabili) emergenze, ma anche e soprattutto per fare prevenzione e curare chi ha bisogno senza inutile dispendio di risorse, fuori regione; in una parola, curare i cittadini sui territori di residenza con efficacia ed efficienza.
Penso che, in Europa, la valutazione dei progetti da portare al finanziamento del Recovery fund, farà i conti con la congruità degli investimenti e della produttività.
Per il resto, cosa volete che dica: evidentemente la banda larga e la formazione sono altri capitoli fondamentali, per questo nostro territorio. Anche qui bisogna ripartire da lontano. Soprattutto, per quanto riguarda la formazione, per recuperare ritardi strutturali accumulati indecorosamente, quanto meno dal 2009; ma anche visioni di novità, attese quanto meno dall’inizio del secolo, da quando, cioè in altre zone d’Abruzzo sono nati nuovi indirizzi di secondaria di secondo grado capaci di dare risposte congrue alle difficili prospettive occupazionali, in Italia o in Europa, dei nostri ragazzi.
Infine c’è il capitolo degli investimenti produttivi (con il target della ripresa dell’occupazione).
Opere pubbliche significative, per rinforzare le infrastrutture per la mobilità (strade e ferrovie); incentivi per l’impresa privata, soprattutto legata alla valorizzazione delle infrastrutture turistiche, sia in montagna che sul mare.
Ma le scelte dovrebbero avere, a mio parere, un ancoraggio forte ad una visione di sistema. La visione che mi sembra si stia facendo strada in Europa. Tenendo presenti anche le altre fonti di finanziamento ordinarie.
E’ questo il futuro. Per questo ho sempre pensato, in questi mesi: nonostante tutto… che sarebbe andato tutto bene.

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