Parliamo di cose concrete!

di Andrea Iannamorelli

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#21 - 20/01/2020

Non c'è proprio nulla da fare (?)

Le molteplici esperienze (pubbliche e private) che gravano sulle mie spalle, unitamente agli anni finora accumulati, mi suggeriscono fatalisticamente di dire che non c’è proprio nulla da fare perché, piaccia o no (e che a me non piaccia si capisce agevolmente!), tra una campagna elettorale ed un’altra, oramai, non si fa altro che “campagna elettorale” (con effetti deleteri, per il modo, le forme, i contenuti e gli esiti. Capiamoci: non voglio dire che le campagne elettorali siano di per sé deleterie, anzi, in democrazia, sono convinto che esse sono l’anima stessa del “sistema”; tuttavia sono necessarie ed utili se servono ad assumere, da parte di chi si candida, prima del voto, impegni solenni con l’elettorato, impegni valutabili a scadenza di mandato. Diventano deleterie se nell’arco di tempo che passa tra un mandato ed un altro continuano ad essere motivo di chiacchiera e di polemica quasi quotidiana; e quindi, sostanzialmente, diventano strumento di manipolazione della volontà dell’elettorato che rischia di non poter avere, in fin dei conti, criteri utili alla valutazione finale).
Ma questa è la situazione nella quale sembra si faccia politica oggi. A livello nazionale, regionale e locale.
Ed io, che mi sono imposto non da oggi, di “parlare di cose concrete”, di questo sono costretto a parlare, perché questo è il dato (anche se per me insopportabile) della congiuntura temporale che attraversiamo.

E allora: a livello nazionale è dalla fine degli anni ottanta del secolo scorso che si dibatte di legge elettorale e non si riesce a trovare la necessaria forza politica (né, da parte dei protagonisti, il coraggio) di porre la questione fondamentale sulla prospettiva (gradita solo ad alcuni) di passare da un modello di repubblica “parlamentare” ad un altro di tipo “presidenziale” e nel corso di questo cinquantennio, circa, non si fa altro (tra le forze politiche) che rinfacciarsi, reciprocamente, di aver pensato e votato (a colpi di maggioranza) una legge elettorale conveniente soltanto per la maggioranza pro-tempore. Ora, comunque, con il pronunciamento della Consulta, il tentativo maldestro di Salvini di imporre un sistema maggioritario, senza nemmeno farlo capire bene (pronunciamento che mi ero permesso di anticipare il 30 settembre dell’anno scorso, liquidando il tentativo leghista come semplice “sport” inutile!) anche questa è andata; e andremo a votare con un sistema proporzionale puro, sebbene “arginato” da una soglia di sbarramento per accedere al riparto dei seggi; rimane da definire, ora, la battaglia sulla soglia. Vedremo.)

A livello periferico e locale, tra un mandato ed un altro, non si tenta di far altro che rinfacciarsi comportamenti avuti nel passato da parte di chi ha governato prima, comportamenti che avrebbero provocato le condizioni disastrose per le quali chi ha vinto le elezioni si trova a dover intervenire con grande difficoltà, fino al punto che delle questioni all’ordine del giorno (su cui s’è fatta campagna elettorale) si parla soltanto e non si fa nulla. E il cittadino è costretto a seguire, con imbarazzo e fastidio, un inutile “scarica barile” o un improduttivo rimpallo di responsabilità capace soltanto di generare sfiducia e distacco dall’interesse alle cose pubbliche che tuttavia lo riguardano molto direttamente, lo coinvolgono, anzi, lo investono e travolgono.

E tutto questo è alla base dell’ingovernabilità di cui si parla. Questa è la ragione per la quale il Paese vive da tempo (da qualche decennio, oramai) un bruttissimo periodo di depressione. Dall’avvento di Berlusconi alla Presidenza del Consiglio (primi anni novanta del secolo scorso) si identifica la politica con il “sondagismo” settimanale (che a ben guardare oggi non riesce ad essere né utile, né interessante, ma serve soltanto ad alimentare le chiacchiere e le polemiche che resistono soltanto nello spazio vitale di una notizia di cronaca quotidiana); si dibatte un problema solo per rivendicare, rispetto al passato, il non coinvolgimento di altri, diversi da coloro che governano in quel momento; ci si accapiglia, sterilmente, sulla ricerca delle responsabilità di un fallimento degli impegni assunti dagli altri nelle campagne elettorali (fallimenti più o meno annunciati).

Potrei fare l’elenco delle questioni sulle quali da decenni si fa inutile campagna elettorale permanente senza intravvedere la risoluzione dei problemi. Ma mi limito a segnalare, come già detto, per il livello nazionale, la “battaglia” tra un sistema elettorale proporzionale e/o maggioritario; oppure la riduzione sul numero dei parlamentari, ovvero i rapporti tra i poteri dello Stato. (E’ o non è dai tempi di Craxi che questi sembrano argomenti all’ordine del giorno del confronto politico nazionale? E’ vero o non è vero che quando qualcuno nel corso di questi decenni ha tentato di affrontare e di cambiare le regole in vigore è stato costretto a scegliere di farsi da parte e di restare ai margini dell’attività politica? La risposta a queste domande dovrebbe farci riflettere molto!). Per il livello regionale voglio soltanto estrapolare alcune questioni: le infrastrutture (viarie, ferroviarie, quelle per l’assistenza ospedaliera e per la formazione) inadeguate (e deteriorate negli anni) che oramai sono diventate un problema serissimo; l’organizzazione della sanità nel suo insieme; la garanzia di formazione giovanile legata al sistema produttivo (in altre parole: l’offerta di lavoro), il crescente divario tra zone costiere e zone interne. (Attenzione: quando facevo politica attiva in prima persona, Università, Autostrade, lavoro e rapporti tra mare e montagna, erano i temi più forti e significativi sui quali i gruppi politici di allora hanno conquistato o perso consensi elettorali!). Per il livello locale basterebbe riassumere i termini della infruttuosa esperienza amministrativa sulmonese oramai giunta al termine (?), con l’emblematica polemica di questi giorni sulla miserevole celebrazione del Bimillenario della morte di Ovidio per capire come non si deve e non si può far finta di fare e basta.
(Soprattutto finiamola di confondere “l’azione politica” ed amministrativa con la ricerca dei capri espiatori. E smettiamola con una deleteria permanente campagna elettorale).

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