Parole e Fatti
Lettera aperta a Giuseppe Conte e, p.c., a Marco Marsilio
“Mai più morti così”, sembra che abbia detto il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte a Vincenzo Vittorini (o ad altri), nel corso della straziante fiaccolata della notte del 5 aprile tra Via XX Settembre e Piazza Duomo. (Almeno per quello che i giornali ci hanno raccontato.) E molti, ad incominciare da me, si sono chiesti: e allora?
Infatti: perché “morti così non ce ne siano più” non basta dirlo, occorre fare alcune cose.
E lei, Presidente del Consiglio in carica, potrebbe farle.
Ma, guarda caso, proprio il Governo che lei presiede è quel Governo che, qualche giorno dopo l’insediamento, smantellò, a Palazzo Chigi, la struttura (risorse e personale) creata da chi lo aveva preceduto per avviare un piano integrato, di medio e lungo periodo, finalizzato a interventi antisismici in strutture pubbliche e private. Tuttavia, quei morti che si dice di voler evitare, (a L’Aquila, come ad Amatrice, recentemente, nel Belice o nell’Irpinia o altrove, decine e decine di anni fa), non li ha fatti certamente il terremoto, ma le case (pubbliche e/o private) che sono crollate. Case sulle quali si doveva, si deve e si dovrà intervenire, per prevenire ulteriori altri lutti del tipo dei quali in queste settimane noi aquilani stiamo ricordando il primo decennale.
Ma quest’è. Le parole vanno in una direzione, i fatti vanno dalla parte opposta.
E se non si interviene, se non si mette in piedi una grossa macchina della prevenzione tutti corriamo il rischio (è poco ma è sicurissimo, dicono gli esperti) che di morti così continueremo a piangerne.
Ora la domanda è: un Governo che certamente mostra di avere quanto meno qualche difficoltà a scegliere l’impiego di fondi disponibili per grandi opere da mettere in cantiere (cosa, tra l’altro che farebbe benissimo all’economia nazionale) come fa a fare questo salto, a decidere cioè di mettere in campo risorse esclusivamente finalizzate a ridurre il rischio sismico.
Faccia qualcosa, Presidente, invece di demagogizzare le situazioni, anche le più tristi e atroci. Racconti al CdM di aver detto questo a L’Aquila e pretenda che la struttura che avete smantellato sia rimessa in piedi, pretenda che un piano nazionale di prevenzione dai rischi del terremoto intervenga presto, affidandone la gestione responsabile agli Enti locali. (E non si abbia paura della corruzione, perché in Italia, presto o tardi, chi sbaglia paga!).
Il suo Ministro della P.I., anche lui, ha preso titoloni, in questi giorni, per aver detto che le scuole vanno ricostruite... e ci mancherebbe altro! Ma, tanto per dirne una, il Liceo Classico di Sulmona, nonostante i finanziamenti pronti (si parla di 4 milioni, più o meno), sta lì, chiuso, impraticabile, per alunni e professori, quasi monumento fisico dell’incapacità della mano pubblica di riuscire a fare quello che dice di voler fare. E non soltanto il Liceo Classico di Sulmona. Qui, come a L’Aquila, tutte le scuole son inagibili, gli alunni stanno nei MAP, ma sono già trascorsi, inutilmente, dieci anni.
Come pure. Il Ministro delle Infrastrutture oramai ha preso l’abitudine di venire a far gite sotto i piloni dei tratti autostradali che ci interessano (A24 e A25). Ma intanto le risorse attese per la messa in sicurezza (in gran parte dell’UE) sono finite nel decreto Genova (per associazione di idee o per cos’altro?) e oggi la Corte dei Conti ci dice che sono di difficile impiego. Il Ministro controbatte dicendo che questo sarebbe un cavillo del MEF. Ma davvero noi dovremmo fare la fine dei proverbiali barili che si sfasciano… mentre gli asini litigano? A che gioco state giocando?
Seguendo le cronache quotidiane capiamo bene che tra Ministro delle Finanze e resto del Governo quotidianamente nascono motivi contrasto. Ma se il rischio è che le nostre case (pubbliche e/o private) ci cadono addosso, insieme ai cavalcavia delle nostre autostrade, non possiamo più sopportare le diatribe interne ed aspettare… (il 26 di maggio?)… per sapere cosa accadrà.
Mi fermo qui, perché l’elenco delle questioni che mi ero messo in memoria per dimostrare che tra parole e fatti c’è quanto meno contraddizione (uso questo eufemismo) è troppo lungo.
Una cosa vi prometto: a pillole ve le metterò tutte in agenda.
Pronto ad ammettere (se e quando sarà) che i fatti sono coerenti alle parole dette.