In attesa di un cambiamento che non c'è
“Considerazioni senza tempo” ha titolato Roberto Grossi il suo Editoriale del Lunedì (23 settembre scorso) per stigmatizzare, con tono garbato, la fine che fanno le promesse elettorali. Ed il riferimento esplicito era alle rinnovate amministrazioni locali della Valle del Sagittario e all’euforia del cambiamento che ha accompagnato la “caccia al voto” e al consenso.
Ho raccolto come una provocazione le considerazioni (che condivido pienamente); e voglio qui riprendere una delle questioni che avevo messo ne “l’agenda per Marsilio”, al momento dell’insediamento, questione di cui, però, sembra che la Giunta Regionale non abbia proprio intenzione di occuparsi: una prospettiva per le zone interne dell’Abruzzo.
Ricordiamo tutti la campagna elettorale che ha eletto la Giunta al potere. Soprattutto qui, in questo nostro territorio: l’acredine nei confronti della gestione di D’Alfonso, soprattutto in riferimento alla delusione per un sistema di servizi (in testa quelli sanitari) per i quali, legittimamente, le zone interne chiedevano di più; la polemica accesa (a tratti anche culturalmente elevata, per i contributi autorevoli di esperti del settore) sui poli di attrazione; ma anche il calo demografico pauroso, le drammatiche cancellazioni di imprese produttive, la fine di ogni motivo di attrattività del territorio, il mancato ammodernamento di infrastrutture (viarie e ferroviarie), il misconoscimento, comunque, di alcune positività oggettive (come l’avvio della ricostruzione dell’Ospedale di Sulmona, opera oggi conclusa; la cantierizzazione degli investimenti previsti nel Masterplan che almeno in parte ci interessa. A nulla è servito il riconoscimento della ZES che, grazie a Lolli, nelle settimane immediatamente precedenti il voto, ha “lasciato” nelle mani dei vincitori una dote certamente importante per chi ha vinto le elezioni chiedendo un voto per un cambiamento che avrebbe immediatamente invertito tutte le tendenze negative che a D’Alfonso & C. venivano attribuite e contestate).
Insomma, come dimenticare l’ironia della pagina Facebook di quei bontemponi sulmonesi, che all’indomani del voto, per esempio, pubblicavano la “strana fotografia” di Alberto di Giussano che prendeva il posto di Ovidio a piazza XXSettembre! Quasi l’immagine di una rinnovata liberazione.
Bene. Sono passati sette mesi e non arrivano, da L’Aquila o da Pescara, non soltanto significativi segnali di cambiamento o di stravolgimento delle politiche “bocciate” a Febbraio, ma non arrivano proprio segnali di “accenni di politica”. Non dico provvedimenti, magari non condivisi, ma caratterizzanti scelte capaci di incidere sulla vita degli Abruzzesi; ma quanto meno idee, proposte che possano aprire un dibattito, un confronto, fuori e dentro i Palazzi della Regione.
Insomma cosa pensino di fare Marsilio & C. dell’attuale condizione dell’Abruzzo ancora non lo sappiamo, soprattutto, per quel che ci riguarda, ancora non sappiamo come pensano di affrontare il problema drammatico del riequilibrio regionale, soprattutto nei rapporti tra zone interne e aree forti (la fascia adriatica, limitatamente alla costa Pescara/Montesilvano. Perché la verità terribile è questa, a ben guardarla). Anche le OO.SS. da tempo pongono una serie di questioni all’attenzione di chi sta governando; anzi da tempo chiedono di aprire tavoli di confronto, senza nemmeno una risposta di diniego (tipo: ora abbiamo altro da fare ne riparleremo presto).
Dice: ma tu che critichi cosa proponi?
A prescindere dal fatto che non sono stato io né candidato, né, tanto meno, eletto con responsabilità di Governo alla Regione (e pertanto non spetta a me, specie se non richiesto, di avanzare proposte), io avrei, eccome, proposte da fare.
Ma la drammaticità di queste omissioni, da parte di coloro ai quali i cittadini Abruzzesi hanno conferito fiducia, per un cambiamento promesso, ma fin qui sconosciuto, sta nel fatto che in questi sette mesi costoro non soltanto si sono divisi ed hanno bisticciato sulla individuazione dello spoils-system da effettuare sulle dirigenze generali delle ASL, ma litigano anche (e di brutto) sulla romana “imposizione di Salvini” di elaborare una proposta di legge elettorale nazionale, come se questo fosse il problema dei problemi degli Abruzzesi (attenzione, perché a litigare, su questo, sono Lega e Forza Italia, mentre con l’UDC il “divorzio” di questa maggioranza è sancito già prima di nascere!). E’ incredibile.
La strategia del cosiddetto “capitano”, che, colto dall’euforia dei selfies sulle spiagge italiane chiedeva “pieni poteri”, consiste in un’azione di contrasto ad una riforma elettorale che, derivata dalla cancellazione dei seggi parlamentari alla Camera e al Senato, necessariamente pretende il rifacimento dei collegi e della legge elettorale, pare in forma proporzionale (vedremo!), convinto che con un sistema maggioritario gli agognati “pieni poter” potrebbe vederseli attribuiti, ha pensato di chiamare le cinque Regioni nelle quali il centro-destra governa per chiedere, costituzionalmente, un’iniziativa legislativa di riforma della legge attualmente in vigore con l’abolizione della quota proporzionale, appunto!. (Noncurante dell’opinione autorevolmente già espressa in materia dalla Consulta!). Le prime avrebbero dovuto essere: Liguria (ove Toti ci ha provato ed è stato messo in minoranza), Sardegna (ove per il momento si discute e il voto è stato rinviato, perché, se si votasse la proposta sarebbe bocciata), Abruzzo dove la lite è a mille!
Ma di che sta a parlà’! E’ incredibile, appunto; ma quest’è.
Nel frattempo, almeno qui da noi i pochi provvedimenti fin qui fatti dalla Giunta Marsilio o sono stati “osservati” dal Governo o sono misere questioncelle di ordinaria amministrazione sulle quali (cfr. la gestione della caccia) basta un ricorso alla giurisdizione ordinaria competente per vanificarle.
In altre parole: proprio come le parole (tratte da Il Gattopardo) che hanno ispirato l’editoriale del mio direttore «se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi».
E’ questo il vero problema del modo contemporaneo di far politica, qui e altrove, ben s’intende; e per responsabilità di tutti: innanzitutto di coloro che sono eletti nelle istituzioni, incapaci di dimostrare di essere all’altezza dei compiti ai quali gli elettori li chiamano, quindi del corpo elettorale che sceglie senza attenzione e sull’onda delle emozioni.
La responsabilità è di tutti, dicevo, anche la mia…che forse ho smesso troppo presto di occuparmi dei problemi di pubblico interesse, stando nelle istituzioni.