E ora, in attesa di Settembre
Parliamo di scuola
Ho letto con interesse ed attenzione il DOCUMENTO TECNICO SULL’IPOTESI DI RIMODULAZIONE DELLE MISURE CONTENITIVE NEL SETTORE SCOLASTICO contenuto nel verbale del dipartimento della protezione civile del 28 maggio scorso. E sinceramente, al di là di scontate raccomandazioni sulla tenuta delle mascherine e sul distanziamento interpersonale, in tutti i momenti del tempo scuola (dall’ingresso degli alunni, all’uscita, tutto compreso: presenza in aula, nei corridoi, nei momenti di lezione e di ricreazione, nelle palestre, nei bagni, nelle mense…), non ho trovato altro. (Perdonatemi la sfrontatezza; ma io, che per una vita ho lavorato per e nella scuola, con passione, attenzione e dedizione, di fronte allo scenario che ci troveremo a fronteggiare tra meno di tre mesi, non posso non dire quello che francamente penso ed eventualmente “dare consigli”, in assoluta libertà, ai miei colleghi ancora in servizio attivo. E mi meraviglia il loro silenzio).
I problemi li avremo e saranno seri, perché i ragazzi di ogni età, probabilmente a settembre ancora non potranno avere l’attesa copertura del vaccino anti SARS CoV-2. Al contrario rientreranno in aule perlopiù incapaci, per metratura, di garantire il distanziamento (raccomandato), strutturalmente inadeguate ad assicurare un’adeguata aerazione (specie se si tratta di MUSP), in spazi (diversi da quelli destinati all’insegnamento) dove non è facilmente impedibile l’abituale (sempre, ma soprattutto oggi. pericoloso) “ammassamento”. E so bene che a poco varranno gli antichi input pedagogici… state se potete.
Si aggiunga il pateracchio in corso sugli organici del personale docente e degli ATA, assolutamente inadeguati (ieri, oggi, ma soprattutto a settembre, anche per effetto dei pensionamenti che matureranno al 31 di agosto). Ed abbiamo esposto le legittime preoccupazioni di chi sa come si starà a scuola e con quali rischi. Allora? Allora: al netto dell’uso relativo che la scuola potrà fare dell’utilità degli strumenti messi in campo nel periodo da marzo a giugno (lezioni a distanza grazie a internet ovvero alle televisioni e ad altri mass-media), strumenti certamente buoni, ma per limitate condizioni di emergenza, in attesa di investimenti veri sul rifacimento delle infrastrutture virtuali, fisiche ed umane capaci di rimodellare “la scuola del domani” (che non potrà essere quella del prossimo anno scolastico e nemmeno, realisticamente, quella dei prossimi anni a venire; ce ne vorranno alcune di annualità scolastiche per vederla in funzione), così come il documento esplicitamente raccomanda sono le singole realtà scolastiche (dirigenti, docenti, Ata e genitori ed Enti locali) che debbono trovare il modo di operare in sicurezza, per tutti.
Fortunatamente nei decenni passati molto è stato sperimentato, in Italia (anche qui nella “nostra” realtà territoriale) sull’utilizzazione del tempo scuola in maniera flessibile con piccoli gruppi di alunni (da 10 a max. 15: numeri adeguati a garantire i distanziamenti di sicurezza in aula) con un minimo, irrilevante, direi, di aggravio di organico funzionale ai progetti che le scuole sono tenute ad elaborare prima della riaperture delle attività didattiche. E la compresenza differenziata ed alternata (due docenti non necessariamente della medesima disciplina, impegnati nelle stesso momento con gruppi della stessa classe) è certamente uno strumento utilizzabile efficacemente. Bisogna trovare (è vero) spazi dove far ruotare i gruppi di alunni. Ma si può fare. Si può fare facendo ricorso ad un uso mirato ed appropriato del tempo: chi entra prima, chi entra dopo, costruzione della sequenza didattica su spazi orari che sforino nelle ore pomeridiane, senza distinzione tra “scuola del mattino” e “scuola del pomeriggio”. Ma anche utilizzando (quando e come possibile) spazi all’aperto ovvero infrastrutture pubbliche (facilmente raggiungibili dalle sede scolastica) in maniera programmata (ecco perché è fondamentale l’apporto gestionale ed organizzativo, per la buona riuscita di moduli d’insegnamento organizzati così, degli Enti locali).
Ma questo modello di scuola, in alcune realtà geografiche già presente ed operante, non può essere inventato a settembre. Va costruito dall’autonomia delle singole istituzioni al pieno degli attori interessati: direzione scolastica regionale (per gli eventuali incrementi di organico), dirigenza scolastica, personale docente e ata, genitori, responsabili locali della gestione delle infrastrutture, alunni (per la secondaria di secondo grado). Come nella migliore tradizione degli anni settanta e ottanta, si prepara un progetto formativo, si analizzano i bisogni e risorse (strumentali e umane) di cui la scuola necessita, si sottoscrivono protocolli di comportamento e di compiti. Prima di partire. Mi permetto di “immaginare” che, terminati gli esami, anche in vista delle procedure di eventuale arricchimento di organico, le scuole dovrebbero avere già una “bozza” ben che definita dei “bisogni”. Dal 17 agosto tutti al lavoro per accogliere in modo efficace ed efficiente i ragazzi all’apertura delle attività didattiche.