Insieme si può
Penso che valga la pena di “ripensare questo territorio”.
La “Comunità estesa” di Popoli si accinge a chiamare a raccolta otto paesi, dall’alta Val Pescara alla bassa Valle Peligna. Almeno ci prova, con una prospettiva di “fusione” che non sarà facile, certamente, ma che alla lunga produrrà i suoi effetti positivi. Perché il futuro è questo, piaccia o no.
Piccoli si soffre, non si regge. Il terremoto del 2009, del quale tra qualche settimana ricorderemo il decennale, ha provocato i suoi guasti acuendo fortemente lo squilibrio tra zone interne e costa, dove hanno già avviato processi seri di “fusione” che finiranno con l’accentuare ancora di più la distanza tra mare e montagna. (Il prof. Ronci qualche settimana fa ha rifatto il punto sulla mortalità delle attività artigianali regionali. Circa 2500 in meno, in quattro anni! E’ una tragedia che rappresenta in forma drammatica lo spopolamento di alcune zone di quest’Abruzzo. I dati positivi vengono soltanto dal pescarese; altrove tutti segni negativi).
E la prospettiva di aggregare in qualche modo (unione o fusione se ne può e se ne deve discutere, sapendo, legge alla mano che la fusione è ben più conveniente, comunque gli eventuali approdi di un processo di unione tra Comuni spettano esclusivamente ai legittimi rappresentanti delle popolazioni) municipalità che raggiungono sì e no 5000 abitanti, al contrario, diventa un’opportunità di ripresa ed una possibilità di crescita per questioni diverse: dagli strumenti organizzativi dei servizi, alle agevolazioni per la gestione economica e finanziaria, alle opportunità tributarie degli abitanti.
Nessuno perderebbe la propria identità paesana. Anzi un progetto di valorizzazione delle risorse messe insieme, finisce con l’esaltare il particolare, lo specifico che caratterizza la storia e la tradizione della singola comunità.
L’istituzione di un nuovo comune, frutto dell’eventuale fusione, non priva gli altri dei benefici possibili derivanti dall’Unione europea e dalle leggi statali, anzi ne accresce il valore e l’incidenza perché capace di interessare un territorio più ampio di quello riferito, per esempio, a quello di un solo Comune che come tale partecipa ad un bando (tanto per fare un “facile” esempio).
Si tratta, allora, di aprire un confronto vero su queste cose, sulle prospettive, sui benefici e sulle risorse da mettere in campo, sugli strumenti che l’ordinamento mette a disposizione, se si ha voglia di affrontare la crisi e darsi una prospettiva di futuro. Se si vuol “guardare lontano”.
Siamo in tempo. Il D.L. 135/2018 ha prorogato al 31 dicembre 2019 i termini per l'esercizio obbligatorio in forma associata delle funzioni comunali ed ha disposto l’istituzione di un tavolo, presso la Conferenza Stato città ed autonomie locali, per l'avvio di un percorso di revisione della disciplina di province e città metropolitane, anche al fine del superamento dell'esercizio obbligatorio e la semplificazione degli oneri amministrativi a contabili a carico dei comuni, soprattutto di piccole dimensioni.
Agli albori di questa XI° legislatura regionale forse vale la pena di andare a porre al Consiglio e alla Giunta le questioni che conosciamo (soprattutto in materia di lavoro, assistenza socio-sanitaria, infrastrutture per la formazione e per la mobilità) in un quadro di riferimento rinnovato, rispetto al passato, privo di orpelli campanilistici antichi, anacronistici e settari che non producono granché (l’esperienza di un recente passato ce lo ha insegnato).
Un territorio già omogeneamente e spontaneamente riaggregato è un interlocutore più forte e credibile.