Facciamoci gli auguri
Avevo preparato, ottimisticamente, una “Narrazione fantasiosa costruita sulle ali della speranza”, per fare a tutti gli auguri più sinceri e sentiti in occasione di questa Pasqua così particolare, anzi, straordinaria (ne converrete!). L’articolo era pronto per essere impaginato nella tradizionale rivista a stampa, di questo coraggioso periodico che il mio amico Grossi riesce ancora a far esistere. Ma poi, di fronte alla situazione che conosciamo gli ho chiesto di “cestinarlo” (vedremo come e quando si potrà andare in tipografia per mantenere uno degli appuntamenti annuali che da sempre Il Gazzettino della Valle ha con gli affezionati lettori). Già: quando? Partiamo da qui.
Io personalmente mi trovo nella condizione di pensare che più ci arrovelliamo intorno ai tempi dell’allentamento della morsa nella quale il virus ci costringe e peggio è. Diciamocelo con franchezza.
Questa pandemia è talmente nuova, talmente sconosciuta ed improbabile, soprattutto per la comunità scientifica alla quale dobbiamo affidarci, che ogni possibile ipotesi di “uscita” rischia di diventare soltanto un non voluto strumento di allontanamento da quel traguardo che tutti agogniamo; anzi, per quel che mi riguarda, sono dell’avviso che la frenesia di avere risposte sulle “ipotesi di uscita” appartenga di più alla tattica di chi vuole (cinicamente) strumentalizzare questa terribile prova che sta segnando quest’annataccia che i nostri nipoti ricorderanno, forse addirittura, studieranno sui libri di scuola (quando sarà e se si utilizzeranno ancora!) negli anni futuri della loro crescita e della loro formazione.
Fino a quando non avremo la possibilità di utilizzare un vaccino non credo che potremo tornare ai modelli di vita nei quali siamo cresciuti e che soltanto fino a tutta Febbraio ci appartenevano. E i tempi, pertanto, sono lunghi, lunghissimi, se volete. Ma tant’è. Vedete quello che sta accadendo in Cina, dove già dai primi giorni di marzo il contagio sembrava scomparso?
Ora la comunità scientifica ha incominciato a discutere con l’OMS sull’ipotesi di contagio, negli ambienti chiusi e non opportunamente arieggiati, in presenza, ovviamente, di un contagiato in quarantena assistita e controllata (pensano soprattutto alle stanzette ospedaliere di terapia intensiva). Alcuni membri della medesima, nei giorni scorsi, dall’America, ci hanno fatto balenare l’ipotesi di una trasmissione (forse un ritorno) del virus da noi, umani, agli animali (cani e gatti, in particolare).
Sono “ipotesi” scientifiche, non esercitazioni di laboratorio. Sono ipotesi sulle quali alcuni sono d’accordo, altri meno e per le quali l’OMS si guarda bene dal dare indicazioni di comportamento (almeno fino a quando non avrà risposte, da parte di chi sta studiando, basate su certezze scientifiche finalizzate a far guarire il consorzio umano, non ad aggravarne la patologia).
E’ presto, quindi, troppo presto per dire oggi, per esempio, se potremo goderci “i ponti primaverili” che il calendario ci riservava: quelli pasquali, il 25/26 aprile ovvero 1/2/3 maggio…e così via.
Ed è evidente che più indefinibile è il quando (usciremo da questa situazione di “contenimento obbligatorio” della nostra vita), peggio è pensare al come.
Piaccia o non piaccia a chi governa gli Stati (piccoli e grandi) nonché le parti più significative del mondo (Europa, Americhe, Asia, Africa, Australia, Medio ed Estremo Oriente), quando saremo tutti al riparo, dal rischio del contagio del virus, la vita che riprenderà non potrà più essere quella che conoscevamo. Dalle cose “piccole” (per esempio la riorganizzazione del sistema sanitario nazionale, di cui parleremo, quando sarà il momento) a quelle più serie e “grandi”: il sistema delle relazioni tra i popoli e le persone, gli strumenti per la formazione e il lavoro di ciascuno, le relazioni economiche e finanziarie che debbono legarci (o farci separare?) per una futura stagione della storia di questo mondo. Sì, perché non potrà non essere che così.
La devastante forza “democratica” del coronavirus (cha sta travolgendo tutto e tutti, in tutti i sensi) sta proprio qui. Perché parlo di “devastante forza democratica” del virus? Perché sta dando prova di non guardare in faccia a nessuno; sta travolgendo non soltanto coloro che non ce la fanno, ma anche quelli stanno sopravvivendo e sopravvivranno ed avranno il compito di ricominciare, per ricostruire, per reinventare un mondo nuovo (come a noi, della nostra generazione, è toccato di fare negli anni cinquanta, dopo la seconda guerra mondiale; come ai nostri nonni è toccato di fare negli anni venti, dopo la prima guerra mondiale… soltanto per parlare della storia di casa nostra: infatti nella storia dei popoli di ogni parte del mondo c’è un “dopo-guerra” da ricordare!). (Faccio queste riflessioni con voi anche perché in questi giorni ho ripreso in mano “A livella” uno stupendo libro di poesie di Antonio De Curtis, Totò, che facevo leggere anche ai ragazzi a scuola, a suo tempo, e che vi consiglio. Forse capirete perché parlo della “devastante forza democratica” di questo virus!).
Ma la Pasqua, con il suo significato più pregnante (valido per i cristiani e per i laici), con la sua “forza rigenerativa” per la vita nuova non è un ancoraggio incerto ed insignificante per le nostre attuali paure e la precarietà del momento che viviamo.
Buona Pasqua, quindi, nella speranza che questa sia una resurrezione per tutto e per tutti.