Non scherziamo con il bisogno di garantire la vaccinazione antinfluenzale ordinaria
Tra le notizie non buone di questi ultimi quindici giorni faccio una graduatoria, secondo la mia personale opinione; e dico a chiare lettere di essere molto, molto preoccupato della mancanza di 248mila dosi di vaccino antinfluenzale (“Virus split” frammentato: tetravalente), per effetto della mancata aggiudicazione della relativa gara d’appalto.
Incominciamo a dire le cose con franchezza e semplicemente. Sono tre le Regioni che in Italia si ritrovano in questa condizione deficitaria: Abruzzo, Molise e Basilicata. Tre, in tutto. E non possiamo prendercela con… la “scarogna”. Evidentemente qualcosa non ha funzionato. Insomma: tra aprile e maggio, quando i vaccini si prenotano, l’Aric (Agenzia regionale di Informatica e Committenza) ha fatto le cose per bene? Come è potuto accadere che per tre lotti, come si legge sui giornali in questi giorni, gli approvvigionamenti sono andati a buon fine, per questo no?
La modestia (e la “buona educazione”) mi consigliano di evitare di andare a ricordare da quanto tempo sto dicendo che quest’anno, in presenza del Coronavirus, la campagna antinfluenzale ordinaria dovrebbe essere puntigliosa, attenta e diffusa. Addirittura recentemente ho avuto modo di dire che a mio parere (come in molte regioni è già accaduto) la vaccinazione dovrebbe avere il marchio della obbligatorietà. L’esito di queste mie personali considerazioni (forse perché non condivise) non hanno avuto l’onore di una risposta, magari anche polemica. Oggi, puntuali, arrivano le avvisaglie delle “preoccupazioni”, accompagnate dal tradizionale (tranquillizzante?) “stiamo lavorando”.
Lasciatemi dire che non basta, questo, a tranquillizzarci. Se prima di ottobre (e non dal 1° ottobre, come leggiamo dalle cronache locali) la Regione non sarà riuscita ad approvvigionarsi di tutte le dosi necessarie di vaccino, una fascia di popolazione resterà scoperta, con un rischio altissimo, per tutti.
Mi auguro che per i primi di settembre (come ha dichiarato il direttore del dipartimento Salute, Claudio D’Amario) il problema sia stato risolto. Ma allarme e preoccupazione sono legittime.
Che cosa, infatti, caratterizza, in negativo, la fase di crisi che stiamo vivendo, a livello nazionale e quindi, regionale? L’approssimazione dei controlli. (Negatività che rileviamo anche nella vicenda di cui parliamo).
Bisogna necessariamente partire da lontano. Il sistema dei controlli, in tutti i settori, in questo nostro Paese, è stato sempre o quasi sempre, approssimativo.
Nella crisi pandemica che stiamo attraversando, a Febbraio, pensavamo che potesse funzionare il sistema della tracciabilità del contagio. Poi abbiamo scoperto che la medicina di base (i medici di famiglia, per intenderci) non avevano nemmeno le strumentazioni fisiche capaci di farli operare in sicurezza; la somministrazione e la lettura dei tamponi sono stati, fino alla primavera inoltrata, un problema; l’indagine sierologica molti la hanno dovuta fare “a pagamento” …senza parlare delle mascherine, sull’utilizzazione delle quali, a futura memoria, forse, quando ne avremo voglia e tempo, scriveremo una serie di gustose gag.
E’ arrivata l’estate. Giugno: le (pretese) riaperture, più o meo libere! Gli assembramenti e le terribili, incontrollate “movide”. Ma i controlli, che fine hanno fatto? Perché si è consentito a chiunque di fare quel che ha ritenuto di voler fare?
La lista delle negatività rischia di essere troppo lunga e la chiudo qui. Ma non è così che si gestisce una situazione di crisi, per di più infida e pesante come quella nella quale siamo ancora invischiati.
E la brutta notizia sulla carenza di questo vaccino ci preoccupa davvero. Incominci, chi ha il potere ed il dovere di esercitare il controllo (il Consiglio Regionale, per esempio) a chieder conto a chi ha il compito di svolgere nei tempi e nei modi efficaci le procedure; e chi ha sbagliato, paghi.
Solo così si può amministrare correttamente e nell’interesse collettivo un bisogno primario come la tutela della nostra salute.