Parliamo di cose concrete!

di Andrea Iannamorelli

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#7 - 27/05/2019

E’ finita la farsa contrattuale?

Dei risultati delle elezioni di ieri e dei riflessi europei, dal nostro punto di vista, ne parlerò tra qualche giorno. Oggi consentitemi uno sfogo ad alta voce: quando finirà questa farsa?
Oggi, a “giochi fatti”, l’esito dello pseudo “contratto” del giugno dell’anno scorso è consumato.
I due vice-presidenti del Consiglio questo volevano e questo hanno ottenuto. Gli Italiani che li hanno votati, magari si aspettavano qualcosa di più. Oggi qualcuno già mugugna; ma tant’è. Personalmente non mi meraviglio dello spettacolo che ci hanno propinato in quest’annata caratterizzata da “stranezze” e “forzature” istituzionali, proclami vuoti, annunci polemici degli uni contro gli altri e dei due contro tutti.
La democrazia sa di dover correre questi rischi. Il popolo è sovrano. Io sono minoranza vera; a luglio dell’anno scorso avevo scritto che sarebbe finita così, perché un Paese non si può governare con un “contratto” (perché un “contratto” serve soltanto a soddisfare i minimi interessi dei contraenti) e che l’obiettivo esclusivo di entrambi era “arrivare a questo 26 Maggio 2019”.
Ora delle due una: o i signori di Palazzo Chigi hanno la forza, l’onestà intellettuale, l’umiltà di revisionare il loro stare insieme (e dal “contratto” si passerà ad un “accordo di governo” …come potranno farlo non lo so, ma potrebbe anche essere possibile); ovvero si salutano e notificano al Capo dello Stato e al Parlamento che questa storia è finita, come ogni storia d’amore “convivente”, fatta a posta per vedere se le cose funzionano o no. In questo caso l’esito è che l’accoppiata non funziona.

Si riuscirà, allora, a fare un altro Governo, oppure si dovrà tornare a votare?
Personalmente penso che prima della fine di ottobre, vale a dire prima dell’approvazione degli strumenti di Bilancio, responsabilmente, il Presidente della Repubblica non scioglierà le Camere. Per la tutela del bene comune, collettivo, generale, di tutti (stante la situazione economico-finanziaria nella quale ci troviamo con un debito che vede il traguardo del 135% sul PIL).
Non sarà facile, né indolore, questo passaggio. Sarà pieno di “parolacce”, tentativi di ricatti, proposte politicamente più o meno “indecenti” (almeno per coloro che credono all’a b c del modo di far politica in una situazione complessa e proprio per questo difficilmente sbrogliabile). I saggi, del Paese, dovranno tenere i nervi ben saldi.
L’alternativa è andare a votare, addirittura tra luglio e Ferragosto, ovvero all’inizio dell’autunno.
Ma il problema non è la data. Il problema è che senza gli strumenti di politica economico-finanziaria formalmente operanti le regole della convivenza comunitaria non ci consentono di “navigare a vista”. E allora sì che sarebbero dolori. D’altro canto penso che nessuno creda alla favola elettoralistica che l’UE e le regole della convivenza nelle quali comunque stiamo, cambino dal giorno alla mattina. Ammesso che cambino ci vorranno mesi, se non anni. E se qualcuno pensa che questa è la situazione che aspettava per un’ipotesi di ITALEXIT è bene che lo dica chiaramente, perché gli Italiani hanno il diritto di sapere quello che la classe politica dirigente pensa davvero, al di là dei lazzi, frizzi e parolacce. (E dopo l’esito della Brexit che sta dando ragione a quei pochi che ebbero il coraggio di dire pubblicamente che sarebbe stata cosa lunga, faticosa, difficile e forse impossibile, non credo che gli Italiani sarebbero contenti di scoprire che costoro vogliono portarci in una situazione simile a quella della Gran Bretagna!)

Tuttavia, ora che “abbiamo votato”, è bene anche che altri organismi istituzionali, la Regione, per esempio, ricordi che gli Abruzzesi vogliono, legittimamente, partecipare ad un dibattito sulle cose da fare. Ce ne sono e sono tante: infrastrutture interne e con le altre regioni, per scongiurare il rischio della chiusura di aziende che incominciano a lamentare carenze e insufficienze, ricostruzione, servizi (assistenza sanitaria e scuole… il tema si ricollega in qualche modo alla ricostruzione), cultura, per dirne solo alcune; erano tutte cose messe nell’agenda del Presidente il 4 marzo scorso. Avete visto niente? Io no.
E tra quindici giorni sapremo tutti la direzione che stiamo prendendo. Ed io, qui, continuerò a dirò la mia. Credeteci.

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